Nane bianche e meccanica quantistica
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna

Com’è noto, una stella è una sfera di gas in equilibrio idrostatico.
A causa dell’alta temperatura il gas è completamente ionizzato, ovvero gli elettroni sono tutti "strappati" dagli atomi e costituiscono un mare che si compenetra con un analogo mare di nuclei atomici.

In estrema sintesi, l’equilibrio stellare può essere descritto come segue.
Immaginiamo di suddividere idealmente una stella in una serie di gusci sferici concentrici dando luogo ad una struttura a buccia di cipolla.  Fissando l’attenzione su un generico guscio, esso risente della forza di gravità sviluppata dalla massa stellare compresa all’interno del volume delimitato dal guscio stesso. Il guscio allora tende a contrarsi collassando verso il centro.  D’altra parte, a causa delle reazioni nucleari che si sviluppano al centro (dove maggiori sono la temperatura e la densità), il gas sottostante è scaldato a temperature tali da esercitare sul guscio in considerazione una pressione atta a controbilanciare la sua tendenza al collasso.  Pertanto, il guscio rimane stabile e, come lui, anche ogni altro guscio: la stella è dunque in equilibrio idrostatico.
Dopo diversi miliardi di anni, tuttavia, il combustibile nucleare al centro si esaurisce e la produzione di energia cessa. La temperatura diminuisce e la pressione non è più in grado di controbilanciare la gravità.  La stella allora si contrae fino a stabilizzarsi su un raggio molto più piccolo (dell’ordine di 7000 km, cento volte più piccolo di una stella come il Sole): proprio a causa delle sue ridotte dimensioni la stella in questa configurazione viene detta nana bianca (Sirio, la stella più luminosa che appare in cielo, è effettivamente una nana bianca).

L’appellativo bianca deriva dal colore assunto dalla nana.
Un gas che si comprime tende a scaldarsi, com’è facile verificare utilizzando una pompa da bicicletta.  Dunque, al contrarsi della stella, gli strati più esterni di gas - che inizialmente sono gialli o rossi - si scaldano a temperature di qualche decina di migliaia di gradi.
Così come il ferro arroventato passa dal colore rosso a quello bianco man mano che la sua temperatura aumenta, analogamente gli strati di gas superficiali assumono il colore bianco al momento in cui la stella si stabilizza.  Sottolineiamo che la temperatura superficiale è assolutamente trascurabile rispetto a quella centrale.

Ma se le reazioni nucleari all'interno della nana bianca si sono esaurite, da dove si origina la pressione che la stabilizza?
Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo accantonare momentaneamente la fisica stellare e rivolgerci alla meccanica quantistica.
In particolare, dobbiamo considerare il Principio di Indeterminazione di Heisenberg e il Principio di Esclusione di Pauli.

In fisica classica non vi sono ostacoli, in linea di principio, a misurare con grande precisione sia la velocità che la posizione di un oggetto in movimento.  Se però l’oggetto è dato da una particella elementare leggerissima, ad esempio un elettrone, questo assunto non è più valido.   In effetti, per osservare con precisione la sua posizione, dobbiamo illuminarlo con radiazione relativamente intensa "per vederci meglio".
Tuttavia, i fotoni, al momento dell’interazione con l’elettrone, ne alterano la velocità originaria, che quindi viene conosciuta con scarsa precisione.  Se invece illuminiamo l’elettrone con fotoni meno energetici per perturbarne la velocità in misura minore, lo "vedremo peggio" e la sua posizione sarà nota con minor precisione.  Dunque, quanto migliore sarà la conoscenza della posizione di un elettrone, tanto peggiore sarà la conoscenza della sua velocità, e viceversa.   Pertanto in meccanica quantistica non ha senso associare ad un elettrone una posizione precisa, ma piuttosto un piccolo "volumetto" all’interno del quale è altamente probabile trovarlo.  Se due elettroni sono così vicini da "sovrapporre" i rispettivi volumetti, avranno, per la meccanica quantistica, la stessa posizione.
Questo risultato, lo ricordiamo, è un effetto tipicamente quantistico in quanto, in fisica classica, è sempre possibile associare a due elettroni puntiformi diversi posizioni diverse, per quanto vicini essi possano essere.

Veniamo ora al Principio di Esclusione, che stabilisce che due elettroni non possono avere contemporaneamente uguali le seguenti quantità: massa, velocità, spin, posizione.  Lo spin è una misura della velocità di rotazione dell’elettrone su sé stesso e vale, in opportune unità, + 0,5 o - 0,5; in altre parole l’elettrone si comporta come una piccola trottola che ruota ad una velocità fissa in senso orario o antiorario.  Se due elettroni con lo stesso spin sono talmente vicini da avere la stessa posizione (per il Principio di Indeterminazione) allora, per il Principio di Esclusione, devono avere velocità diverse, dal momento che anche la loro massa, ovviamente, è uguale.

Siamo ora finalmente in grado di rispondere alla domanda che ci siamo posti più sopra riguardo alle nane bianche.
A seguito della continua contrazione della stella dovuta all’esaurirsi delle reazioni nucleari, la densità centrale sale al punto che diversi elettroni vengono a trovarsi nella stessa posizione.  Essi devono pertanto distinguersi per la loro velocità.   Tanto maggiore è il numero di elettroni che si vanno ad aggiungere nella stessa posizione, tanto più alti sono i valori di velocità che "gli ultimi arrivati" devono acquisire, dal momento che i valori più bassi sono già stati assunti dagli elettroni che si sono addensati in precedenza.
E' facile capire che la pressione del gas di elettroni cresce al crescere della velocità con cui tali elettroni sciamano, ovvero all’aumentare della loro densità.   Quando la densità sale sufficientemente (~107 g/cm3, 10 milioni di volte più alta di quella dell’acqua che, ricordiamo, è pari a 1 g/cm3), la pressione elettronica è in grado di contrastare la gravità e la stella si assesta diventando una nana bianca.

Accenniamo infine al fatto che, se una stella ha una massa superiore alla così detta massa di Chandrasekhar (pari a 1,4 masse solari), la gravità è così alta che la pressione elettronica, per quanto elevata, non arriva a contrastarla.
La densità cresce sempre più e con essa la velocità degli elettroni che giunge ad essere paragonabile a quella della luce.  Gli elettroni, allora, urtano così violentemente con i protoni da fondersi con essi e dare luogo a neutroni.  La stella, in effetti, si trasforma in un enorme aggregato di neutroni e viene detta, appunto, stella di neutroni.
Per questo "mare" di neutroni valgono le stesse considerazioni sviluppate più sopra per gli elettroni.  Dunque, ad un certo punto la pressione dei neutroni diventerà così alta da pareggiare la gravità. Questo avviene a densità cento milioni di volte più alte di quelle di una nana bianca (1015 g/cm3), e la stella di neutroni si stabilizza a raggi di una decina di chilometri.
Alcune stelle di neutroni hanno sulla loro superficie una zona attiva in cui viene prodotta radiazione. In favorevoli condizioni di allineamento, questa zona diventa osservabile dalla Terra ad ogni giro che la stella compie su sé stessa, come accade con un faro.  A causa del carattere pulsato della loro radiazione, queste stelle di neutroni vengono anche dette pulsar (dalla contrazione delle parole inglesi pulsating star).

 


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