COSMOLOGIA-PERCORSI DIDATTICI

Introduzione

Per gran parte della storia dell'umanità la Cosmologia è stata intesa come una teoria, basata sulle osservazioni, che si proponeva di spiegare le proprietà generali di tutto l'Universo conosciuto. Per molti secoli si è cercato, pur avendo a disposizione dati sommari e frammentari, di inquadrarli in un unico riferimento filosofico, fisico ed anche religioso. Si trattava quindi di un progetto molto ambizioso, data la scarsità dei dati disponibili e le conseguenti difficoltà interpretative, ma che rappresentava pur sempre una vera e propria sfida per l'animo e la mente umana.
Fu necessario però giungere alla fine del XIXesimo secolo perché lo schema interpretativo, da frammentario quale era, risultasse sempre più completo così da permettere la definizione di una teoria cosmologica vera e propria.
L'Universo nel suo insieme è contenuto in sé stesso e tutte le sue proprietà devono essere descritte in modo autoconsistente. Bisogna quindi formulare una teoria globale in cui la spiegazione di ogni dato osservato sia "obbligatoriamente" ricavabile dal suo contesto, senza far riferimento ad ipotesi aggiuntive che ne snaturino la semplicità e completezza. Oggi si intende per Cosmologia la scienza che vuole trattare dell'Universo come un tutto unico, retto da leggi di tipo fisico-matematico. È proprio lo "strumento" fisico-matematico che permette di inquadrare in uno schema unico la descrizione dell'Universo conosciuto.

Cenni storici

La Cosmologia Moderna viene pertanto fatta risalire alla memoria Kosmologische Betrachtungen presentata da A. Einstein nel 1917 alla Accademia Prussiana delle Scienze ed alle osservazioni di E. Hubble del 1924 sulla recessione delle galassie.
La Cosmologia si è andata svincolando da un substrato filosofico e religioso approdando alle più tranquille ma non meno complesse, spiagge della fisica e della matematica.
Le leggi della fisica hanno un valore universale ? Non è facile costruire uno schema teorico entro il quale collocare le osservazioni relative a quanto si osserva nell'Universo. Esistono non solo difficoltà tecniche, inerenti alla raccolta ed interpretazione dei dati astronomici, ma anche concettuali. Studiando un sistema così grande come l'intero Universo, che si estende nello spazio per migliaia di megaparsec e nel tempo per miliardi di anni, ha senso applicare le leggi della fisica verificate nei laboratori terrestri ? Il fisico P.A. Dirac ha dimostrato che se si variassero anche di poco i valori di alcune costanti universali (come la carica o la massa dell'elettrone, la costante di gravitazione, la costante di Planck, la velocità della luce) cambierebbero le principali osservabili fisiche, ad esempio le lunghezze d'onda della luce emessa dagli atomi, e quindi l'Universo ci apparirebbe non solo diverso da come attualmente appare ma difficilmente comprensibile !
È fondamentale perciò assumere, in base ad un criterio di semplicità, che le stesse leggi fisiche che valgono oggi localmente (ad esempio nel Sistema Solare) siano applicabili all'Universo nella sua evoluzione passata, presente e futura.

La scala delle distanze

Fondamento della Cosmologia è il calcolo delle distanze dei corpi celesti dalla Terra. Solo rendendosi conto delle enormi distanze (rispetto a quelle terrestri) tra i pianeti del Sistema Solare e tra le stelle più vicine ed il Sole, fu possibile individuare la collocazione del nostro così peculiare punto di osservazione, la Terra, nell'Universo.







I principali metodi per la misura delle distanze dei corpi celesti si suddividono in due grandi categorie:

  1. i metodi trigonometrici che misurano le distanze delle stelle "vicine" (sino a distanze al più di qualche centinaio di anni luce)
  2. ed i metodi delle "candele campione" che ricercano, con l'ausilio dei principi base dell'Astrofisica dei candidati a luminosità intrinseca ben definita da utilizzare per risalire alla distanza dei corpi celesti nei quali essi vengono osservati.

