Biblioteca del Dipartimento
di Astronomia
Università di Bologna
Siamo ciò che leggiamo: non c'è infatti metodo migliore, per comprendere uno studioso, che accostarsi alla sua biblioteca ideale, alle letture che lo hanno nutrito formando l'humus sul quale è sorta la sua attività. Nel caso di Manfredi, astronomo del primo Settecento, occorre riferirsi ad una biblioteca che, accanto ad una corposa sezione di testi astronomici, presenti anche sezioni di idraulica, di geografia e di nautica, discipline contigue all'astronomia.
![]() Allegoria del moto circolare. |
5. ARISTOTELES Libri quatuor de coelo et mundo. Lugduni, apud Theobaldum Paganum, 1542. 324 c., ill., 8º. Colloc. D-8º-26 |
Non c'era intellettuale, a tutto il Settecento, che non conoscesse le dottrine
aristoteliche ed il complesso del pensiero del filosofo di Stagira.
In ambito astronomico Aristotele (384-322 a.C.) fa proprio il sistema delle
sfere omocentriche ideato da Eudosso, ipotizzando che le sfere fossero connesse
tra loro mediante i poli di rotazione: quindi i centri delle sfere sono
coincidenti fra loro, ma non lo sono gli assi di rotazione passanti per i
centri. Il moto della sfera più esterna è attribuito alla
volontà divina e le sfere aristoteliche sono in tutto 55.
Sebbene alcuni accenni siano presenti anche nella Metafisica (XII, 8),
Aristotele delinea il suo sistema nel De Caelo, adottando una
concezione del
Mondo come un corpo sferico - dunque perfetto - che come tale è dotato
del perfetto tra i movimenti: quello circolare.
![]() Dal capitolo sulle eclissi, tavola delle inclinazioni. |
6. PTOLEMAEUS, Claudius Almagestum seu magnae constructionis mathematicaeque opus. In Urbe Veneta, Luceantonii Iunta officina, 1528. [6], 143 c., ill., fol. Colloc. D-f-2 |
Almagesto è parola di derivazione mista greco-araba: da al-meghiste, che significa il più grande. Infatti è il libro che compendia il sapere astronomico dei Greci al tempo di Tolomeo (II sec. d.C.), superando il sistema di sfere omocentriche con una serie di epicicli, eccentrici e deferenti, sui quali i corpi celesti ruotavano di moto circolare uniforme intorno ad una Terra immobile al centro dell'Universo. I moti che sono negati alla Terra sono invece attribuiti ai Pianeti; il sistema geocentrico e geostatico imperò nel pensiero occidentale per circa 14 secoli.
L'Almagesto è un libro ben congegnato, che introduce il lettore ai principi della trigonometria piana e sferica, allo studio della dimensione della Terra, della distanza del Sole e della Luna, delle eclissi ed infine ad un catalogo di oltre 1000 stelle. Solo dopo questa introduzione esso affronta la dottrina dei moti planetari, che è la stessa utilizzata da Dante nel Paradiso.
![]() Schema del sistema copernicano. |
7. COPERNICUS, Nicolaus De revolutionibus orbium coelestium, Libri VI. Norimbergae, apud Ioh. Petreium, 1543. (Rist. facsimilare Amsterdam, Roskam's, 1943) [7], 196 c., ill. fol. Colloc. Anastatiche 7 |
Copernico (1473-1543) era consapevole del potenziale innovativo e quasi rivoluzionario del suo sistema, che spiegava tutti i moti apparenti dei pianeti spostando l'origine fissa delle coordinate dal centro della Terra al centro del Sole. Pertanto egli esitò a lungo, nella pubblicazione del suo testo De Revolutionibus orbium coelestium, che aveva già terminato da anni; fu solo grazie all'incoraggiamento del cardinale Schönberg, del suo discepolo Retico e di altri sostenitori che egli si risolse a consegnare il volume alla tipografia, ma era ormai tardi. La prima copia gli giunse tra le mani quando era già vicino a morire, e non poté seguirne la diffusione e le successive fortune. Infatti l'ipotesi copernicana fu ripresa sessant'anni dopo da Keplero e perfezionata, riconoscendo la forma ellittica delle orbite ed i moti disuniformi dei pianeti intorno al Sole.
![]() Il quadrante murale di Tycho Brahe a Uraniborg. |
8. BRAHE, Tycho Astronomiae instauratae mechanica. Noribergae, apud Levinum Hulsium,1602. [54] c., ill., fol. Colloc. DC-f-1 |
Un nobiluomo danese si costruisce su un isolotto una specola dal nome evocativo
di Uraniborg e la munisce di strumenti (sestanti e quadranti murali) di sua
ideazione, che raggiungono un'eccezionale precisione.
E' Tycho Brahe (1546-1601), le cui osservazioni di Marte costituirono la base
sulla quale Keplero costruì le sue leggi.
Tycho non accettò il sistema copernicano, postulando invece che la
Terra fosse
immobile e che attorno le ruotassero la Luna ed il Sole, ed intorno al Sole i
cinque pianeti allora conosciuti.
