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La massa di Jeans
Annibale
D’Ercole
Abbiamo visto nel
livello base che la presenza di onde sonore in un gas diffuso su distanze
astronomiche può dare origine alla formazione di strutture con dimensioni
dell’ordine della lunghezza d’onda dell’oscillazione.
Per capire sotto quali condizioni si verifica un simile evento, consideriamo
l’energia termica Et e
gravitazionale Eg di
una massa M di gas a temperatura T che per semplicità assumiamo di
forma sferica e con raggio R.
Trascurando i coefficienti numerici dell’ordine dell’unità, otteniamo: , (1) . (2) La
costante Cv che compare
nell’equazione (1) rappresenta il calore specifico a volume costante, mentre
la costante G presente
nell’equazione (2) è la costante gravitazionale; inoltre, nelle due equazioni
abbiamo scritto la massa della nube in funzione della sua densità e del raggio R. Da queste equazioni si vede che Et µ R3 e Eg
µ R5,
e dunque l’energia gravitazionale cresce con il raggio più rapidamente
dell’energia termica (Fig. 3).
Pertanto, in perturbazioni di piccola lunghezza d’onda l’energia termica
prevale su quella gravitazionale causando una nuova espansione del gas
compresso. Fig. 3. Energia termica e gravitazionale di una massa di
gas la cui estensione è pari alla lunghezza d’onda della perturbazione
che la investe. Per perturbazioni con lunghezza d’onda particolarmente grande
Eg prevale su Et, e la massa di gas si
isola dando luogo ad una struttura a sé stante. Il punto in cui le due
energie si incrociano determina il valore della lunghezza di Jeans, ovvero la
dimensione minima per formare strutture. Le
perturbazioni di grande lunghezza d’onda, invece, coinvolgono grandi
agglomerati di gas la cui energia gravitazionale è superiore a quella
termica; pertanto questi agglomerati non si riespandono una volta compressi,
ma continuano a contrarsi fino a “staccarsi” dal gas diffuso formando una
struttura isolata. La lunghezza d’onda minima in grado di generare
strutture è dunque pari al raggio che si ottiene uguagliando l’equazione (1)
all’equazione (2). Con qualche semplice passaggio abbiamo ; (3) nel ricavare questa
formula, abbiamo posto, com’è noto dalla termodinamica, , dove è la costante di
Boltzmann e mp la massa del protone. è detta “lunghezza
di Jeans”, e rappresenta dunque il raggio minimo necessario perché una nube
di densità e temperatura T collassi. Il criterio di Jeans può
anche essere espresso in termini di massa, definendo la “massa di Jeans” come la minima massa
che una nube deve avere per poter collassare. Tenendo conto dell’equazione
(3) si ottiene: . (4) All’interno
delle nubi molecolari giganti che si osservano nel disco della nostra
Galassia abbiamo tipicamente T = 150
K e g cm-3.
Dall’equazione (4) ricaviamo MJ ~ 13 M¤,
assai minore della massa di questi oggetti che può arrivare a 1000 M¤.
Sembrerebbe allora che sia possibile la formazione di stelle assai massicce,
al limite con masse dell’ordine di quella dell’intera nube molecolare.
Tuttavia, le osservazioni ci dicono che questo non succede. Si nota inoltre
che le stelle si formano in via preferenziale in gruppi, da stelle binarie
fino ad ammassi di centinaia di migliaia di membri. Tutto questo può essere
compreso mediante il processo di frammentazione gerarchica connesso al
criterio di Jeans. Nel livello base abbiamo visto che tale processo si
innesca e procede fintanto che il gas rimane trasparente alla radiazione. Una
volta che il gas diventa opaco a causa dell’accresciuta densità dovuta al
collasso, il processo di frammentazione si ferma, e la massa dei frammenti
finali è proprio dell’ordine di quella stellare. È
istruttivo approfondire quest’ultimo punto. Le perdite radiative avvengono,
in ultima analisi, a spese dell’energia gravitazionale della nube; l’energia
potenziale degli strati di gas in caduta viene trasformata in energia
cinetica degli atomi che aumentano la loro velocità e urtano tra loro
producendo salti orbitali degli elettroni che, successivamente, ricadendo
nelle orbite usuali, emettono radiazione. In conclusione, l’energia a
disposizione che può essere emessa da una nube sferica che soddisfi la
condizione di Jeans durante il collasso è approssimativamente . Quest’energia
viene irraggiata in un intervallo di tempo tc pari alla durata del collasso; dal momento che
questo avviene senza sostanziali impedimenti dovuti alla pressione, il tempo
di collasso è dato dal tempo di caduta libera. Un elemento di fluido posto
alla superficie della nube, ad una distanza RJ dal centro, è sottoposto ad un’accelerazione g = GMJ / RJ2;
se questa accelerazione fosse costante, la relazione tra spazio percorso e
tempo impiegato a percorrerlo sarebbe, com’è noto, RJ = 0.5gtc2.
Il raggio decresce progressivamente e, dunque, in verità, l’accelerazione non
è costante, ma possiamo in prima approssimazione considerarla tale per
ottenere una valutazione dell’ordine di grandezza del tempo di collasso.
Ribaltando la precedente relazione ricaviamo allora . La
luminosità della nube, ovvero l’energia emessa nell’unità di tempo durante il
collasso, diventa pertanto . Come
abbiamo ricordato più sopra, col procedere del collasso il gas diventa opaco
e i fotoni urtano incessantemente con gli atomi. Questa continua interazione
porta ad una ben definita ripartizione energetica tra materia e radiazione.
Un corpo in cui si realizzi perfettamente tale ripartizione viene detto “corpo
nero” e, come sappiamo dalla termodinamica, ogni centimetro quadrato della
sua superficie emette una luminosità pari a , dove è la costante di
Stefan-Boltzmann; come si vede, questo irraggiamento ha carattere universale
perché dipende solo dalla temperatura del corpo e non da altre
caratteristiche come, ad esempio, la sua composizione chimica. Tornando ai
nostri frammenti opachi, essi tendono ad irraggiare alla loro superficie come
un corpo nero, con una luminosità pari a . Nello
scrivere questa formula, abbiamo tenuto conto del fatto che l’ipotesi di
corpo nero è un’idealizzazione e che pertanto la luminosità reale è una
frazione < 1 di quella di
corpo nero. Ponendo e, dopo un poco di
algebra, si ottiene . A
questo punto, con l’aiuto delle equazioni (3) e (4), otteniamo la massa
minima MJ,min
acquisita dagli oggetti al termine del processo di frammentazione: M¤. Ponendo
ragionevolmente ~ 0,1 e T ~ 1000 K al tempo in cui il gas
diventa opaco, otteniamo MJ,min
~ 0,5 M¤.
La frammentazione, dunque, cessa quando si giunge ad oggetti con massa
paragonabile a quella stellare. Questo risultato è in accordo con le
osservazioni ed inoltre è poco sensibile a un diverso, ragionevole valore di e T. Nell’ottenere
questo risultato abbiamo introdotto parecchie approssimazioni. Ad esempio,
abbiamo applicato il criterio di Jeans a frammenti nello stadio intermedio
del collasso; questo in principio non è corretto perché il criterio si applica
ad un fluido esteso e a riposo. Abbiamo altresì trascurato la rotazione, i
campi magnetici e i dettagli del trasporto della radiazione attraverso il
gas. Nonostante tutto questo, abbiamo ottenuto risultati ragionevoli. Il
criterio di Jeans si rivela dunque uno strumento semplice ma
straordinariamente efficace per una comprensione preliminare di complessi
fenomeni fisici. |