10 - L'impatto della cultura galileiana - Da Bonaventura Cavalieri a Gian
Domenico Cassini.
Successore di Magini fu il gesuita milanese Bonaventura Cavalieri
(1598-1647), amico di Galileo. Egli fu certamente più matematico che
astronomo: la sua Geometria indivisibilibus continuorum nova quadam
ratione promota (Bologna, 1635) segna infatti una tappa fondamentale
sulla via della conquista del calcolo differenziale ed integrale. A lui però
va anche il merito di aver dato un contributo decisivo nella diffusione dello
spirito galileiano a Bologna. (62)
Dalla lista superstite delle lezioni che egli impartì nel 1643 sappiamo che
egli insegnava le basi del sistema copernicano e questo solo pochi anni dopo
la condanna di Galileo.
Alla morte di Cavalieri la scuola galileiana bolognese non presenta più
personalità di rilievo. In questo periodo emergono figure di spicco non nello
Studio, ma fra i Gesuiti. Fra questi, indiscussa la grandezza
dell'anticopernicano ferrarese Giovanni Battista Riccioli (1598-1671) e del
bolognese Francesco Maria Grimaldi (1618-1663). Le opere in folio del primo
sono delle vere e proprie enciclopedie, molto diffuse e consultate ai suoi
tempi: Almagestum novum..., Astronomia reformata..., Geographia et
hydrographia reformata..., Chronologia reformata.... Il secondo rimane
famoso soprattutto per avere scoperto l'effetto che porta il nome, da lui
datogli, di diffractio luminis e per avere esplicitamente sostenuto la
velocità non infinita della luce, nell'opera, pubblicata postuma nel 1665,
De lumine. E' anche autore delle carte lunari, rimaste poi
nell'astronomia planetaria, con le nomenclature dei cosiddetti laghi, mari
e crateri.
Non mancano, tuttavia, in questo periodo, segnali opposti
all'anticopernicanesimo gesuita, come la pubblicazione, proprio a Bologna,
delle opere di Galileo, anche se incomplete, mancando, ovviamente Il
dialogo dei massimi sistemi.
Si ricollegano al filone galileiano il medico e biologo Marcello Malpighi
(1628-1694) - primo ad usare il microscopio per lo studio sistematico delle
strutture animali e vegetali - il quale, vissuto due anni in Toscana, fu in
stretto contatto con l'Accademia del Cimento e Geminiano Montanari
(1633-1687) (di cui parleremo più diffusamente in seguito), fondatore
dell'Accademia della Traccia, "ramo in Bologna propagginato" del
Cimento. Entrambi furono senz'altro personaggi notevoli ed ebbero un ruolo
fondamentale nella formazione della successiva generazione di studiosi della
filosofia naturale, includendo fra questi anche Luigi Ferdinando Marsili.
Vale la pena ricordare che nessuno dei due ebbe a Bologna vita facile:
Montanari, probabilmente, anche a causa della sua netta presa di posizione
contro l'astrologia.
Nel 1650 a Bonaventura Cavalieri successe il ligure di Perinaldo, Gian
Domenico Cassini (1625-1712), invitato dal marchese Cornelio Malvasia
(1603-1664) presso la sua specola di Panzano - vicino Modena, ora purtroppo
distrutta - e da questi introdotto nell'ambiente bolognese. Con lui è lecito
dire che l'astronomia bolognese venne a primeggiare su quella di tutta la
restante Europa, almeno fino al 1669, quando Cassini, su richiesta di
Colbert, lasciò Bologna per Parigi.
Anche se non poté mai affermarlo apertamente, neppure durante il suo
soggiorno in Francia, dato che in quel regno la sentenza di condanna della
Chiesa nei riguardi di Copernico fu fatta osservare con rigore anche maggiore
che non negli stessi domini papali, non vi è dubbio che una, e forse la
principale, delle linee portanti del suo lavoro sia stata la ricerca di prove
della validità del sistema di Copernico, una ricerca oltretutto indubbiamente
molto fortunata.
