Brevi cenni di storia dell’astronomia

Fabrizio Bònoli

Dipartimento di Astronomia, Università degli Studi di Bologna

Tratto da: Leggere il Cielo. Lezioni del corso di aggiornamento per insegnanti, Bologna 1999-2000
a cura di F. Bònoli, G. Parmeggiani, M. Zuccoli
Supplemento a: Giornale di Astronomia
volume 26° - n. 1, marzo 2000
 
 

Le prime testimonianze del pensiero umano e dei suo legami con le cose del cielo appaiono molte migliaia di anni or sono: abbondano sepolcri, graffiti e sculture e si riconoscono simboli legati agli oggetti celesti incisi sulle rocce oltre a coscienti orientamenti solari in primitivi tumuli sepolcrali. Si può immaginare, da queste vaghe testimonianze, che l’astronomia sia stata tra le più antiche delle scienze, dal momento che l’attenzione del genere umano venne sicuramente attratta dalla grande scenografia astronomica fin dai tempi più remoti e, primo fra tutti, dal fenomeno più ovvio e appariscente, l’alternanza del giorno e della notte.

Prima dell’invenzione della scrittura, si conoscevano le fasi della Luna, il movimento diurno delle stelle, che presenta le costellazioni ogni notte con uno schema immutabile, la differente posizione in cielo del Sole nel corso dell’anno ed il periodico ritorno delle stagioni. Le prime nozioni di aritmetica aiutarono a "numerare" quegli eventi ricorrenti e le prime nozioni di cosmografia - intesa alla lettera, proprio come "descrizione delle cose del cielo" - nacquero certamente per venire incontro alle necessità pratiche di naviganti, nomadi e agricoltori. Da quei tempi molta strada è stata percorsa e l’astronomia occidentale ha conosciuto le gerarchie della cosmologia di Aristotele e le complicazioni di deferenti ed epicicli di Ipparco e Tolomeo, la descrizione alto-medievale del Cosmo come Casa di Dio e il riaffermarsi di una disciplina, l’astrologia, che pretendeva di comprendere le influenze dei corpi celesti sulle cose dell’Uomo, le critiche neoplatoniche e copernicane alle antiche descrizioni del Mondo e gli ultimi tentativi geocentrici di Tycho Brahe, la "rivoluzione scientifica" con Galilei, Keplero e Newton e le conferme osservative del sistema eliocentrico, l’accurata misurazione del Cosmo ottocentesca e la contemporanea lenta nascita dell’"astronomia fisica", il grande dibattito sulla nostra Galassia e sulle galassie, l’evoluzione dell’Universo e le teorie cosmologiche newtoniane e relativistiche, l’esplorazione dei pianeti e lo sbarco sulla Luna, l’osservazione nelle varie bande dello spettro elettromagnetico ed i satelliti astronomici, per arrivare, ai giorni nostri, ai grandi telescopi a terra e al Telescopio Spaziale, i quali hanno dilatato a dismisura i confini osservati dell’Universo e la comprensione della sua natura e della sua evoluzione.

Con questa premessa è facile, allora, capire come la storia dell’astronomia percorra completamente tutta la storia dell’uomo e del suo pensiero ed è altrettanto facile comprendere come descrivere questa storia in poche pagine sarebbe oltremodo riduttivo. Si rimanda, quindi, alla lettura dei testi consigliati in bibliografia la possibilità di affrontare il quadro complessivo delle vicende astronomiche e di approfondire, a seconda della preparazione e degli interessi personali di ciascuno, diversi argomenti. E’, invece, intenzione di chi scrive utilizzare lo spazio disponibile per cercare di indicare uno più fili conduttori, all’interno della storia dell’astronomia, che possano servire come suggerimenti didattici agli insegnanti delle differenti discipline. Proprio perché l’interesse verso i fenomeni del cielo, come vedremo, è stato in molte epoche strettamente legato a numerose espressioni del pensiero umano, esso si presta ad un utilizzo multidisciplinare più di altre discipline scientifiche, favorendo in tal modo presso gli studenti la comprensione della complessità della nostra cultura attraverso i legami tra le varie discipline ed i vari periodi storici. Legami che, sovente, nella scuola non sono fortemente evidenziati, spesso per motivi dovuti anche ad esigenze di tempo e di programmi, rischiando in tal modo di favorire nello studente una conoscenza delle singole discipline parzialmente, quando non completamente, ristretto alla materia in esame.
 

Gli inizi

Le osservazioni del regolare rivolgersi degli oggetti celesti, intese a definire dei cicli temporali utili alle comuni attività, insieme al tranquillizzante desiderio che le divinità celesti favorissero la consueta regolarità di tali moti, hanno certamente favorito due correnti di pensiero: da una parte, il tentativo razionale di comprendere l’esistenza di leggi naturali e immutabili, dall’altra, il tentativo mistico di collocare nei cieli esseri soprannaturali e onnipotenti che presiedessero a quelle leggi. Nella storia del pensiero umano - e, perché no, ancora oggi - si riconoscono queste due correnti di pensiero, a volte indissolubilmente legate, a volte drammaticamente separate.

