L'emissione della radiazione
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna
Dall’elettromagnetismo classico sappiamo che la potenza W generata da un elettrone, ovvero l’energia emessa nell’unità di tempo, è data da

W = 2e2a2/3c3

dove e ed a sono la carica e l’accelerazione dell’elettrone, e c = 3 x 1010 cm/s è la velocità della luce. In questa formula tutte le quantità sono costanti tranne l’accelerazione. Accelerazioni diverse danno luogo a radiazione con caratteristiche diverse. Se un elettrone oscilla avanti ed indietro con una frequenza , emette un’onda elettromagnetica di pari frequenza; più in generale, se un elettrone subisce una variazione di velocità v in un tempo caratteristico t, ovvero un’accelerazione a~v/t , le onde emesse avranno frequenze dell’ordine di ~1/t .
Dal tipo di radiazione osservata si può risalire alle condizioni della materia che l’ha emessa.

Presentiamo qui tre tipi di meccanismi di irraggiamento:
1. la radiazione termica prodotta da elettroni con velocità molto inferiore a c , descritta dall’elettromagnetismo classico;
2. la radiazione di sincrotrone generata da elettroni con velocità confrontabili a quella della luce e accelerati dalla presenza di un campo magnetico in cui si manifestano effetti dovuti alla teoria della relatività;
3. la emissione di righe prodotta da elettroni all’interno di un atomo, descrivibile mediante la meccanica quantistica.

1. Emissione termica
Un elettrone con velocità v  che passa ad una distanza r da un nucleo atomico di carica Ze (dove Z è il numero atomico del nucleo) sperimenta la forza di Coulomb Fe = Ze2/r2 e subisce un’accelerazione a = Fe / m in un tempo dell’ordine di t = r / v.
Viene dunque emessa una potenza

w = 2e2a2 / 3c3 = 2Z2 e6 / 3m2c3r4

ad una frequenza 1/t = v/r.
Sommando i contributi di tutti gli incontri tra ioni ed elettroni che avvengono a diverse distanze e con diverse velocità, si ottiene la potenza totale emessa dal plasma e la sua distribuzione spettrale, ovvero la sua distribuzione in frequenza. Risulta che la potenza totale emessa da un volume unitario di plasma cade nel dominio delle onde radio ( = 2c /  = 1-10 cm) ma non dipende dalla frequenza (viene cioè emessa la stessa quantità di energia ad ogni frequenza) ed è proporzionale a

dove n  e T   rappresentano, rispettivamente, il numero di elettroni per unità di volume e la loro temperatura (che dà una misura della loro velocità). Quando per altra via sono disponibili anche informazioni diverse (come, ad esempio, le dimensioni della sorgente) è possibile risalire alla densità ed alla temperatura del gas. 

2. Emissione di sincrotrone
Un elettrone che ruota attorno alle linee di un campo magnetico B sperimenta la forza di Lorentz  FL = e B v / c  e subisce un’accelerazione a = FL/m .
Come vedremo, nel caso della radiazione di sincrotrone gli effetti relativistici sono importanti. È conveniente allora considerare l’impulso (o quantità di moto) p = mv  dell’elettrone piuttosto che la semplice velocità v per estendere con facilità i risultati ottenuti al caso relativistico in cui v ~ c .
Pertanto possiamo scrivere  a = eBp / m2c , e la potenza emessa è pari a

W = 2e2 a2 / 3c3 = 2e4 B2 p2 / 3m4 c5.