Punto di attacco fu la questione della validità o meno, nei cieli, della
fisica aristotelica o, come forse è meglio dire, peripatetica. Affrontare
questo problema era legittimo dato che la Chiesa, nel condannare
l'eliocentrismo, si era astenuta dal fare ufficialmente propria questa
fisica.
Non appena arrivato a Bologna, Cassini aveva,infatti, posto mano alla
costruzione di una nuova meridiana in San Petronio: la lunghissima linea che
ancora oggi si ammira nel pavimento della chiesa e che andò a sostituire la
meridiana realizzata da Danti 80 anni prima.
Per le dimensioni (quasi 68 m di lunghezza) e la precisione con cui fu
realizzata e per l'abilità con cui venne utilizzata, consentì una accuratezza
nelle misure pari a quella che sarebbe stata raggiunta con i nuovi strumenti
forniti di cannocchiali solo oltre 50 anni più tardi. Dalle osservazioni
fatte tra il 1655 e il 1669 Cassini ottenne tre risultati fondamentali: una
tavola delle rifrazioni atmosferiche, che restò per oltre un secolo la più
accurata, un nuovo valore dell'inclinazione dell'eclittica e la conferma
della non uniformità della velocità orbitale della Terra, in accordo con le
leggi kepleriane dei moti planetari.
Il valore ottenuto per l'inclinazione dell'eclittica fu di 23o29'15", contro
i 23o31'30" di Tycho Brahe e i 23o50' di Tolomeo (più vicino, quindi degli
altri al valore reale di 23o28'53"). Subito dopo il suo completamento, nel
1656, paragonando le variazioni del diametro del Sole con la velocità del suo
moto apparente lungo l'eclittica, entrambe determinate con il nuovo magnifico
strumento, egli poté scrivere che una variabilità reale del moto solare era
stata per la prima volta direttamente rivelata dalle osservazioni. (63)
Una ineguaglianza "fisica" del movimento, contrapposta all'ineguaglianza
apparente, che gli antichi avevano interpretato come il riflesso della
posizione eccentrica della Terra rispetto all'orbe che trasportava il Sole
con moto uniforme, distruggeva la fisica aristotelica nei cieli. Risultava
che i moti dei corpi celesti non si adeguavano alle leggi che Aristotele
aveva voluto loro imporre.
Nel 1665, utilizzando uno dei primi, eccellenti, obiettivi semplici a lunga
focale, che resero giustamente famoso il costruttore di lenti di Spoleto,
Giuseppe Campani (1636-1715), egli scoprì la rotazione di Giove attorno al
proprio asse (64) e, nel 1666, quella di Marte (65). Risultò così che questi pianeti ruotavano lungo assi
piuttosto inclinati sull'eclittica, nella stessa direzione e con periodi non
troppo dissimili da quanto fa la Terra nel sistema copernicano. Trovò inoltre
i periodi di rotazione delle quattro "stelle medicee" - il che consentì a
Römer la prima misura della velocità della luce - e, sfruttando
l'osservazione simultanea di una loro eclisse dietro il disco di Giove da due
punti diversi della Terra, fornì una pratica determinazione della longitudine
geografica.
Tra gli altri lavori di Cassini, quest'ultimo fu di tale attualità e
interesse da far sì che la sua fama raggiungesse il re di Francia Luigi XIV,
che lo chiamò a Parigi per realizzarvi il nuovo Observatoire Royal, la
cui prima pietra fu posta il 21 giugno 1667, giorno del solstizio d'estate.
