Una breve biografia di Guido Horn d'Arturo

   Guido Horn nacque a Trieste nel 1879 (lo stesso anno di Albert Einstein), da una famiglia ebrea. Dopo la morte del padre, Arturo, crebbe presso il nonno Raffaele Sabato Melli, rabbino della città. La formazione culturale mitteleuropea, gli umori della Trieste di Svevo, austroungarica eppure profondamente italiana, che diede i natali, poco dopo, a Saba, a Slataper, a Stuparich, contribuirono alla definizione della personalità di Guido Horn, che fu un intellettuale dai molteplici interessi, sempre pronto ad aprirsi al nuovo.

   Gli studi di Guido Horn e del fratello Arrigo proseguirono - secondo una prassi comune alla borghesia triestina - a Graz e poi a Vienna, dove Guido si laureò nel 1902 con una tesi sulle orbite cometarie. Anche Vienna, a cavallo tra i due secoli, offriva un ambiente culturale ricco di stimoli, quasi lo specchio di un'Europa in rapido cambiamento; se la pittura scopre la Secessione, il teatro conosce Schnitzler e la musica la rivolta dodecafonica, mentre l'insegnamento freudiano cambia il rapporto tra l'uomo e se stesso.
 
 
   Lo scoppio della prima Guerra Mondiale coglie Horn trentaseienne, avviato ad una brillante carriera accademica, che coraggiosamente abbandona per arruolarsi in artiglieria, sul Carso.

   Combatté sul versante italiano del fronte e, per evitare la condanna a morte per tradimento dell'aquila asburgica, cambiò il suo cognome in D'Arturo, in omaggio al padre. A guerra finita, congedatosi decorato con la croce di guerra, aggiunse quel nome al proprio, divenendo Guido Horn D'Arturo.

A Bologna, dove fu chiamato nel 1921 alla direzione dell'Osservatorio Astronomico universitario ed alla cattedra di astronomia, Horn d'Arturo intraprese le innumerevoli sfide professionali che costellarono la sua carriera.

   Innanzitutto, ci fu nel 1926 la spedizione italiana, guidata dall'astronomo triestino e da Luigi Taffara, che si recò nell'Oltregiuba (la moderna Somalia) per osservare unl'eclisse totale di sole. La missione, che i mezzi dell'epoca rendevano avventurosa, si risolse in un successo. L'esame della corona solare rivelò infatti fenomeni di turbolenza che Horn d'Arturo correttamente seppe interpretare: trent'anni dopo le sue teorie furono confermate dagli studi sulla scintillazione stellare presso il Perkins Observatory.

   Egli inoltre risanò l'osservatorio rinnovandone l'apparato strumentale: grazie alla donazione di un appezzamento di terreno presso Loiano - a 36 Km da Bologna in direzione di Firenze - Horn d'Arturo poté costruire la moderna stazione osservativa extraurbana dell'Osservatorio, lontano dall'orizzonte edificato e dall'inquinamento luminoso della città. Il telescopio di cui si dotò, un riflettore Zeiss da 60 cm, fu ai suoi tempi il secondo d'Italia e con esso fu intrapresa una vasta campagna di osservazioni. Oggi ad esso si è affiancato un telescopio da 152 cm: entrambi sono visitabili ed aperti al pubblico. La realizzazione di una grande superficie riflettente non mediante fusione, ma per mezzo di un mosaico di elementi esagonali, occupò Guido Horn d'Arturo per oltre trent'anni. Il progetto, nato nel 1932, diede vita ad un primo strumento, poi successivamente potenziato e migliorato fino a raggiungere 180 cm di diametro e 10,40 m di lunghezza focale, posizionato nella Torre della Specola. L'idea di Horn d'Arturo si ritrova in almeno due moderni strumenti: il Multi Mirror Telescope dell'Arizona e il Telescopio Keck delle Hawaii.

   L'avventura bolognese si interromperà per per sette lunghi anni quando, ormai sessantenne, la follia razzista lo caccerà dal suo Osservatorio, fino a quando, nel dopoguerra, fu fortunatamente reintegrato nel suo incarico e nella sua casa, all'interno dell'Osservatorio stesso.

   Un'altra impresa di notevole proporzioni, che Horn d'Arturo ebbe molto a cuore, fu la rivista Coelum, fondata nel 1931 e da lui diretta fino alla sua morte, nel 1967. Coelum fu poi pubblicata fino al 1986. Fu la prima rivista in Italia a proporre la divulgazione dell'astronomia, sempre ad livello molto alto: alla rivista collaborarono i maggiori astronomi dell'epoca, quali Livio Gratton, Giovan Battista Lacchini, Piero Tempesti, Paolo Maffei e molti altri, ma pubblicò anche numerosi contributi di astrofili.

   La rivista, che pubblicava ogni anno un Almanacco astronomico, si mantenne sempre senza contributi istituzionali, con il solo sostegno degli abbonamenti e degli inserzionisti.

   Horn d'Arturo inoltre diede vita alla serie delle Pubblicazioni dell'Osservatorio Astronomico Universitario che, inviate in scambio agli Osservatori di tutto il mondo, crearono all'Istituto una fitta rete di relazioni internazionali.

   Guido Horn d'Arturo morì nel 1967, circondato dall'affetto di parenti, allievi ed amici; tra gli altri, si ricorda il pittore Giorgio Morandi, che con lui giocava lunghe partite a scacchi.
 

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