15 - Gli strumenti inglesi e il catalogo stellare di Eustachio Zanotti.

Nel 1735 Manfredi decise di iniziare una nuova serie di osservazioni, utilizzando il semicircolo murale di Lusverg [scheda 16], messo a punto con la massima accuratezza e fornito di un nuovo obiettivo e di un nuovo oculare, realizzati "dal Dr. Francesco Vandelli professore di architettura militare dell'Istituto" (134). I risultati, tuttavia, non furono soddisfacenti, probabilmente per la precisione raggiunta dalle tecniche osservative in quegli ultimi anni e che gli strumenti di Lusverg, costruiti alcuni decenni prima, non erano in grado di raggiungere (135): "L'Osservatorio ha bisogno di migliori strumenti, e la esperienza oramai di otto e più anni sempre più lo fa conoscere" (136). Una assegnazione di fondi all'Istituto delle Scienze da parte del pontefice Clemente XII (1642-1740), nel 1738, fornì l'occasione a Manfredi di richiedere una nuova serie di strumenti. La corrispondenza privata avvenuta tra Manfredi e l'archiatra pontificio Leprotti e quella ufficiale tra gli Assunti d'Istituto, i Senatori bolognesi e l'ambasciatore bolognese a Roma ci permettono di seguire in dettaglio la vicenda (137).

L'intervento del cardinale Davia, di Leprotti e del già citato ambasciatore inglese a Roma, Thomas Derham, favorirono la conclusione dalla trattativa con la corte pontificia. "...e gli altri S[cudi] 1000 residuali servano per la compra in Inghilterra d'alcuni strumenti, et utensili, mancanti alle stanze dell'Astronomia, e della Fisica sperimentale", scriveva agli Assunti, l'otto febbraio 1738, l'ambasciatore bolognese a Roma. Derham si fece carico dell'ordine in Inghilterra e, come apprendiamo da una lettera di Manfredi a Leprotti, in data 9 agosto, vi fu anche un intervento della Royal Society in ordine alla loro costruzione, grazie ai legami che gli studi sull'aberrazione avevano permesso a Manfredi di istituire con quella società, cui era associato dal 1729. Fin dall'inizio emerge il nome dell'inglese George Graham come quello dell'artefice al quale commissionare gli strumenti. Graham era il successore del celebre orologiaio Thomas Tompion (1683-1713) - costruttore del quarto di cerchio utilizzato da Hooke - di cui aveva rilevato l'officina in Fleet Street. In questo laboratorio - la cui insegna era At the Dial and One Crown - Graham aveva realizzato numerose invenzioni che erano andate ad arricchire l'orologeria meccanica e, verso il 1710-1715, aveva iniziato ad occuparsi di strumenti astronomici, apportando anche a questi svariate migliorie. Aveva costruito, infatti, gli strumenti con cui Halley aveva rinnovato l'osservatorio di Greenwich e quelli con cui Bradley aveva osservato l'aberrazione delle stelle fisse; era stato, inoltre, l'autore del modello di quarto di cerchio murale che, con piccoli perfezionamenti, doveva restare per tutto il secolo lo strumento fondamentale di ogni osservatorio. Il prototipo di tale strumento, installato a Greenwich nel 1725, divenne largamente noto, in quanto minuziosamente descritto nell'opera del 1738, A compleat system of optics, di Robert Smith (1689-1768), professore di Astronomia a Cambridge. Manfredi non poteva conoscere questo libro, che venne tradotto in tedesco nel 1755 e in francese nel 1767, ma la fama dell'artigiano inglese lo aveva senz'altro spinto a favorire l'acquisto dei nuovi strumenti presso il suo laboratorio.

La sua speranza iniziale di ricevere presto i nuovi strumenti andrà, tuttavia, rapidamente delusa, sia per i tempi di fabbricazione, che per l'aumentato costo (138). Egli non riuscì mai a vedere completata l'operazione di acquisto degli strumenti inglesi. L'aggravarsi, infatti, di quel " mal della pietra " (calcolosi vescicale), che da anni lo tormentava, fu causa della sua morte - sopravvenuta il 14 febbraio del 1739 - di solo un mese successiva alla morte di Thomas Derham. L'ambasciatore bolognese a Roma continuò a seguire la pratica e il 25 marzo di quell'anno informò gli Assunti d'Istituto che gli strumenti sarebbero stati pronti di lì a due mesi. Gli strumenti - quadrante murale, strumento dei passaggi e quadrante mobile - sono esposti in questo museo [schede 14, 17, 19 e 35] ed è stata ritrovata, tra le lettere all'Istituto delle Scienze, la fattura originale, datata 1 giugno 1739 e firmata dall'artefice che li aveva eseguiti, quel Jonathan Sisson che è considerato il continuatore della tradizione di Graham ed il più importante - con il figlio Jeremiah - tra i costruttori di strumenti scientifici inglesi della metà del secolo diciottesimo.