Metodi Trigonometrici
Tali metodi permettono di misurare le distanze sulla Terra e da questi si ricavano dalle misure delle dimensioni e della forma della Terra. Passando ai più vicini corpi celesti, la Luna il Sole ed i pianeti si utilizzano:

Le candele "campione".
Per la misura delle distanze delle Galassie vicine alla Via Lattea si ricorre al metodo dei calibratori di distanza che si basano sulla distinzione tra luminosità assoluta ed apparente e sulla definizione del modulo di distanza.

Altri metodi
Sono utilizzati anche altri metodi legati alla teoria dell'Evoluzione Stellare ed a particolari effetti risalenti a fenomeni fisici ben noti in Astrofisica. Queste ulteriori stime di distanza sono meno importanti delle precedenti e servono solo ad ulteriore conferma dei metodi già delineati oppure si ricorre ad essi proprio quando non si ha a disposizioni nessun'altra possibilità.

L'espansione dell'Universo

In seguito ai lavori di Hubble e Baade si riuscì non solo a stimare la distanze delle galassie più vicine, ma anche, in base alla misura dei diametri apparenti, a stabilirne le dimensioni. Ne risultò che la nostra Galassia non appariva affatto privilegiata rispetto alle galassie esterne; anzi tra le galassie a spirale se ne trovarono alcune di dimensioni ben maggiori della Via Lattea.

La cosa però che stupì profondamente il mondo astronomico fu la scoperta, fatta da Hubble, studiando spettroscopicamente le righe spettrali di assorbimento delle galassie lontane, che queste mostravano degli spostamenti sistematici verso il rosso. Questo dato osservativo venne interpretato in termini di effetto Doppler da cui si trasse la conclusione che, in media, più una galassia è lontana (distanza) più velocemente si allontana (velocità radiale).

Crollava in questo modo l'idea di un Universo statico ed immutabile e si faceva strada quella di un Universo dinamico ed in continua evoluzione

Dalla relazione tra velocità radiale e distanza si comprende facilmente che in passato la distanza tra le galassie era minore. È quindi lecito ipotizzare che, legata all'espansione dell'Universo, sia associata una qualche scala temporale connessa con la sua età. Più guardiamo "lontano" più abbiamo la possibilità di osservare galassie sempre più giovani (rispetto ad un ipotetico istante di inizio dell'Universo stesso). Infatti essendo la velocità della luce, per quanto grande, finita e costante (300.000 km/s) possiamo affermare che : data una galassia distante da noi, ad esempio, 100 milioni di anni luce ciò significa che noi oggi ne riceviamo la luce partita 100 milioni di anni fa .

Legge di Hubble

L'espansione dell'Universo è rappresentata in termini matematici dalla legge di Hubble:

Vr = c· z = H· d,

dove Vr è la velocità (radiale) di allontanamento, z lo spostamento verso il rosso, d la distanza della galassia e c la velocità della luce.

Essenziale per la Cosmologia Moderna è la costante di Hubble H che esprime la relazione di proporzionalità tra velocità radiale e distanza.

La costante di proporzionalità H, è nota come costante di Hubble ed il suo valore è compreso tra 50 e 100 km/(sec· Mpc). Il valore attualmente in uso è 75 km/(sec· Mpc), determinato dalle osservazioni di circa 300 galassie con z<0.03, di cui si determina la distanza con altri metodi.

Per effetto del moto di recessione, collegato allo spostamento sistematico verso il rosso delle righe spettrali delle galassie "lontane", ecco che è possibile dare una stima approssimata della distanza relativa di una galassia. Non è difficile notare che grandi valori di z corrispondono ad epoche più antiche quando l'Universo era più piccolo e più denso. In particolare si può affermare che dato un qualsiasi z l'Universo si è da allora espanso di un fattore (1 + z).

