EUSTACHIO MANFREDI E L'ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL'ISTITUTO DI BOLOGNA Che significato puo' avere ricordare Eustachio Manfredi a tre secoli dall' istituzione degli Inquieti e soprattutto cosa rimane di lui, che ne fu il fondatore,oggi nell'Accademia delle Scienze di Bologna? A questi interrogativi e ad altri possono in parte rispondere alcune valide pubblicazioni che certamente hanno messo in luce vari aspetti della vita e delle opere di Manfredi, come il suo rapporto con la dottrina newtoniana,il suo essere astronomo,la sua valenza di matematico. Cio' nonostante egli rimane un personaggio difficile da cogliere in tutta la sua complessita', perche' il piu' delle volte viene esaminato sotto prospettive apparentemente distanti. Manfredi letterato,poeta,umanista,filosofo da un lato e contemporaneamente matematico,idraulico e soprattutto astronomo dall'altro. Una sorta di dualismo che potrebbe rappresentare ancora oggi le due "anime" dell'Accademia: l'una,antica,tutta per la matematica e le scienze fisiche, l'altra, piu'recente,per quelle umane. E in un ambito piu' vasto l'eterna contrapposizione di tutto il sapere scientifico. In realta' la particolare e precocissima formazione di Manfredi fu nella prima giovinezzaprevalentemente filosofica e umanistica per poi portarsi in un periodo immediatamente successivo alla matematica e all'astronomia. Questo lo spingera' a fondere in una sintesi globale vari aspetti della sua cultura apparentemente composita,particolarita' questa di grande rilievo per comprendere la novita' della nuova impostazione scientifica che contraddistinse lui e gli Inquieti. Un'interessante testimonianza in questo senso ci viene dal Fantuzzi che spiega come, giovanissimo, egli avesse appreso dalla filosofia insegnatali da celebri maestri una straordinaria abilita' nell'argomentare "una meravigliosa prontezza a spiegar subito e chiarissimamente eziandio le cose difficilissime". Un'abilita' rara che egli riusci' a trasferire nelle spiegazioni di matematica e di astronomia. Mentre dal Bolletti apprendiamo come l'Accademia degli Inquieti ,fondata in casa Manfredi nel 1690,possedesse una nuova maniera di parlare di scienza "semplice e nuda", e che, rifiutando il superfluo, puntava a definire con chiarezza e incisivita'. Si trattava quindi di un'istituzione che aveva tra le sue note distintive piu' salienti una rinata cura e attenzione per il linguaggio,che si differenziava notevolmente da quello cavilloso e obsoleto che distigueva l'ortodossia aristotelica,che ancora costituiva la base portante non solo dello studio bolognese,ma anche di diverse altre universita' europee. L'Accademia arrivera' a distinguersi come il nuovo centro trainante della cultura bolognese dedicandosi progressivamente alle sole scienze fisiche, studiando i nuovi sistemi filosofici quali quelli di Cartesio,Boyle,Leibniz, Newton, e rivalutandone altri nomi come quello galileiano e contemporaneamente innestandovi il vigore di alcune importanti tradizioni e scuole locali come quella del Malpighi. Cosi', studiosi come Valsava, Mordagni, Stancari, Bazzani, Guglielmini, Beccari e naturalmente i fratelli Manfredi, Eustachio e Gabriele. La comprensione dell'importanza di questa istituzione si lega non solo al loro modo nuovo di fare scienza,all'attenzione per la realta' sperimentale e di osservazione, alla verifica dei dati, ma anche al contesto sociale in cui si trovarono ad operare. Problemi alimentari,le epidemie stagionali ,la mortalita' infantile,la difesa del baco da seta(fondamentale per l'industria),nuove tecniche chirurgiche e i gravissimi problemi di acque spiccano tra i tanti argomenti delle sessioni accademiche, che inoltre dedicarono vasta attenzione a nuove specie cerealicole per alleviare le frequenti carestie o aumentare le rese agricole. Lo stesso Manfredi, assieme al fratello Gabriele, si senti' investito piu' volte della qualifica di esperto di acque, studi caratteristici che all'epoca venivano spesso praticati dai migliori matematici e astronomi, come fu nel caso dei famosi Frisi, Cassini e Boskovich. In questo contesto egli fu inviato dl governo pontificio dove si pensava che la situazione fosse particolarmente pericolosa. Dovere che egli assolse con grande dedizione soprattutto dopo che , nel 1705, l'Italia settentrionale aveva assistito a una delle piu' tragiche inondazioni e rotte del Po che la storia ricordi. Il mistero di tanti meccanismi dell'idraulica e delle piene dei fiumi sara' indagato da Manfredi,osservando e studiando specchi d'acqua stagnante per comprendere l'origine e la nascita delle correnti,la loro ragione e velocita'. Se questi studi lo impegnavano intensamente, facendogli correre non pochi rischi per lui costituivano una necessita' contingente da cui cercava di sfuggire quando poteva per dedicarsi alla vera passione della sua vita: l'astronomia. Se di questo argomento sono la stragrande maggioranza delle sue dissertazioni conservate nel nostro archivio e nei commentari, bisogna dire che questa disciplina costitutiva,all'epoca, la base d'appoggio indispensabile su cui ruotavano i nuovi sistemi filosofici da Cartesio a Newton.Dalle nuove dottrine corpuscolari al nuovo linguaggio telematico,studiare l'astronomia costituiva l'imprescindibile elemento di riforma per un nuovo sistema scientifico alternativo a quello aristotelico. Lasciando a chi' e' esperto in questo settore l'esame delle eclissi,delle comete del moto dei pianeti, di questo vasto materiale,mi sembra significativo ricordare solo un'immagine. Nel 1736,a due anni dalla morte e' ,gia da tempo malato di "malattia della pietra",un'affezione allora assai diffusa,Manfredi non rinuncia a recarsi alla Specola per osservare Mercurio in una particolare congiunzione con il Sole; con lui c'erano Eustachi Zanotti e roversi, i quali seguivano il fenomeno con un cannocchiale di Campani da 22 piedi,mentre lui, piu'basso,seguiva gli eventi con uno strumento piu' piccolo; partecipavano alle osservazioni Tommaso Perelli, Francesco Vandelli, e il famoso Algarotti. Nell'entusiasmo che faceva accorrere questi studiosi alla Specola in occasione di un evento straordinario,nel loro modo di lavorare in equipe,nella loro umilta' di fronte alla scienza si comprende meglio di ogni altro il nuovo spirito di ricerca che proprio Manfredi aveva iniziato a soli 16 anni, dando vita agli Inquieti. Quando nel 1906,piu' di due secoli dopo,l'Accademia delle Scienze verra' finalmente completata con la creazione di una nuova Classe di Umanisti dietro le insistenze di personaggi come Giovanni Pascoli,il noto giurista Brini, parlando ad Augusto Righi, ricordera' Manfredi come una delle basi comuni a cui riferirsi per l'utilita' del dialogo tra le scienze e l'unita' del sapere. E cosi' Manfredi diverra' il simbolo dell'antica e di questa "nuova" Accademia e al suo busto gia' collocato nella Sala di Ulisse se ne aggiungera' un altro in quella della Classe di Scienze Morali. MASSIMO ZINI