La somma richiesta era di molto superiore ai 1000 scudi dei quali si era parlato originariamente: le 245 sterline risultarono pari a 5500 scudi e si era persa memoria di quanto era stato pattuito tra Derham e gli artefici inglesi. Un documento (139) ci informa di come gli strumenti venissero spediti da Londra solo nel maggio del 1740, dopo che il Banco Zagnoni di Bologna aveva incaricato, con una lettera del 27 gennaio dello stesso anno, i "SS.ri Gistard e Alexander Compagni negozianti in quella piazza" di provvedere al pagamento e che la tratta relativa, protestata il 27 febbraio dai detti Compagni Negozianti, era stata onorata con "il denaro il quale è stato ritrattato con non poca difficoltà dall'esito di alcuni capitali". Gli strumenti, prosegue lo stesso documento, furono "imbarcati sopra la nave denominata - la Spedizione - del Capitano Salcott Inglese; e partirono d'Inghilterra; si seppe poi che poco dopo la nave fu obbligata a ritornare in porto stante l'uscita dai Paesi di Francia della flotta franzese; e le ultime notizie sono, che la nave di questo carico abbia poi fatto il Viaggio con un grosso Convoglio mercantile scortato da Vascelli di Guerra, e che tutto sia giunto, già da lungo tempo a Gibilterra, ma che una sola parte del Convoglio abbia proseguito il Viaggio sino a Livorno, rimanendo le altre navi mercantili in Gibilterra per mancanza di scorta; e che fra queste rimaste in Spagna siavi la nave col carico spettante all'Istituto." Finalmente la nave arrivò a Livorno e, verso la fine del mese di febbraio del 1741, gli strumenti erano a Bologna. A riceverli era Eustachio Zanotti, il quale, nelle prime pagine del settimo volume dei registri di osservazione - indicato anche come "primo dall'uso dei nuovi strumenti inglesi" - scrive:

"...arrivarono finalmente in Bologna i nuovi strumenti astronomici lavorati in Inghilterra, i quali erano già stati ordinati molti anni prima vivente il Celebratissimo Sig.re Eustachio Manfredi primo Astronomo di questo Istituto. Furono aperte le casse nelle stanze dell'Assunteria, ove si riconobbero nei giorni seguenti tutti i pezzi e loro uso, e come meglio si poté si ricompose ciascuno strumento, che in tal modo poi è restato per qualche tempo in dette camere affine di lasciar comodo e agli Assunti dell'Instituto e ai Professori di appagare la loro curiosità, e di contemplare un lavoro che si può dire senza eccezione:... A dì 20 maggio furono trasportati i nuovi strumenti nelle camere dell'Osservatorio,... Ora si può dire che l'Osservatorio sia ben fornito quanto è stato mal proveduto per l'adietro, mentre viveva uno dei primi astronomi che s'abbia avuto l'Italia anzi l'Europa."
Ci volle più di un anno per approntare per i nuovi strumenti la camera delle osservazioni meridiane, dalla quale era stato rimosso l'antico semicircolo di Lusverg. Fu modificato il muro di sostegno dello strumento murale, rendendolo più breve ed al contempo più massiccio. Fu eretto "un piedestallo con due colonne o pilastri d'ordine dorico in quella proporzione che soddisfacesse al bisogno ed insieme all'eleganza" (140) per sostenere lo strumento dei passaggi. Fu rinnovata la lanterna che dava luce alla meridiana filare e, per maggiore ornamento del luogo fu aggiunta, ad opera di Ercole Lelli, la linea meridiana, in marmo ed ottone con l'analemma che descrive l'equazione del tempo, che ancora si ammira nel pavimento della sala [scheda 3] (141). Nel mese di agosto del 1742 gli strumenti furono finalmente installati e cominciarono le operazioni di rettificazione e messa a punto che i registri dell'archivio ci permettono di seguire nei più minuti dettagli. I tre strumenti rappresentavano il meglio di quanto si potesse disporre a quei tempi, una strumentazione che fino alla fine del secolo diciottesimo doveva rimanere tipica per l'astronomia posizionale: non a caso è questo - identico fino ai più minuti dettagli costruttivi - il modello di strumenti che ci viene proposto nelle tavole dell'Enciclopédie di Diderot e d'Alembert. Il loro costruttore, Jonathan Sisson (1690?-1747), fu collaboratore e successore di Graham e si sa che nel 1743 lavorava ancora con lui, il che lascia supporre che anche il nome di Graham possa essere legato agli strumenti bolognesi. Questi appaiono come i più antichi firmati da Sisson e la fattura del quadrante murale, tutto in ottone, suggerisce di anticipare dal 1743 al 1739 l'uso di un unico metallo nella costruzione e di attribuire a Sisson e a Graham l'introduzione di questa tecnica costruttiva, piuttosto che a John Bird (1709-1776) e a James Bradley, come invece sostiene Maurice Daumas (142). Tradizionalmente, infatti, tali strumenti avevano il lembo di ottone e l'armatura di ferro - come si può notare nel grande semicircolo murale di Lusverg - mentre l'uso di un solo metallo li poneva al riparo dalle distorsioni, prodotte in una struttura bimetallica dalle variazioni di temperatura.

