GIORNALE DI ASTRONOMIA - edizione in lingua araba


Editoriale

Massimo Capaccioli e Fabrizio Bònoli

Si era nella seconda metà del XIII secolo, VII dell'egira, e in Andalusia, nella splendida Granada, capitale dell'omonimo regno arabo, un famoso muwwaqit - un "calcolatore dell'ora" presso la grande moschea - svolgeva la sua opera scrivendo trattati astronomici e costruendo strumenti per le osservazioni.

Il Museo della Specola di Bologna possiede un pregevole astrolabio (riprodotto nella nostra copertina), attribuito proprio a questo antico astronomo arabo, Husayn b. Muhammad b. Baso (Ibn Baso padre), che ha vissuto e operato su quello che è attualmente territorio europeo. Tra i sette timpani o piatti contenuti all'interno di questo astrolabio e che recano incise le proiezioni dei sistemi di coordinate celesti utili per la determinazione della posizione del luogo in cui veniva usato lo strumento, uno è riferito alle città sante, la Mecca e Medina, come di consuetudine per gli astrolabi arabi; gli altri sono realizzati per latitudini dell'ambiente islamico limitrofo a quello del costruttore e corrispondenti a località della costa dell'Africa occidentale e del sud della Spagna. L'ultimo timpano, tuttavia, si presenta particolarmente interessante e spiega il motivo per cui si è scelto questo strumento per illustrare la copertina del primo numero della nostra rivista in lingua araba. Tale timpano, infatti, è senz'altro più tardo - probabilmente del XV secolo - ed è stato realizzato per latitudini corrispondenti a Roma e al nord dell'Italia ed è inciso con caratteri latini.
Questo strumento, quindi, costruito per un astronomo arabo del Duecento ed aggiornato e usato da un astronomo italiano un paio di secoli più tardi, rappresenta in modo tangibile e non solo simbolico quello che è stato uno dei fenomeni più importanti nella nascita e nella diffusione della cultura moderna: il grande travaso di conoscenze dal mondo arabo a quello europeo avvenuto dopo l'Anno Mille.

E' proprio nel nome di questa cultura che ci accomuna ed in omaggio alla sua antica culla, il Mar Mediterraneo, che noi oggi traduciamo il Giornale di Astronomia nella lingua che fu non solo di Ibn Baso, ma anche di Averroè, Avicenna, e al-Farghani. La Società Astronomica Italiana (SAIt), che ne è l'editore, concepì oltre vent'anni or sono questa rivista per soddisfare le esigenze di informazione ed aggiornamento dei propri soci - astronomi, astrofili e insegnanti - e per farne un veicolo di diffusione dell'astronomia, attraverso articoli di rassegna sui grandi temi dell'astrofisica, saggi di storia delle scienze ed epistemologia e contributi di didattica dell'astronomia. Il medesimo materiale viene ora reso disponibile alle comunità arabe nella loro lingua come rinnovato segno di un'antica amicizia e reciproca stima.

Nella sua prima uscita, Al-Mayalla al-Falakiyya (è questo il nome in arabo del Giornale) conterrà le traduzioni di materiale già apparso nella versione italiana, ma saranno ospitati - sia nella versione araba che in quella italiana - contributi originali inviati da studiosi ed insegnanti di lingua araba e che abbiano passato il vaglio del medesimo comitato di redazione che valuta gli altri contributi sottomessi al Giornale.

La speranza è che questa iniziativa - resa possibile dal contributo concesso alla Società Astronomica Italiana dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri del Governo Italiano - giunga gradita e che la nostra rivista possa risultare utile anche ai nostri nuovi lettori, come crediamo lo sia stata per coloro che ci hanno seguito in tutti questi anni.
 

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