Si trova citato nell'Instrumentum donationis del 1712 come:
"Telescopium optimae notae, perspicillis duobus convexis, tubo e bractea
ferrea, pedum Bonon. X & semis, a Campano elaboratum. Est illi Tubus alter
chartaceus productilis, vagina coriacea custoditus. In hoc tria ocularia
perspicilla, loculamentis suis inserta, asservantur, quae eidem Telescopii
objectivo conveniunt, & terrestribus Corporibus inspiciendis inserviunt."
Mancano il tubo di latta, le tre lenti oculari ed il montaggio
dell'obiettivo, restando sul tubo allungabile solo un anello di legno
filettato, che doveva ricevere il montaggio dell'obiettivo stesso. Manca
altresì un montaggio più tardo consistente in un tubo quadro di legno [scheda
31].
La lente obiettiva superstite è in vetro leggermente giallo-verdastro, con
rare bolle, bordo molato, diametro 7,5 cm, spessore al bordo 0,4 cm, focale
410 cm, pari a 10,7 piedi bolognesi. Porta la scritta Giuseppe Campani in
Roma.
Rimane anche il tubo di cartone (privo di lenti) di un oculare raddrizzatore
a tre lenti, detto, dal nome dell'artefice, Campanina (vedi Daumas, op.
cit.). Questo tipo di treno raddrizzatore, pur essendo formato di lenti tutte
dello stesso vetro, per la particolare scelta delle loro focali, agiva senza
peggiorare il cromatismo dell'immagine direttamente formata dall'obiettivo.
Parte della fama di Campani fu dovuta all'invenzione di questo sistema
ottico: all'oculare di Huygens, composto da due lenti convergenti
piano-convesse, era associato il sistema d'inversione dell'immagine ideato da
Campani, costituito da due lenti convergenti di uguale distanza focale.
Il tubo, allungabile a sei tiraggi, è lungo, chiuso, 134 cm, ha il diametro
esterno di 9,5 cm ed è rivestito di pelle nera con ornamenti dorati. I tubi
interni sono costituiti di un sottile foglio di legno, rivestito all'esterno
di carta stampata con ornamenti geometrici colorati in azzurro e all'interno
di carta di recupero già usata per scrivere. Una volta aperto e portato sui
segni che mostrano l'introduzione dei vari cannelli, può essere regolato da
435 cm a 474 cm, incluso il cannello oculare. Quest'ultimo è lungo 41,7 cm e
manca dell'anello cui applicare l'occhio. Il suo diametro è 4,8 cm ed è
formato da quattro parti avvitate tra loro, tali da permettere l'inserzione
di tre lenti di diametri, rispettivamente, 3,9, 4,3 e 3,8 cm, poste a 11,7,
23,5 e 40,3 cm dall'occhio.
Il cannocchiale fu usato fin dal 1702 con il tubo di latta, come attesta una
lettera di Manfredi al generale Marsili, in data 4 luglio di quell'anno. E'
menzionato, inoltre, in una precedente lettera di Manfredi a Marsili, in data
10 gennaio 1702, tra gli strumenti consegnati a Manfredi dal fratello del
generale, conte Filippo. Il tubo allungabile appare molto usato, quindi il
cannocchiale deve risalire ad una data notevolmente anteriore a quest'ultima,
sebbene Ceschi, nell'inventario del 1843, indichi la data 1700 per
l'obiettivo.
Risulta dalle Schedae Mathematicae di Vittorio Francesco Stancari
(Bologna 1713, p. 87) che il cannocchiale fu usato per la prima volta da
Manfredi e Stancari il 4 gennaio 1702.
E' stato restaurato nel 1993 da N. Scianna (Forlì)
E. Baiada, A. Braccesi (1983), p. 84.
M. Daumas (1953), p. 88.
M.L. Righini Bonelli (1981).