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Le distanze dei pianeti
Claudio
Elidoro
Proviamo a vedere più da vicino
alcune delle espressioni che via via hanno voluto
offrire la chiave della successione delle distanze planetarie. Ben lungi dal
pretendere di esaurire l'argomento (a chi è interessato si consiglia
vivamente il libro di Michael Martin Nieto) e
rimandando ad altra occasione una riflessione sul possibile significato
fisico della relazione, ci limiteremo a segnalare un paio di tappe del
graduale modificarsi della legge. Il logico punto di partenza deve comunque
essere la relazione di Titius e Bode.
Esprimendola in forma matematica, dopo un minimo aggiustamento che non ci fa
maneggiare numeri troppo grandi e dà un significato concreto alle distanze
ottenute, otteniamo la familiare progressione riportata in ogni manuale di
astronomia dn
= 0,4 + 0,3 · 2n con n = – ∞ , 0, 1,
2, 3, 4, …. (1) in cui il termine dn indica la distanza media in ua
dell’orbita del pianeta n-simo e i valori da
assegnare ad n identificano l'ordine delle distanze dal Sole. La regola, tutto
sommato, funzionava, ma dal punto di vista matematico suscitava più d'una
riserva. Quell'indice infinito e la conseguente possibilità di infiniti
indici negativi prima dello zero non deponevano certo a suo favore. Furono
proprio queste riserve matematiche unite alla necessità di trovare una
corrispondenza più stretta ai dati reali che animarono i numerosi tentativi
di revisione della successione. Doveroso a tal proposito segnalare la
formulazione proposta nel 1880 dal francese Louis Gaussin,
che non solo riuscì a eliminare il fastidioso indice infinito ma fu il primo
che aprì la strada a progressioni geometriche con ragione diversa da 2. Per Gaussin le distanze planetarie obbedivano a una legge del
tipo dn
= 0,2099 · 1,7226n con n = 1, 2, 3, 4, …. (2) Sulla stessa linea si
collocano le proposte di Giuseppe Armellini
(1887-1958), che dedicò notevole attenzione all'argomento. Nel 1918 presentò
una prima formulazione ancora più semplice di quella di Gaussin dn
= 1,53n con n = – 2, – 1; 0; 1;
.....; 9 (3) nella quale, però, persistevano
ancora due anomali indici negativi. L’intento di eliminare quei due indici
portò Armellini, nel 1921, a modificare la sua
legge giungendo a una nuova formulazione dn
= 0,2792 · 1,53n con n = 1; 2; .....; 11 (4) In essa si rimediava a
una anomalia, ma ne spuntava un'altra: le lacune attribuibili alla posizione
dei pianetini, infatti, diventavano due (indici 5 e 6) e appariva
un'ulteriore lacuna per n = 9, vale a dire tra Saturno e Urano. Non si riducono certo
solamente alle due segnalate le nuove formulazioni della legge di Titius e Bode; nel corso dei
decenni ne vennero infatti proposte molte altre (tra le più note, ci basti
ricordare quelle di Mary Adela Blagg
e di D. E. Richardson). Non ne diamo conto, ma il loro numero è un chiaro
segno che l’interesse verso la possibile regolarità nascosta nelle distanze
planetarie non è mai cessato. È necessario
sottolineare, però, che le ultime formulazioni della legge si sono
indirizzate verso progressioni esponenziali; una preferenza dovuta al fatto
che una simile formulazione potrebbe più facilmente essere collegata a una
base fisica. Vi è stato anche chi, partendo da alcune ipotesi di base e dalla
legge gravitazionale di Newton, è riuscito a dedurre una legge esponenziale,
ma i risultati sono piuttosto controversi. In tempi molto più
recenti, per la loro analisi del sistema planetario di 55 Cancri, Arcadio Poveda e Patricia Lara
sono partiti proprio da una formulazione esponenziale della legge di Titius-Bode: dn = 0,1912 e 0,5594 n con n = 2, 3, 4,… (5) Notiamo per inciso che
l'indice iniziale proposto dagli autori si riferisce a Venere, ma l'impiego
del valore n = 1 fornisce una distanza tutto sommato accettabile anche per
Mercurio. Il passo successivo dei due astronomi è stato quello di ottenere
una relazione analoga alla (5) in grado di adattarsi ai dati del sistema di
55 Cancri. Hanno così ottenuto dn = 0,0142 e 0,9975 n con n = 1; 2; 3;… (6) una relazione in grado di descrivere
egregiamente le distanze dei cinque pianeti del sistema e, forse, anche di
suggerire che le lacune corrispondenti ai due valori 5 e 7 possano essere
occupate da oggetti ancora da scoprire. Per concludere questa
carrellata sulla legge delle distanze planetarie, anche per dare un'idea
immediata della precisione e dei problemi delle varie formulazioni, proviamo
a fissare alcuni dati numerici in un'unica tabella (Tab. 1):
Tab. 1. Lasciando le
considerazioni conclusive al lettore, ci limitiamo a un paio di rapide
osservazioni. La prima riguarda Plutone (da qualche anno declassato a pianeta
nano) e la popolazione dei Kuiper Belt Object: davvero complicato
che, come è avvenuto per i pianetini, una formulazione della legge riesca a
renderne conto. La seconda è che, nonostante le numerose critiche, il
tentativo di trovare un analogo della legge di Titius-Bode
anche per i sistemi extrasolari non è da buttare. Soprattutto di questi
tempi, con il loro numero che cresce sempre più. |