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Fornaci nucleari
Claudio
Elidoro
In una precedente
occasione si notava come la spiegazione per l’energia del Sole e delle
stelle avesse avuto un cammino piuttosto travagliato e come il mistero sia
stato risolto in modo adeguato solamente intorno al Oggi
sembra quasi banale che la risposta debba essere ricercata nella famosa
equazione di Albert Einstein
che lega massa ed energia, ma fino al 1920 il legame di quella relazione con
l’energia stellare non era affatto ovvio. La svolta fu propiziata da Francis W. Aston
che, misurando con estrema precisione le masse di molti elementi nel corso
delle sue ricerche sugli isotopi del Neon, scoprì come quattro atomi di idrogeno
fossero più pesanti di un nucleo di elio. La scoperta non sfuggì ad Arthur Eddington che –
interpretando quella differenza di massa in termini di energia equivalente
– prontamente suggerì che il motore energetico del Sole potesse essere
la conversione di atomi di idrogeno in elio. L’idea era ottima, ma
c’erano due problemi da risolvere. Non solo si dovevano trovare le
reazioni in grado di assicurare tale conversione – si tenga presente
che, tra l’altro, dovevano ancora essere scoperti il neutrone, il
positrone, il neutrino e l’atomo di deuterio – ma era, prima di
tutto, necessario trovare quale sotterfugio mettere in campo per spiegare
come poter eludere la barriera della repulsione coulombiana
delle cariche elettriche. A quest’ultimo inconveniente venne posto rimedio nel 1928, con la scoperta
dell’effetto tunnel, uno dei primi frutti del “Principio di
Indeterminazione” formulato da Heisenberg. Scusandoci
con i puristi del linguaggio fisico, potremmo descrivere la situazione in
questo modo: se un protone riesce a trovarsi sufficientemente vicino a un
altro protone in un gas ad alta temperatura, l’indeterminazione della
sua posizione può rendere reale la possibilità che si possa trovare al di là
della barriera coulombiana (repulsiva) cadendo così
nel dominio delle interazioni nucleari forti (attrattive). Una situazione,
dunque, che renderebbe possibile, partendo da due protoni distinti, giungere
alla formazione di un nucleo di deuterio. Per risolvere l’altro enigma
si dovranno attendere ancora una decina d’anni e le intuizioni geniali
di Hans Bethe, Charles Critchfield e Carl Friedrich von Weizsäcker. È grazie a
questi giganti della fisica atomica che noi conosciamo come sono alimentate
le fornaci nucleari del Sole e delle altre stelle. Oggi
noi sappiamo che i principali motori di produzione energetica stellare sono
il ciclo protone-protone, il cosiddetto “ciclo CNO” e il “triplo
processo alfa”. Mentre i primi due meccanismi utilizzano l’idrogeno
quale combustibile per giungere alla produzione di atomi di elio, il terzo
impiega particelle alfa (cioè nuclei di elio) per costruire gli elementi più
complessi. Poiché, però, quest’ultimo processo è caratteristico di
stelle estremamente calde (il suo innesco necessita di temperature superiori
a 100-120 milioni di gradi) e interessa poco le stelle della sequenza
principale come il nostro Sole, ci permettiamo di lasciarlo in disparte occupandoci
solamente degli altri due cicli energetici. Il
ciclo protone-protone è il più
comune tra le stelle a temperatura inferiore. Perché la catena possa
innescarsi è comunque necessario che la zona centrale della stella raggiunga
i 6 milioni di gradi. Sostanzialmente, possiamo descrivere il processo come
la trasformazione di quattro protoni in un atomo di elio, meccanismo nel
quale la massa mancante misurata da Aston viene convertita in energia, proprio come intuito da Eddington. Volendo banalizzare ancor di più, potremmo
descrivere la catena p-p come una combustione di idrogeno che lascia atomi di
elio come cenere. Nella Fig. 1 sono evidenziate le
reazioni nucleari coinvolte nella catena e i tempi caratteristici di ogni
fase.
Per
le stelle più calde, invece, diventa di gran lunga più
redditizio un altro meccanismo, il cosiddetto ciclo CNO (ciclo carbonio-azoto-ossigeno).
Perché si inneschi questo processo, però, è necessario che nel nucleo
stellare vi sia una temperatura di 15 milioni di gradi e vi sia la presenza
di nuclei di carbonio che svolgano la funzione di intermediari. In sostanza,
si tratta ancora di trasformare quattro atomi di idrogeno in un atomo di elio, ma questa volta le reazioni coinvolgono elementi più
complessi, quali appunto il carbonio, l’azoto e l’ossigeno.
Seguendo passo passo la sequenza delle reazioni
nucleari coinvolte – la leggenda vuole che Bethe
l’abbia codificata mentre tornava, in treno,
da un congresso – si può notare come gli atomi di carbonio, azoto e
ossigeno che partecipano alle reazioni si mantengono in proporzioni
inalterate agendo solamente da catalizzatori (vedi Fig.
2).
Abbiamo
già sottolineato come, sia nel ciclo protone-protone, che nel ciclo CNO
spariscono quattro atomi di idrogeno e compare un atomo di elio. Precisiamo
subito che questo gioco di prestigio non prosegue indefinitamente fino a
consumare tutta la stella. Solo nel nucleo, infatti, sussistono le condizioni
perché si possano attivare i processi di fusione. Con il trascorrere del tempo,
però, questa “cenere” di elio finisce con l’accumularsi nel
centro della stella obbligando le reazioni termonucleari a migrare nel guscio
sovrastante. Inizialmente, questo comporterà un aumento delle dimensioni
stellari, ma in seguito l’inesorabile calo della produzione energetica
non sarà più in grado di mantenere gonfia la stella, che inizierà a cadere su
se stessa. Questa contrazione provocherà un notevole aumento di temperatura
nel nucleo e così si potranno accendere i processi di fusione dell’elio. Una
situazione che – sempre che la disponibilità di massa lo consenta
– si ripeterà anche nei successivi stadi evolutivi, tanto che nelle
fasi finali dell’evoluzione delle stelle più calde e massicce si
giungerà a formare una serie di gusci concentrici, ciascuno dei quali
produrrà energia impiegando come combustibile la “cenere” del
guscio sovrastante. Una volta giunti alla produzione del ferro, però, il
gioco si deve fermare: le reazioni non producono più energia, ma la assorbono
e i processi delle fornaci stellari giungono al capolinea. Tutto lascia
intendere che la stella sia ormai condannata a un lento e inesorabile
raffreddamento, ma è proprio a quel punto che le stelle più massicce giocano
il loro asso nella manica: l’esplosione di supernova.
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