L'Universo risulta quindi avere dimensioni enormi e le distanze si misurano in milioni e miliardi di anni luce. Uno degli oggetti più lontani è un quasar, che è una forte sorgente radio, dalla cui misura dello spostamento verso il rosso si ricava una distanza di 2900 Mpc circa 9 miliardi e mezzo di anni luce !

L'età dell'Universo

Si può facilmente notare che l'inverso della costante di Hubble (1/H) indica approssimativamente il tempo che una galassia ha impiegato per arrivare ad una distanza d, cioè fornisce una stima dell'età dell'Universo. A seconda del valore della costante di Hubble (misurato da diversi autori con tecniche differenti) si ottiene una differente età. La determinazione dell'età dipende quindi dal valore di H e risulta piuttosto imprecisa in quanto difficile è la misura della distanza d delle galassie lontane in modo indipendente dal red-shift.

Valore di H Anno Autore Età dell'Universo=1/H
(km/sec)/Mpc) ---- ---- miliardi di anni
530 1929 Hubble 1.845
75 1958 Sandage 13.04
50 1974 Sandage & Tammann 19.56
100 ---- De Vaucoulers 9.78
63.1 1996 Hamuy 14.77
56 1997 Sandage & Tamman 17.5
55-75 1997 Freedman 17.8-13.0

Come si può vedere anche le misure più recenti, che utilizzano le osservazioni fatte con il telescopio spaziale HST, quelle posteriori al 1995-96, lasciano ancora un ampio margine d'incertezza sul valore di H e sulla età dell'Universo. Aggiungiamo, per avere un limite all'età dell'Universo le stime dell'età ricavate, da vari autori, di alcuni ammassi globulari.

Età Ammassi Globulari Autore
Miliardi di anni ----
15.8 Bolte & Hogan (1995)
11 o 21 Chaboyer (1995)
da 12 a 18 Vanden Berg, Bolte & Stetson (1996)

La radiazione cosmica di fondo

Nel 1965 due fisici americani A. Penzias e R. Wilson dei Bell Laboratories stavano provando un rilevatore alle microonde molto sensibile per lo studio dei disturbi alle comunicazioni radio. Essi si accorsero che il loro strumento raccoglieva una quantità di "rumore" che era lo stesso in qualunque direzione puntassero lo strumento. Era sempre uguale giorno e notte e non cambiava nel corso dell'anno. Questo significava che non dipendeva né dal moto di rotazione della Terra attorno al proprio asse né da quello di rivoluzione attorno al Sole.

Doveva quindi avere origine al di fuori del Sistema Solare e persino al di fuori della nostra Galassia !

Nel frattempo B. Dicke e J. Peebles alla Princeton University (seguendo una idea di G. Gamov) sostennero che se l'Universo era, alla sua origine, estremamente caldo dovremmo ora vedere il relitto della radiazione primeva. Essi fornirono anche il valore della temperatura a cui, causa la espansione dell'Universo, tale radiazione si sarebbe oggi trovata : a 2.75 ° K (gradi Kelvin) cioè appena sopra lo zero assoluto. Inoltre previdero che doveva osservarsi proprio alla lunghezza di onda delle microonde e presentare, nella banda ottica dello spettro elettromagnetico, una distribuzione analoga allo spettro di un corpo nero a bassissima temperatura.

Si trattava del "rumore" osservato da Penzias e Wilson.

Sulla base dell'osservazione della radiazione cosmica di fondo si può quindi ragionevolmente affermare che l'Universo era "nato" molto caldo (Big Bang) e poi si era progressivamente raffreddato sino a raggiungere "oggi" una temperatura di 2.75 ° Kelvin e che, data la sua estrema isotropia, le ipotesi di isotropia ed omogeneità (vedi il Principio Cosmologico) erano certamente valide almeno fino al momento del disaccoppiamento tra radiazione e materia.