Cassini svolse a Parigi un impegnativo lavoro di indagine sul Sistema solare,
utilizzando cannocchiali di lunghissima focale. Vide così la divisione negli
anelli di Saturno (che ancora porta il suo nome) ed individuò altri quattro
satelliti, sempre intorno a Saturno. Bernard Le Bovier de Fontenelle
(1657-1757), segretario perpetuo dell'Académie des Sciences di Parigi,
insiste, nei suoi scritti, sull'utilità delle conoscenze che avevano portato
Cassini a Parigi - soprattutto, come si diceva, la determinazione dei periodi
di rotazione dei satelliti di Giove - per poter conoscere esattamente, con
osservazioni astronomiche, le longitudini geografiche. La disponibilità di
carte geografiche molto più corrette delle precedenti porta vantaggi
facilmente immaginabili alla navigazione e ai commerci.
Per realizzare praticamente la misura delle longitudini, Cassini sfruttò ed
ampliò ulteriormente la sua vasta rete di corrispondenti. Anche il restauro
della meridiana di San Petronio, realizzato insieme a Domenico Guglielmini
(1655-1710), Sovrintendente alle acque, è finalizzato alla rilevazione di
possibili variazioni nei meridiani per "mettere al sicuro questo punto sì
essenziale alla Geografia e alla Navigazione". Un simile programma
sarebbe risultato, come vedremo, assai consono alla personalità di Marsili,
autore , con l'aiuto di Johann Christoph Müller, di osservazioni astronomiche
"in guerra viva e fra gl'incommodi delle marchie", non certo per
ricreazione, ma per compiere una ricognizione del territorio strettamente
funzionale ai suoi compiti militari: un rapporto della scienza con il potere
quanto mai evidente e diretto. Gli stessi spunti si trovano alla base della
protezione (e dei finanziamenti) che i re di Francia ed Inghilterra
elargivano agli Osservatori di Parigi e Greenwich.
Cassini a Parigi assunse un ruolo di predominio nel-l'astronomia e non solo
di quella francese, anche se fu criticato spesso per un'impostazione ancora
decisamente cartesiana, negativa dal punto di vista teorico. Ma, dal punto di
vista pratico, l'attività dell'Observatoire è la prima realizzazione
della collaborazione tra intellettuali e governo perseguita
dell'Académie.
Dopo la partenza di Cassini dall'Italia, avvenuta nel 1669, il Senato
bolognese gli aveva mantenuto formalmente la cattedra, sperando in un suo
ritorno. Nel frattempo il corso di Astronomia fu affidato al modenese
Geminiano Montanari (1633-16870), ottimo astronomo pratico, costruttore di
lenti, inventore, contemporaneamente ad altri, del micrometro oculare -
strumento che egli usò per delineare con esattezza una mappa della Luna (66) - e primo investigatore sistematico delle variazioni di
luce di Algol, stella che osservò con costanza dal 1668 al 1677 (67). Le ricerche sulla variabilità luminosa di Algol
dettero un colpo ulteriore all'antica credenza dell'incorruttibilità dei
cieli.
Montanari si segnalò anche per la memorabile burla messa in atto per
ridicolizzare l'astrologia (68), pratica che sopravviveva
ufficialmente a Bologna ancora nel Settecento, non essendo mai venuto meno il
dovere, da parte del docente di Astronomia dell'Università, di compilare il
famoso Taccuino. Questo dimostra quanto le istituzioni siano dotate di
un'inerzia superiore a quella delle idee: nell'ultimo rotulo della storia
dello Studio, nel 1799, troviamo assegnato al "cittadino dottore" Luigi
Palcani Caccianemici (1748-1802), il compito di compilare il giudizio
ed il taccuino astrologici, per uso dei medici della città.
Montanari pubblicò, infatti, un almanacco, Frugnolo degli Influssi del
Gran Cacciatore di Lagoscuro, che, realizzato deliberatamente a caso,
apparve superiore nelle previsioni a quello dell'astrologo "ufficiale".
In questo contesto Geminiano Montanari ci interessa più del già citato
Marcello Malpighi, per il prevalere in lui di interessi matematici,
astronomici e di fisica sperimentale. Partecipò attivamente ai circuiti
internazionali dell'informazione scientifica, fu un attivo diffusore delle
nuove idee, organizzatore e promotore (come abbiamo visto) dell'Accademia
della Traccia, che ebbe rilevanza, non solo per il livello del dibattito
scientifico, ma anche per la formazione che diede ai migliori allievi di
Montanari.