Oltre un anno trascorse prima che Zanotti considerasse gli strumenti "abbastanza rettificati", pur se, anche in seguito, la stabilità dello strumento dei passaggi lasciasse alquanto a desiderare, come appare dai registri. Fu, finalmente, solo il 26 settembre del 1749 che si diede inizio a quella serie di osservazioni dalle quali risultò un catalogo di 413 stelle comprese nella fascia dello Zodiaco e di altre stelle maggiori sparse per il cielo. Questo può essere considerato il primo catalogo di stelle improntato a criteri moderni e fu pubblicato da Zanotti nella ristampa del 1750 della Introductio in Ephemerides di Manfredi. Le osservazioni proseguirono fino al 14 agosto 1750 e furono integrate con una rideterminazione della latitudine di Bologna - che fu trovata pari a 44o29'54", solo 1,2 secondi d'arco maggiore del vero - e con la determinazione del punto gamma, ovvero dell'intersezione tra equatore ed eclittica, corrispondente all'equinozio di primavera. Le osservazioni videro Eustachio Zanotti al quadrante murale e Giovanni Angelo Brunelliz (?-1791) allo strumento dei passaggi. Era quest'ultimo lo studioso cui dobbiamo le prime evidenze sperimentali del fatto che il calore raggiante si attenua con il quadrato delle distanze dalla sorgente - così come fa la luce - e che poi divenne matematico del re di Portogallo e fu da questi incaricato di rilevare la carta del Brasile (143). Li assisteva nelle osservazioni quell'abate Petronio Matteucci (?-1800) che sarebbe diventato a sua volta direttore della Specola bolognese, alla morte di Zanotti. Le stelle del catalogo furono osservate tutte due volte e le misure furono accettate solo quando le differenze nei tempi di passaggio non superavano il mezzo secondo di tempo e gli otto secondi d'arco nelle altezze. Le posizioni furono tutte ridotte all'equinozio del 1750, tenendo conto della precessione degli equinozi e dell'aberrazione bradleiana: fu quindi il primo catalogo nel quale si tenne conto di quest'ultimo effetto.

