L'applicazione delle leggi razziali in Italia

Ad imitazione delle leggi razziali naziste, anche nell'Italia fascista furono decretati, nel 1938, una serie di provvedimenti che limitavano gravemente i diritti della dignità della minoranza ebraica, che contava a quell'epoca circa 45 mila persone.
Nonostante la loro impopolarità, restarono in vigore anche dopo il 25 luglio 1943, poiche' la caduta del regime fascista non portò alcuna modifica allo stato giuridico degli Ebrei, in quanto le leggi razziali non vennero abrogate dal governo Badoglio costando la vita a circa 8 mila Ebrei italiani: questi furono catturati da fascisti o nazisti, o denunciati da spie, e successivamente deportati nei campi di sterminio, da cui solo qualche centinaio fece ritorno.

Della politica razziale ed antisemita del fascismo si possono individuare due momenti salienti:

1) La politica razziale interna (1939-1943)
2) La persecuzione nazi-fascista (1943-1945)

Il primo atto pubblico fu il "MANIFESTO DELLA RAZZA", pubblicato il 14 luglio del 1938; il punto 9 stabiliva che "gli Ebrei non appartengono alla razza italiana". Segui' la prima legge antisemita che espulse tutti gli Ebrei (sia alunni che insegnanti) dalle scuole di ogni ordine e grado (R.D.L. 5 settembre 1938 n.1390).
Per questi primi provvedimenti viene considerato di razza ebraica "colui che è nato da genitori di razza ebraica, anche se professa religione diversa da quella ebraica dei genitori.

Con la "CARTA DELLA RAZZA", in data 6 ottobre 1938, in sintesi si stabilisce che:

A) e' di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi Ebrei;

B) e' considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalita' straniera;

C) e' considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da matrimonio misto, professa religione ebraica;

D) non e' considerato di razza ebraica colui che e' nato da matrimonio misto, qualora professi altra religione all'infuori dell'ebraica.
Alla data del 1 ottobre XVI (1938) con la legislazione, si arriva alla proibizione dei matrimoni misti, vengono espulsi gli Ebrei dalle forze armate, dalle industrie, dai commerci,dalle professioni, dagli enti pubblici. Si pone un limite alle proprietà im mobiliari, si diminuisce la capacità nel campo testamentario, in materia di patria potestà, di adozione, di tutela, di affiliazione. Viene vietato qualsiasi tipo di la voro e addirittura, il 6 maggio del 1942 viene decisa la "PRECETTAZIONE CIVILE A SCOPO DI LAVORO". La burocrazia molto precisa e puntuale, infatti, aggiornando i dati del censimento, verifica, "DISCRIMINA", allontana dalla vita attiva gli Ebrei, che vengono completamente emarginati e trattati senza alcun ritegno e rispetto per la stessa vita umana.

Il manifesto programmatico della R.S.I. del 17 novembre 1943 al punto 7 stabilisce: "Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalita' nemica".
Al manifesto segue il bando del Duce del 13 dicembre 1943, che ordina a tutti gli ebrei di presentarsi per essere internati nei campi di concentramento. In teoria nei campi sono esclusi gli ultra-settantenni, i malati gravi e i "misti" (i figli nati da matrimonio tra un ebreo e una cattolica o viceversa); invece i Tedeschi deportarono anche i vecchi dagli ospizi e i "misti".
All'atto pratico la R.S.I. si vide costretta non solo a tollerare ed assistere agli arresti indiscriminati, ai massacri, alle deportazioni pra ticate dai Tedeschi in spregio alle sue leggi, ma, in moltissimi casi, a collaborare con essi.

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