Dalla teoria della relatività sappiamo che, nel caso in cui la velocità dell’elettrone sia vicina a quella della luce, il suo impulso diventa p = m v
Il fattore = 1 /  vale circa 1 per v << c , riottenendo così il valore classico dell’impulso.
Per v ~ c si ha a = eBp/m2c ~ eB/m   e la potenza emessa diventa
W = 2e4 B22 / 3m2 c3.
Dal confronto di questa formula con quella precedente, si vede che nel caso relativistico la potenza è un fattore  (c/v)2  maggiore che nel caso classico, e questo spiega perché l’emissione di sincrotrone è trascurabile per elettroni che hanno una velocità molto minore di quella della luce. La frequenza di rotazione dell’elettrone si ottiene uguagliando FL   alla forza centrifuga Fcp .
Si ottiene c, dove c = eB/mc   è detta frequenza di Larmor.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, a causa dell’elevata velocità dell’elettrone la frequenza caratteristica della radiazione emessa non è dell’ordine di , ma molto più alta. La radiazione viene infatti emessa in direzione del moto all’interno di un cono di apertura angolare theta.gif (855 byte) ~ 2gamma.gif (847 byte)-1   che si riduce all’aumentare della velocità dell’elettrone.
Proprio come nel caso di un faro, un osservatore riceve la radiazione solo per un tempo limitato t. Questo tempo sarebbe pari al tempo necessario all’elettrone per ruotare di un angolo 2-1t = 2/, se v  fosse molto minore di c; in caso contrario bisogna tenere conto che l’ultimo raggio visibile all’osservatore viene emesso quando l’elettrone ha compiuto un percorso di circa vt   verso l’osservatore.
La durata dell’impulso luminoso, ovvero la differenza di tempo tra l’arrivo del primo e dell’ultimo raggio visibile, è data allora da t - v t/c = t (1-v/c); dato che v  è vicino a c si ha  1 - v/c ~ 1/2 2   e in definitiva si ottiene t = 1/3 .
E' noto che l’energia di un’onda è proporzionale alla sua frequenza; pertanto la frequenza dell’impulso luminoso osservata sarà tanto maggiore quanto minore è la durata dell’impulso perché l’osservatore possa ricevere la stessa energia in un tempo minore. In conclusione la frequenza caratteristica della radiazione è pari a  1/t = c2 .
La nebulosa del Granchio contiene un campo magnetico B = 10-4  Gauss ed è una sorgente di sincrotrone. In questo caso c~ 1900 Hz, ma la radiazione osservata arriva a frequenze ottiche c2 ~ 3.8x1015  Hz, confermando la presenza di elettroni relativistici con  ~ 2x106 .

3. Emissione di riga
Dal momento che l’atomo è un sistema stabile, la meccanica quantistica ammette che vi siano orbite determinate lungo cui l’elettrone può ruotare attorno al nucleo senza emettere. L’energia E dell’elettrone in orbita ad una distanza  r  attorno ad un nucleo atomico è data dalla somma della sua energia cinetica T=0.5 mv2   e potenziale U=-Ze2/r;
dal momento che la forza centrifuga Fc pareggia la forza attrattiva elettrostatica Fe, mv2/r=Ze2/r2, in definitiva si ottiene il noto risultato E =T+U= -0.5 Ze2 / r.
In un atomo eccitato l’elettrone è posizionato su un’orbita più esterna, ad un raggio r' > r:
Questa è però una situazione di breve durata perché l’elettrone tende a ricadere in basso, sull’orbita di minimo raggio. In questo passaggio l’elettrone si libera dell’energia di eccitazione mediante l’emissione di radiazione la cui energia, com’è noto, è proporzionale alla frequenza tramite una costante = h / 2 , dove h   è la costante di Planck.
Si ottiene pertanto  = E'-E = 0.5 Ze2 (1/r - 1/r').
Le osservazioni ci dicono che un atomo eccitato emette radiazione a certe frequenze 1(1/n2 - 1/n'2), dove n ed n' sono numeri interi e 1  è una costante.
Se ne deduce che il raggio delle orbite permesse è "quantizzato" secondo la regola 
r = ron2 .
n è detto "numero quantico" ed  ro   è il cosiddetto raggio di Bohr; esso rappresenta il raggio minimo e dà un’idea delle dimensioni di un atomo.
Evidentemente si ha 1 = 0.5 Ze2ro.

È possibile ed istruttivo ottenere il valore di ro   mediante semplici considerazioni di elettromagnetismo classico.
Se fissiamo l’attenzione per una transizione in cui n' = n+1   e  n >> 1    si ottiene
una radiazione di frequenza  =1(1/n2 - 1/n'2)~2 1 / n3   che, classicamente, deve  coincidere con la frequenza di rotazione dell’elettrone 2 = Ze2 / mr3   che si ottiene dall’uguaglianza Fe = Fc . Dall'uguaglianza tra la frequenza di rotazione e quella della radiazione otteniamo finalmente ro2 / Ze2 m.
Nel caso dell’atomo di idrogeno Z = 1  e ro = 5.3 10-9  cm. La possibilità di seguire un approccio semiclassico per n >>1  è assicurata dal "principio di corrispondenza" che afferma che un sistema quantistico diventa simile all’analogo classico per alti valori del numero quantico n.

 


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