Nel nuovo atteggiamento verso la vita che si andò sviluppando vi fu un forte spostamento di valori da ciò che veniva sintetizzato con il termine "fortuna" a ciò che veniva riassunto con il termine "virtù". Il primo termine esaltava la dipendenza del destino umano da fattori sui quali l'uomo non può influire, il secondo era dotato di una valenza opposta. Come dice con espressione lapidaria Pico della Mirandola: "Poteris in inferiora quae sunt bruta degenerare. Poteris in superiora quae sunt divina ex tui animi sententia regenerari". (39) Se gli antichi prìncipi cercavano la fortuna nelle stelle, i nuovi signori avevano invece imparato a contare solo su se stessi. Naturalmente ciò implicava un profondo cambiamento di attitudini nei riguardi dell'astrologia, come si può constatare in Marsilio Ficino (1433-1499) e, più ancora, in Pico. Tale nuova attitudine si può parzialmente riscontrare anche nel commentario del XV secolo di Giovanni Pontano (1426-1503) al Centiloquio di Tolomeo (40), dove questo scritto viene talora considerato più come testimonianza del modo di pensare degli antichi che non per il suo contenuto. Questo mutato clima intellettuale non fu senza influenza sulla stessa medicina. Più di un medico espose infatti pubblicamente i suoi dubbi sul valore dell'arte dell'astrologia medica. Tra questi troviamo Nicolò Leonicèno(o da Lonigo) (1428-1524) che lesse medicina e filosofia greca a Bologna nel 1509-15.
Pico della Mirandola, nel suo famoso trattato Disputationes adversus astrologiam divinatricem, scritto poco prima della sua morte, avvenuta nel 1494 in età ancora estremamente giovanile, fa frequente riferimento a questo famoso medico e studioso (41). In questo scritto, incluso nell'Opera omnia pubblicata per la prima volta a Bologna pochi anni dopo la sua scomparsa, l'astrologia giudiziale viene esaminata nel modo più minuto e nel massimo dettaglio e non viene contestata solo da un punto di vista generale, ma mettendo in evidenza anche tutte le contraddizioni introdotte dalla sua stratificazione ultrasecolare. Col perdere di valore dell'astrologia, l'astronomia cominciò di nuovo ad essere considerata in se stessa, per i suoi contributi alla conoscenza umana, come una "arte liberale" e non più come uno strumento tecnico di ausilio all'arte medica. Naturalmente ci volle un certo tempo perché questo atteggiamento potesse prevalere - e sappiamo che sino all'illuminismo non prevalse mai del tutto - e molti astronomi dovettero destreggiarsi, più o meno onorabilmente, tra le due, anche dopo che l'astronomia giudiziale era stata condannata ufficialmente dalla Chiesa romana nel 1586, con una bolla emanata da papa Sisto V (1520-1590).