La sintesi degli elementi "leggeri" primordiali

In un intervallo di tempo variabile tra 1 sec < t Univ. < 3 minuti dall'inizio del Big Bang. la densità e la temperatura si riducono (un gas in espansione si raffredda, mentre se compresso si scalda, come è facile verificare quando si gonfia la ruota di una bicicletta con una pompa manuale), e, per T< 1010 ° K, la quantità di barioni rimane "congelata" (se si esclude il lento decadimento spontaneo dei neutroni). Questo avviene dopo circa 30 secondi dal Big Bang e l'Universo ha dimensioni paragonabili all'anno luce.

Dopo 100 secondi diventano efficaci le reazioni nucleari. Protoni e neutroni "fondono" tra loro dando luogo al Deuterio (un isotopo dell'Idrogeno composto da un protone e un neutrone, e il cui simbolo è 2H per indicare appunto la presenza di due particelle), l'Elio 4He (composto da due protoni e due neutroni), l'Elio 3He (un isotopo dell'Elio con due protoni ed un solo neutrone) e il 7Li (un isotopo del Litio con quattro neutroni e tre protoni). A questo punto la trasmutazione degli elementi termina e i barioni presentano un'abbondanza in massa di circa il 77 % d'Idrogeno ed il 23 % di Elio.

A questo punto la materia, comprende quasi totalmente gli elementi leggeri Idrogeno (77%) ed Elio (23 %). Del Litio ci sono solo tracce mentre tutti gli elementi pesanti (indicati come "metalli" dagli astrofisici) sono assenti; infatti essi verranno prodotti molto tempo dopo tramite le reazioni nucleari all'interno delle stelle. Non c'è tempo per produrre i "metalli" dal momento che l'espansione riduce in fretta la densità e la temperatura sotto la soglia critica per l'innesco delle reazioni nucleari.

Dalle attuali osservazioni delle abbondanze degli elementi leggeri nel gas interstellare ed intergalattico è possibile risalire a quelle originarie che risultano effettivamente quelle previste dalla teoria del Big Bang e rappresentano una delle conferme più importanti di tale teoria.

Le Supernovae di Tipo Ia nelle galassie lontane

Le supernovae di tipo I sono degli ottimi indicatori di distanza in quanto raggiungono al loro massimo di luminosità tutte la stessa magnitudine assoluta.

Nella prima immagine viene mostrata un supernova a red-shift z=0.51 (corrispondente ad una distanza di 10 milioni di anni luce). La galassia ospite è chiaramente visibile sullo sfondo della supernova che ha raggiunto il massimo del suo splendore il 13 marzo del 1997, dopo di che la sua luminosità apparente è diminuita.

Nella seconda immagine un'altra supernova è stata osservata praticamente allo stesso momento ma la galassia ospite è scarsamente visibile poiché si tratta, probabilmente, di una galassia a bassa luminosità superficiale. Quest'altra supernova ha un red-shift z=0.40 pari ad una distanza di 6 milioni di anni luce ed il massimo del suo splendore raggiunto il 16 marzo del 1997.

Utilizzando le supernovae di tipo I è possibile ricavare direttamente la loro distanza nota la loro luminosità apparente avendo una precisa stima dell'andamento della loro luminosità assoluta. La distanza così determinata può essere confrontata, noto il red-shift z delle galassie sottostanti, con quella ricavata dal "flusso di Hubble" in base alla ben nota legge di Hubble. Ne risulta, in base al confronto tra queste distanze, che le supernovae sono troppo lontane se paragonate alla stima ricavabile in base al "flusso di Hubble". Non rimane quindi che ammettere la possibilità che l'Universo sia "oggi" arrivato, nella sua espansione a partire dal Big Bang, più lontano di quanto non ci si aspetti con una espansione costante; questo significa ammettere una espansione accelerata !

Queste osservazioni appaiono quindi in accordo con un modello di un Universo in cui il ritmo di espansione non rimane costante nel tempo. La possibilità di un espansione accelerata dell'Universo è certamente in accordo con i modelli cosmologici di Eddington-Lemaitre che prendono in considerazione l'effetto della Costante Cosmologica!