Di non minore importanza fu, come dicevamo, la determinazione della posizione del punto gamma, problema che tradizionalmente veniva affrontato cercando, prima, di definire l'epoca dei solstizi e degli equinozi e, successivamente, di stabilire la posizione delle stelle rispetto al Sole all'epoca dell'equinozio di primavera. Prima dell'introduzione dell'orologio a pendolo e del cannocchiale, questa seconda misura era quanto mai incerta, soprattutto a causa della difficoltà di trasferire con buona precisione il tempo dal giorno alla notte e della impossibilità di osservare le stelle di giorno (144). Con l'introduzione di questi strumenti - soprattutto dell'orologio a pendolo ideato da Christiaan Huygens e realizzato da Salomon de Coster a Scheveningen nel 1657 - entrambe le operazioni divennero possibili, pur se di notevole difficoltà. Nelle migliori tavole disponibili a metà del Settecento, quelle di Cassini e di Halley, le epoche dei solstizi differivano di ben 11 minuti! Manfredi "haec tabularum incommoda non tulit" ed immaginò un nuovo metodo (145). In pratica egli sostituì alle "epoche", che sono affette dalle ineguaglianze del moto del Sole, delle misure di angoli. Mentre l'epoca media, tra gli istanti in cui il Sole raggiunge la stessa altezza prima e dopo il sostizio, differisce, a causa del diseguale movimento del Sole, dall'epoca del solstizio stesso, la media delle differenze in ascensione retta tra una determinata stella ed il Sole, misurata quando il Sole ha uguale altezza, è in effetti pari alla differenza di ascensione retta che si ha il giorno del solstizio. Aggiungendo a questa 90o, se si tratta del solstizio estivo, o 270o per il solstizio invernale, si ha l'ascensione retta della stella. Questo metodo, sperimentato da Manfredi nel 1734, fu applicato da Zanotti nel 1749. Introducendo, come dicevamo, l'ulteriore raffinatezza di correggere le differenze in ascensione retta per gli effetti della aberrazione bradleyana, l'incertezza nella posizione del punto gamma fu ridotta a circa 5 secondi d'arco, pari a 2 minuti di tempo nell'epoca degli equinozi. Manfredi, come dice Zanotti nei Commentarii, non solo aveva fornito un metodo per la determinazione degli equinozi, ma aveva "aperto nuove vie per l'indagine della teoria del Sole". Era infatti diventato possibile seguire il moto del Sole stesso in ascensione retta con più precisione di quanto fosse prima possibile ottenere dalle sole osservazioni delle altezze, dato che la rifrazione atmosferica non entrava più nei conti e la dipendenza del valore assunto per l'inclinazione dell'eclittica era assai minore.

Si può dire che con questo si esauriscano i contributi di maggior rilievo degli astronomi bolognesi all'astronomia di posizione. L'interesse si rivolse alla fisica celeste, alla meccanica e alla teoria della gravitazione, interessi che tuttavia furono perseguiti in un quadro di progressivo impoverimento, probabilmente parallelo alla decadenza, anche culturale, della stessa città di Bologna, che precedette il periodo napoleonico.


 
  1. - Arch. Dip. Astron. Bologna, Registri delle osservazioni, vol. V alla data 26 maggio 1735.
  2. - Arch. Dip. Astron. Bologna, Registri delle osservazioni, vol. V alla data 6 ottobre 1735.
  3. - Arch. Dip. Astron. Bologna, Registri delle osservazioni, vol. V alla data 24 settembre 1735.
  4. - Sunto del Chirografo papale del 1 marzo 1738, Arch. Stato Bologna, Fondo assunteria d'Istituto, Registri, vol 35, p.181. Biblioteca Comunale Archiginnasio Bologna, Fondo speciale Manfredi, III. Lettere all'Istituto delle Scienze, vol. 1734-1755 e copialettere Istituto delle Scienze, vol. 1734-1755, Arch. Stato Bologna.
  5. - Manfredi a Leprotti, in data 10 settembre 1738, Biblioteca Comunale Archiginnasio Bologna, Fondo speciale Manfredi Lettere all'Istituto delle Scienze, in data 23 settembre 1738, Arch. Stato Bologna.
  6. - Arch. Stato Bologna, Fondo Assunteria d'Istituto, Div. 5, n. 4, documento in data 10 dicembre 1740.
  7. - Arch. Dip. Astron. Bologna, Registri delle osservazioni, vol VII alla data 16 agosto 1742.
  8. - De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii: 1745, Tomo II, Bologna, p. 40.
  9. - M. Daumas: 1953, Les instruments scientifiques aux XVIIe et XVIIIe siècles, Presses Universitaires de France, Paris, p. 235 e 305.
  10. - G. A. Brunelli: 1745, Calor a flamma propagatur eadem proportione, qua lux, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, Tomo II, pars I, Bologna, p. 367. Annotazione di E. Zanotti in Arch. Dip. Astron. Bologna, Registri delle Osservazioni, vol.VII alla data 21 giugno 1750.
  11. - F. Bònoli: 1991, l'Astronomia, n. 106, p. 17.
  12. - E. Zanotti, De Solstitiorum tempore definiendo, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, Tomo II, pars I, Bologna, p. 437.