Dall'esperienza del Cimento Montanari deriva anche una chiara linea di
neutralità metafisica, basata su di una netta distinzione tra questa e la
"filosofia naturale". Può darsi che in questo atteggiamento entrasse anche
una certa componente di prudenza, dato che Bologna si trovava all'interno
dello Stato della Chiesa, ma è questa prudenza una caratteristica così
durevole, comune alla maggior parte degli studiosi bolognesi per un lungo
periodo, da far per lo meno supporre un buon livello di effettiva convinzione
personale. La ritroviamo, ad esempio, nell'arcidiacono Anton Felice Marsili,
animatore di un'altra accademia orientata allo studio della filosofia
naturale.
Il modello galileiano non era l'unico conosciuto ed apprezzato, ma esso viene
spesso intersecato con quello baconiano; e le idee che circolavano più
insistentemente erano, di fatto, quelle di Cartesio (650), con la tendenza a
mettere l'accento contemporaneamente su ragione, matematica, esperimento.
Quando nel 1679 Geminiano Montanari venne chiamato a Padova, la lettura fu
più o meno continuata, anche se probabilmente decadde di livello, ma la
ricerca astronomica, negli ultimi due decenni del XVII secolo, fu in pratica
completamente assente da Bologna, sopravvivendo soltanto in alcune specole
private, tra cui quella già citata del marchese Malvasia.
Di tutto questo periodo restano purtroppo soltanto poche tracce, stante la
distruzione delle specole private e la perdita degli strumenti personali
degli astronomi.
Una di queste tracce, a ricordo dell'opera di Montanari a Bologna, è la linea
meridiana da lui disegnata nel palazzo di via Farini che fu dei Vassé
Pietramellara (oggi Sassoli de' Bianchi). In un corridoio, affrescato in età
barocca con figure di divinità celesti, in alto, si nota un foro praticato
al centro di uno scudo (o di una lente) sorretto da due putti. Era questo,
appunto, l'occhio della meridiana disegnata sul pavimento da Geminiano
Montanari, una ventina d'anni dopo quella di San Petronio.
Nell'archivio del Dipartimento di Astronomia (busta III) si conservano, sotto
il titolo "Observationes Astronomicae habitae ad Gnomonem Vassaeorum et
Cassina~", i registri di osservazioni compiute tra il 1674 ed il 1690 con
questa meridiana ed il loro confronto con quelle effettuate con la meridiana
di S. Petronio.
- - L. Lombardo Radice: 1966, Bonaventura Cavalieri. La geometria degli
indivisibili, UTET, Torino.
G. Vernazza: op. cit.
- - G.D. Cassini: 1656, Specimen Observationum Bononiensium ...,
Bononiae. Nel 1736 Eustachio Manfredi riunirà tutte le osservazioni fatte con
la meridiana di San Petronio in un volume dal titolo De Gnomone Meridiano
Bononiensi.
A. Cassini: 1994, Gio: Domenico Cassini. Uno scienziato del Seicento,
Comune di Perinaldo Ed.
- - G.D. Cassini: 1665, Lettere astronomiche all'abate Ottaviano
Falconieri sopra la verità delle macchie osservate in Giove, Roma.
- - G.D. Cassini: 1666, Martis circa axem proprium revolubilis,
Bononiae.
- - C. Malvasia: 1662, Ephemerides novissimae motuum coelesium,
Mutinae.
- - G. Montanari: 1671, Sopra la sparizione d'alcune stelle ed altre
novità celesti, Bologna. Vedi anche: F. Bianchini: 1737, Astronomicae
ac geographicae observationes selectae..., Verona, p.268.
- - M. Cavazza: 1983, La cometa del 1680-81: astrologi ed astronomi a
confronto, Studi e Mem. Storia Un. Bologna, Nuova Serie, III, p.409.