La Mechanica è l'ultima opera che egli riuscì a
pubblicare (la prima edizione è del 1598) e costituisce una sorta di
testamento spirituale dell'autore, che con essa ci tramanda la sua
autobiografia e la descrizione accurata dei suoi
strumenti. Si possono anche vedere lo stesso Tycho e la moglie, nei costumi
dell'epoca, intenti alle osservazioni.
![]() Schema geometrico della distanza di Marte dal Sole. |
9. KEPLER, Joannes Astronomia nova AITIOLOGHETOS* seu physica coelestis, tradita commentariis de motibus stellae Martis. Pragae, s.t., 1609. [38], 337 p., ill, fol. Colloc. DC-f-4 *In Greco nel testo. |
Nella tormentata esistenza di Keplero (1571-1630), afflitto durante la
giovinezza da malattia, povertà e crisi familiari, il denaro
rivestì sempre un
ruolo decisivo, costringendo lo scienziato dapprima ad accettare il posto di
insegnante di ginnasio a Graz, poi ad abbandonare Praga e l'interessante
eredità scientifica di Tycho Brahe. Infine, anche la vicenda
editoriale
dell'Astronomia Nova è segnata dal movente finanziario.
Keplero aveva dedicato molti anni alle osservazioni del moto di Marte,
effettuando una enorme mole di calcoli che gli consentirono di confutare i
sistemi astronomici del tempo e, specificatamente, il principio che i pianeti
si muovano su orbite circolari con velocità uniforme. Il suo lavoro su
Marte
era già stato completato nel 1606, ma difficoltà di natura
finanziaria ne
ritardarono la stampa fino a quando l'imperatore Rodolfo II non garantì
il suo supporto.
L'edizione dell'Astronomia Nova, con splendide iniziali ed illustrazioni
schematiche decorate con moduli floreali ed allegorici, ebbe una tiratura
limitata e l'imperatore reclamò per sé tutte le copie ma,
poiché il suo
sostegno finanziario di fatto non arrivò, Keplero finì per
mettere in vendita i volumi.
L'opera contiene le prime due leggi di Keplero, quella
sull'ellitticità delle
orbite dei pianeti e quella della conservazione delle aree, che furono accolte
con iniziale diffidenza dalla comunità scientifica, ma contribuirono a
diffondere la fama dell'autore, invitato tra l'altro a far parte dell'Accademia
dei Lincei. A Keplero fu anche offerta la cattedra di Astronomia
all'Università di Bologna, ma egli preferì proseguire le sue
ricerche a Linz.
![]() Macchie lunari. |
10. GALILEI, Galileo Opere. In Bologna, per gli HH. del Dozza, 1655-1656. 2 v., ill., 4º. Colloc. DC-4º-76 |
Che dire di Galileo? Che perfezionò il sistema di lenti (biconcava e
biconvessa)
ideato in Olanda, costruendo il cannocchiale? Che con esso scoprì i
satelliti di
Giove? Che ancor giovane dimostrò l'isocronismo del pendolo?
Pure, nella nostra memoria, il nome del matematico pisano (1564-1642) è
legato
alla sua difesa del sistema eliocentrico ed alla condanna che glie ne
derivò da parte dell'autorità ecclesiastica.
Nel suo Dialogo dei massimi sistemi Galilei
aveva infatti raffrontato, procedendo su basi rigorosamente scientifiche, il
sistema tolemaico e quello copernicano; si noti tra l'altro che l'opera fu
scritta in italiano e non in latino, la lingua ufficiale della scienza,
onde consentirne una più ampia diffusione.
L'eredità galileiana più attuale, che ancor oggi anima la
ricerca in ogni campo
del sapere, è il suo metodo: bandite le idee preconcette e la
credenza nel soprannaturale, la natura va indagata su basi sperimentali.
Galileo non insegnò all'Università di Bologna, che gli preferì un altro scienziato concorrente alla cattedra di Astronomia, Giovanni Antonio Magini, ma la nostra città vanta - sul piano editoriale - il primato della stampa dell'edizione completa delle sue opere; si tratta di un'edizione in due volumi, postuma, comprendente una aggiunta alla teoria galileiana sulla velocità dei gravi cadenti.
![]() La prima pagina dei 'Principia Mathematica'. |
11 NEWTON, Isaac Philosophiae naturalis principia mathematica.Tomus primus. Coloniae Allobrogum, sumptibus Cl. & Ant. Philibert, 1760. XXXII, 548 p., ill., 4º. Colloc. DCC-4º-221 |
Si deve al genio di Newton (1642-1727) l'idea di
utilizzare il calcolo
infinitesimale per misurare le variazioni del moto in intervalli di tempo
infinitamente piccoli. Egli riconobbe così quella
legge di gravitazione universale
che si applica tanto alla caduta dei gravi quanto al moto dei corpi
celesti. Ecco quindi la riprova matematica delle leggi di Keplero, la
spiegazione della precessione degli equinozi e delle maree: il libro in cui
Newton espone la sua teoria è intitolato Principia mathematica.
Newton riconobbe anche la natura delle comete e la loro affinità con i
pianeti, per ciò che riguarda il moto intorno al Sole,
ideando un metodo per la determinazione delle orbite cometarie: ipotesi
queste già avanzate da Gian Domenico Cassini con le sue osservazioni
effettuate a Bologna nella metà del Seicento.