11 - L'istituzione marsiliana e l'astronomia bolognese agli inizi del XVIII secolo.

Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730) nacque nel 1658, figlio cadetto di una delle più illustri famiglie senatorie bolognesi. Lo zio, Cesare Marsili, era stato in corrispondenza con Galileo. Il giovane conte studiò scienze matematiche con Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679), astronomia con Geminiano Montanari ed anatomia con Marcello Malpighi. Scelse poi il mestiere delle armi, arruolandosi nell'esercito imperiale, dove rapidamente raggiunse il grado di colonnello e più che altro svolse le mansioni di architetto militare, prendendo parte alla campagna che si concluse con la rotta dei Turchi sotto Vienna. Fu in quel periodo che egli cominciò a manifestare le sue preoccupazioni per il modo in cui le cose stavano andando avanti nella sua città natale. Egli si era convinto che solo la superiorità tecnica, della tecnica militare, aveva salvato l'Europa dai Turchi, e che questa superiorità tecnica era strettamente legata alla superiorità scientifica e tecnologica dei paesi europei su quelli dell'Impero turco. Bologna pareva invece assopita nel culto delle sue antiche istituzioni. I privilegi delle corporazioni d'arte frenavano l'ammodernamento tecnico, quelli dell'Università l'ammodernamento della cultura. Quando Cassini tornò a Bologna nel 1695, per compiere alcune osservazioni con la meridiana di San Petronio, trovò infatti gli studi astronomici in stato di completo abbandono. Marsili tentò, dapprima come privato, di influire su questa situazione aprendo il suo palazzo, colmo delle collezioni naturalistiche, degli apparecchi di fisica, degli strumenti astronomici e dei libri che egli in lunghi anni aveva radunato, a tutti i giovani di ingegno che mostravano il desiderio di approfondire le proprie conoscenze nel campo delle scienze sperimentali. Allo stesso tempo egli conferì ad Eustachio Manfredi (1674-1739), allora appena ventottenne e da due anni lettore di Astronomia all'Università, l'incarico di erigere, sui tetti del palazzo avito, una vera e propria specola.

Tutto questo avveniva all'inizio del nuovo secolo. L'istituzione marsiliana ebbe fin dal principio tratti caratteristici. Non fu un'accademia nel senso di quelle di Londra e di Parigi, le cui attività si incentravano nelle periodiche riunioni durante le quali si discutevano le novità scientifiche e gli accademici portavano il proprio contributo di novità e scoperte; fu piuttosto un luogo che offriva esso stesso gli strumenti di lavoro, dove si svolgeva un'attività permanente e dove l'impegno delle persone andava assumendo carattere sempre più organico e completo. Marsili, inoltre, era in quei tempi assente da Bologna e poteva seguire la sua istituzione solo da lontano, con direttive generali e consigli, il che la costringeva, sotto certi aspetti, all'autosufficienza. Marsili dovette infatti partecipare, con il grado di Generale di battaglia, alla guerra accesasi nel 1701 fra la Francia e l'Austria per la successione al trono di Spagna e solo nel 1708 poté rientrare a Bologna per un breve soggiorno.

L'astronomia ebbe un ruolo particolare nell'istituzione marsiliana. Le nuove accademie, in particolare l'Académie Royale, avevano legami strettissimi con il "potere". Erano di fatto strumenti, oltre che ornamenti, dell'autorità monarchica. L'astronomia ne fu l'esempio più esplicito, per le immediate ricadute già segnalate. Viceversa, la stessa astronomia fu, tra le scienze sperimentali, la prima a dover abbandonare la gestione artigianale per un lavoro collettivo e a necessitare di forti sostegni istituzionali. Agli inizi del XVIII secolo la comunità astronomica risulta già fortemente organizzata, con problematiche ben definite e continui scambi culturali e, dunque, la sua istituzionalizzazione risulta particolarmente semplice ed anche produttiva. Vi sono molti elementi che portano a credere che Marsili avesse in mente fin dal principio di compiere per l'Italia ciò che l'Académie di Parigi stava facendo per la geografia della Francia; programma che non fu realizzato, ma del quale restano numerose tracce (69) (70) e che ci fa comprendere meglio la genesi profonda delle Ephemerides Bononienses, delle quali diremo più avanti. Parlando degli inizi dell'istituzione marsiliana, in una revisione del 1780 alla Guida all'Istituto delle Scienze di Bologna, che era stata redatta nel 1751 da Giuseppe Gaetano Bolletti, possiamo leggere:

"In mezzo a questo vasto apparato sembrava che l'Astronomia desiderasse ancora qualche aiuto. Mancava infatti una specola per le astronomiche osservazioni. Il Marsili... volle che a proprie spese fosse l'Osservatorio edificato...due interi anni passarono prima che fosse terminata la Specola, provisti i necessari Strumenti, e tutte le cose ordinate" (71).
La responsabilità della nuova fabbrica fu dunque affidata, come abbiamo già detto, al giovane bolognese Eustachio Manfredi, già apprezzato non solo come astronomo, ma anche come animatore dell'Accademia degli Inquieti, assieme a Vittorio Stancari (1678-1709) in un sodalizio che datava dagli anni della loro adolescenza. Questa accademia era nata come un gioco di ragazzi, quando Manfredi era poco più che quindicenne, ma si era consolidata divenendo un "istituzione culturale" di rilievo, punto di riferimento dei più valenti studiosi bolognesi. La sua esistenza fu probabilmente uno degli elementi che determinarono Marsili nel suo progetto. A partire dal 1705 essa, infatti, si riunì a Palazzo Marsili.

Eustachio Manfredi era nato a Bologna nel 1674 e Vittorio Stancari nel 1678, quando Cassini aveva già da tempo lasciato la città. Quando essi cominciarono ad interessarsi di astronomia non trovarono maestri a Bologna e furono costretti a contare solo su se stessi. Bernard Le Bovier de Fontenelle scrive in proposito, nell'elogio di Manfredi da lui letto all'Accademia di Parigi nel 1739:

"La fameuse Méridienne de Bologne, entreprise et finie en 1655 par feu Mr. Cassini, ce merveilleux Gnomon, le plus grand, et par conséquent le plus avantageux que l'Astronomie et jamais eiût, et qùelle pût même espérer, demeuroit abandonné, négligé dans l'Eglise de S.te Petrone; il monquoit des Astronomes à ce bel Instrument. Mr Manfredi, âgé peut être de 22 ans, résolut de le devenir, pour ôter à sa patrie cette espéce de tache, et il fut secondé par Mr. Stancari, son ami particulier, et digne de l'être. Ils se mirent a étudier de concert des Livres d'Astronomie, bientôt ils passerent les nuits à observer avec les meilleurs Instruments qùils purent obtenir de leurs Ouvriers, et ils furent peut-être les prémiers en Italie qui eurent une Horologe à Cycloïde" (72).
Il racconto di Fontenelle trova puntuale riscontro nelle carte conservate nell'archivio del Dipartimento di Astronomia di Bologna. Vi si trova, infatti, una serie di taccuini di mano di Manfredi e Stancari, nei quali sono state annotate osservazioni effettuate alla meridiana di San Petronio (73). Il più antico di essi inizia con un'osservazione del 3 agosto 1697, allorché Manfredi aveva 23 anni. Tra il 1698 ed il 1702, oltre a continuare le osservazioni alla meridiana di San Petronio, Manfredi, i suoi tre fratelli e Stancari organizzarono in qualche modo un piccolo osservatorio nell'abitazione del primo. Disponevano di un sestante astronomico costruito dallo stesso Stancari e costituito da un settore ligneo di 30o di apertura e 8 piedi (3 m) di raggio, che assai presto fu munito di mire telescopiche. La precisione dello strumento era intorno al primo d'arco. Avevano anche diversi cannocchiali, il maggiore dei quali aveva 13 piedi (5 m) di lunghezza focale, ma una qualità ottica piuttosto scadente.

Gli interessi di Manfredi e Stancari emergono con chiarezza dai taccuini e brogliacci di osservazione di quegli anni (74) e dall'appendice alle Schedae Matematicae di Stancari, (75) pubblicate postume nel 1713 da Manfredi, raccogliendo i lavori inediti di Stancari e le osservazioni da loro compiute in quei primi anni. Essi intrapresero, in un primo tempo, osservazioni sistematiche di posizioni relative di stelle, coll'intento ambizioso di effettuare una ricognizione del cielo analoga a quella che Flamsteed andava compiendo in Inghilterra. Dovettero però assai presto rendersi conto del fatto che gli strumenti lignei costruiti da Stancari non erano sufficientemente stabili per un lavoro del genere e si restrinsero a studiare i movimenti dei pianeti. A partire dal 1699 abbandonarono il sestante e passarono al cannocchiale fornito di reticolo micrometrico, integrato dall'uso di un buon orologio, proseguendo così le loro osservazioni dei moti dei pianeti. Osservarono anche eclissi di Luna, di Sole, quelle dei satelliti di Giove ed occultazioni lunari, coll'intento di determinare, nel modo più accurato possibile, la posizione geografica di Bologna. Osservarono anche due comete nel corso del 1702. Manfredi e Stancari ebbero quindi carta bianca nell'incarico di sovrintendere all'erigendo Osservatorio Marsiliano (76) (77). La costruzione dell'osservatorio sovrastava i granai di Palazzo Marsili, al suo estremo nord, sull'attuale via d'Azeglio. Si conserva ancora, nell'archivio del Dipartimento di Astronomia di Bologna, la relazione del capomastro che lo costruì, accompagnata da un disegno (78). L'idea della costruzione è abbastanza simile a quella della torretta che sovrasta l'attuale Specola universitaria: una costruzione ampiamente finestrata, in questo caso ottagonale, posta al centro di un più ampio terrazzo. Questa costruzione non esiste più, essendo stato Palazzo Marsili rimaneggiato alcuni anni fa. Se ne può forse riconoscere il volume architettonico in una specie di altana che sovrasta l'angolo di nord-ovest dell'edificio. Marsili mandò da Vienna, dove si trovava, i disegni di "istrumenti grandi di ferro" che si costruivano a Norimberga, dicendo che, se piacevano, "sarebbero stati con sollecitudine ordinati". Gli strumenti furono invece ordinati alla bottega della famiglia di artigiani Lusverg, a Roma, e furono: un quadrante mobile [scheda 11], "simile, ma assai più perfetto" di quello già posseduto da Marsili, un semicircolo murale [scheda 16] ed un cannocchiale di 3 piedi (poco più di un metro) per le osservazioni micrometriche. Questi strumenti (eccettuato il cannocchiale, che non venne mai eseguito) sono elencati in un appunto di mano di Manfredi alla carta 1v del primo volume del registro delle osservazioni eseguite nella Specola Marsiliana, volumi che sono ora conservati nell'archivio del Dipartimento di Astronomia di Bologna. Un secondo quadrante mobile fu poi ordinato a Lusverg [scheda 12] e tutti questi strumenti passarono poi alla Specola dell'Istituto delle Scienze (attualmente sono esposti nel Museo); la loro storia si può ricostruire dai documenti che riguardano quell'istituzione. L'osservatorio disponeva inoltre di vari orologi inglesi, francesi ed anche realizzati da un artigiano bolognese. Vi erano poi numerosi cannocchiali, tra cui quelli di Campani, eccellenti per l'epoca, con i loro accessori per la messa in stazione e l'uso [schede 27-30]. La costruzione della specola era costata al conte Marsili 2400 scudi (79).

Manfredi esaminò dettagliatamente tutti gli strumenti, riportando con accuratezza le correzioni da apportare alle misure all'atto delle osservazioni. La scala del secondo quadrante di Lusverg apparve di gran lunga migliore e più finemente incisa di quella del primo e il 10 dicembre 1703 lo strumento incominciò ad essere utilizzato. Con il suo ausilio si iniziò ad usare il "metodo delle altezze corrispondenti" per ottenere il tempo di passaggio degli astri in meridiano. Quando un quadrante viene utilizzato per determinare i tempi di passaggio in meridiano degli oggetti celesti con il metodo delle altezze corrispondenti, l'unico fattore che conta è l'abilità nel riposizionare lo strumento alla stessa altezza; per tutti gli altri usi, invece, è fondamentale l'accuratezza della scala incisa sul suo lembo e la precisione con la quale è stato rettificato, con cui, cioè, è stata stabilita la lettura della scala quando lo strumento punta lo zenit o l'orizzonte. Un esame dei registri mostra che raramente in questo tipo di misure si commettevano errori superiori ai due secondi di tempo. Tenendo conto del raggio del quadrante, questo indica che la stima della posizione del filo a piombo sul suo lembo graduato doveva avere una precisione superiore a 1/20 di millimetro e che l'orologio di cui si faceva uso doveva avere una regolarità di marcia dell'ordine del secondo di tempo su varie ore. La precisione della graduazione degli strumenti di Lusverg e la qualità della loro rettificazione può essere valutata dalle diverse stime di latitudine del luogo di osservazione che sono state ottenute con il loro aiuto. I risultati portano a concludere che le incisioni sui lembi non avevano errori maggiori a 1/100 di millimetro. Non molto inferiori dunque, come qualità, ai più celebrati strumenti inglesi di metà secolo (80).

Lo strumento maggiore, il semicircolo murale, permetteva l'osservazione del passaggio in meridiano degli astri. Vi erano tuttavia delle difficoltà dovute al posizionamento dello strumento in meridiano e alla sua planarità. Affinché il cannocchiale, scorrendo sul lembo graduato, non deviasse più di una frazione di secondo di tempo, cioè di 5 o 10 secondi d'arco, da un circolo massimo, il piano dello strumento avrebbe dovuto avere l'accuratezza di pochi centesimi di millimetro. Per poterlo impiegare nelle osservazioni meridiane occorreva determinarne, altezza per altezza, la deviazione dal meridiano. Dall'aprile 1706 fu introdotto, per questo scopo, l'uso della meridiana filare [scheda 3]. E' questo uno strumento tanto semplice quanto accurato: consiste in un sottile filo metallico teso lungo il meridiano e verificato con il metodo delle altezze corrispondenti. L'immagine del disco solare, proiettata da una piccola apertura nella parete a sud, permetteva di stimare l'istante di passaggio del Sole al mezzogiorno locale mediante la stima del tempo medio fra l'istante di ingresso dell'ombra del filo, illuminato dal Sole su un cartoncino bianco posto sotto al filo stesso, e quello della sua uscita. L'errore commesso non era superiore al secondo di tempo e questo permetteva di verificare la posizione del semicircolo murale, osservando giorno per giorno le differenze tra i tempi di transito del Sole attraverso la meridiana e il cannocchiale del semicircolo. Le differenze di uno o due secondi di tempo tra questi passaggi stimolarono Vittorio Stancari a progettare uno strumento completamente nuovo: il cosiddetto strumento dei passaggi, il quale avrebbe permesso di compiere osservazioni senza irregolarità lungo l'arco di meridiano. Di tale strumento - che venne ideato da Stancari contemporaneamente a Ole Römer e ad Edmund Halley (1656-1724) e di cui è stato ritrovato il solo supporto [scheda 18] - fu purtroppo appena iniziata la realizzazione e non fu mai messo a punto: Vittorio Stancari moriva il 28 marzo 1709, stroncato dalla tisi a solo trent'anni, come tristemente annota l'amico Manfredi nei registri. Proseguendo negli studi iniziati in giovane età, erano state dunque effettuate dai due astronomi numerose osservazioni di eclissi, macchie solari e comete, ma un problema appariva sempre ben presente nella mente di Manfredi, così come in quella di molti astronomi dell'epoca: l'osservazione di eventuali movimenti annui delle stelle "fisse". Una variazione annuale del moto apparente delle stelle intorno alla Terra - la cosidetta "parallasse annua" - avrebbe, infatti, fornito una dimostrazione inequivocabile del moto di rotazione della Terra intorno al Sole, dando così la verifica osservativa del sistema copernicano, come aveva intuito Aristarco di Samo ben 2000 anni prima.

L'istituzione marsiliana aveva ormai sette anni di vita e Marsili cominciò a considerare la possibilità di stabilizzarla definitivamente, facendo dono alla città delle collezioni, degli strumenti e della parte del palazzo che la ospitava. Quando gli altri membri della sua famiglia ebbero sentore di queste intenzioni, si opposero formalmente, almeno per quanto concerneva la cessione di parte del palazzo, dicendo che egli non aveva diritto di danneggiare i suoi futuri eredi. Il conte prese questa opposizione come un affronto e: "...tosto sgombrò tutto da quella casa; passò colla sua persona ad abitare in altro luogo; cessarono le Accademie, e tutta la raccolta ... fu imballata per trasportarla altrove" (81). Finì così la specola a Palazzo Marsili. I registri di osservazione si interrompono, infatti, bruscamente, il 28 maggio 1709, con la seguente annotazione di mano di Eustachio Manfredi, che è anche una promessa:

"Motus est loco semicirculus atque una cum eo omnis astronomica supellex translata dum novum observatorium aedificatur." (82)


 
  1. - G. Fantuzzi: 1770, Memorie della Vita del Generale Co: Luigi Ferdinando Marsili, Bologna, p.281 (lettera IX, di Marsili al canonico Trionfetti datata dalla selva Belinaz il 14 novembre 1696) e p. 319 (lettera XXIX, di Eustachio Manfredi a Marsili in Roma del 30 agosto 1711).
    J. Stoye: 1994, Marsigli's Europe. 1680-730, Yale University Press, New Haven & London.
    W. Tega (a cura di): 1986, Anatomie accademiche: I. I Commentari dell'Accademia delle Scienze di Bologna, Il Mulino, Bologna.
    W. Tega (a cura di): 1987, Anatomie accademiche: II. L'Enciclopedia scientifica dell'Accademia delle Scienze di Bologna, Il Mulino, Bologna.
    A. Angelini (a cura di): 1993, Anatomie accademiche: III. L'Istituto delle Scienze e l'Accademia, Il Mulino, Bologna.
  2. - V.F. Stancari: lettere al Manfredi datate da Bologna il 4 e 9 novembre 1704, Archivio Dipartimento di Astronomia, busta XXXVI.
  3. - Notizie dell'origine, e progressi dell'Istituto delle Scienze di Bologna e sue Accademie...: 1780, Bologna, p. 10.
  4. - B. Le Bovier de Fontenelle: 1739, Eloge de Mr. Manfredi, Hist.Ac.Roy.Sciences (ed. di Amsterdam), p.86.
    "La famosa Meridiana di Bologna, ideata e realizzata nel 1655 dal defunto signor Cassini, questo meraviglioso gnomone, il più grande e di conseguenza il più utile che l'astronomia abbia mai avuto, e che abbia mai potuto desiderare, giaceva abbandonata, trascurata nella chiesa di San Petronio; mancavano degli astronomi a questo bello strumento. Il signor Manfredi, appena ventiduenne, si risolse a utilizzarlo, per togliere alla sua patria questa specie di macchia, e fu aiutato dal signor Stancari, suo caro e degno amico. Essi si misero a studiare insieme dei libri d'astronomia, subito si misero a trascorrere le notti osservando con i migliori strumenti che avevano potuto ottenere dai loro costruttori e furono praticamente i primi in Italia a utilizzare un orologio a cicloide."
  5. - Archivio Dipartimento di Astronomia di Bologna, busta I
  6. - Archivio Dipartimento di Astronomia di Bologna, busta I
  7. - Stancari Vittorio Francesco: 1713, Schedae Mathematicae post eius obitum collectae eiusdem Observationes Astronomicae, Bologna. Copia manoscritta delle Schedae Mathematicae ... si trova presso l'Archivio del Dipartimento di Astronomia di Bologna.
  8. - G. Fantuzzi: op. cit., p. 307. Una lettera di Marsili datata da Brisac il 20 marzo 1703 ci testimonia la sua intenzione di assumerlo al proprio servizio non appena egli fosse uscito dal Collegio dei Poeti, e la preoccupazione di trovargli una sistemazione adeguata.
  9. - V. F. Stancari: lettera a Manfredi, datata Bologna, 1 settembre 1703, in cui si afferma "soddisfattissimo del Sig. Co. Filippo (fratello di Marsili). Egli mi ha accordato questa mattina pane, vino e dodici baiocchi il giorno, dieci dei quali suppone egli da spendersi per il companatico, uno in frutta, e l'altro per la candela", Archivio Dipartimento di Astronomia di Bologna, busta XXXVI.
  10. - Archivio Dipartimento di Astronomia di Bologna, busta II.
  11. - G. Fantuzzi: op.cit., p. 224.
  12. - A. Braccesi: 1978, Gli inizi della specola di Bologna, Giornale di Astronomia, 4, p. 327.
  13. - G. Fantuzzi: op.cit., p. 226.
  14. - "Il semicerchio viene rimosso dalla sua sede e con esso si trasferisce tutta la strumentazione astronomica in attesa dell'edificazione di una nuova sede".