Sono queste le idee che devono avere dato inizio ai primi miti e culti stellari, che hanno un posto importante nelle varie religioni primitive. Per quanto si torni indietro nella storia dell’uomo, infatti, si incontrano pensieri e concetti di tipo cosmogonico. In tutte le epoche, in tutte le latitudini e in ogni livello di civilizzazione, l’uomo si è interrogato sulle sue origini, sulla nascita della Terra e dei cieli, sulla comparsa della vita e, evento tristemente ricorrente, sulla sua ineluttabile fine. Essendo gli interessi guidati da qualcosa di più della semplice curiosità, i nostri progenitori tentarono di formulare risposte prima di essere perfino in grado di esprimere correttamente le domande. I legami tra certi fenomeni celesti e terrestri, in particolare tra il ciclo delle stagioni e le diverse altezze del Sole sull’orizzonte e i differenti punti della sua levata furono, così, conosciuti molto presto.

Accanto ai grandi fenomeni periodici, talora ne appaiono in cielo di eccezionali, come eclissi e comete, i quali vennero interpretati come i segni divini di propositi maligni, più spesso che benigni, in quanto interrompevano la quotidiana regolarità. Allo stesso modo il comportamento irregolare di alcuni corpi celesti (i pianeti, gli "astri erranti"), rispetto al ciclico rivolgersi delle stelle, fu trovato misterioso. Così si andava sviluppando un miscuglio di astronomia, astrolatria e religione, la prima spesso al servizio delle altre due.

Prima dell’età dei greci, nelle grandi civiltà di Mesopotamia, Egitto e Cina vedevano la luce cosmologie mitiche, assieme alla divisione del cielo in costellazioni e alla misura del tempo e dei movimenti delle stelle, la quale, nei suoi incerti inizi e per millenni, non ebbe altro ausilio strumentale che l’occhio umano. Allo scopo di misurare il tempo, durante il giorno e durante l’anno, poteva venir usato lo "gnomone", un bastone piantato nel terreno, che consentiva di osservare le variazioni della sua ombra prodotte dal differente percorso del Sole. Allo scopo di osservare le variazioni nell’altezza di stelle o gruppi di stelle ed il moto irregolare dei pianeti, venivano usati strumenti, spesso normali bastoni, forniti di fessure o mirini da usare quali traguardi, che consentissero di eseguire delle semplici triangolazioni per misurare angoli o distanze, utilizzati anche da agrimensori per definire le dimensioni di un campo. Strumenti derivati da questi, con modifiche più o meno sostanziali, rimasero in uso per secoli e scomparvero solo con le invenzioni del cannocchiale e dell’orologio a pendolo. Con essi si realizzarono nel III secolo a.C. i primi cataloghi di stelle e le prime tavole di moti planetari, allo scopo di effettuare delle previsioni astronomiche e di formulare le prime teorie sul "Sistema del Mondo". Con strumenti come questi Ipparco prima e Tolomeo poi, tra il II secolo a.C. e il II d.C., costruirono quell'accurato sistema geometrico e matematico di epiclici e deferenti che, sotto il nome di Sistema tolemaico, fu portato alla perfezione dagli astronomi arabi e, infine, messo in discussione da Copernico.
 

L’eredità delle civiltà mediterranee

La nascita della cultura greca lasciò il primo segno nella storia dell’astronomia occidentale e delle altre scienze naturali. Un nuovo modo di occuparsi della natura inizia, infatti, nel VI secolo a.C., all’interno della cosiddetta "scuola ionica". Scienza e religione furono separate e l’aspetto soprannaturale fu rimosso dalle spiegazioni dei fenomeni. Talete, i suoi discepoli e i suoi successori giunsero a un concetto del mondo dove gli dei giocavano un ruolo secondario. "I primi animali - affermava Anassimandro, con una intuizione decisamente evoluzionista, pur nella sua ingenuità - furono prodotti nell’umidità e furono coperti di un tegumento villoso; col passare del tempo si diffusero sulla Terra. Quando l’involucro si aprì, cambiarono subito il loro modo di vivere; le creature viventi nacquero dall'elemento umido fatto evaporare dal Sole. Dapprima l’uomo somigliava ad un altro animale, cioè ad un pesce". Collegare queste antiche idee all’evoluzionismo di Darwin e sottolineare la critiche che furono mosse allo scienziato britannico in pieno Ottocento, ma non ad Anassimandro oltre 2000 anni prima, e le censure che ancora oggi vengono esercitate sull’evoluzionismo in alcuni paesi può rendere evidente come le condanne di eresia siano sempre presenti, ma fortemente legate alle strutture sociali e culturali in cui vengono espresse e non alle idee che vengono condannate. In altre parole, le idee non sono eretiche in quanto tali, ma lo sono solo in funzione di coloro che le giudicano. Come è noto, gli "infiniti mondi" per i quali venne condannato Giordano Bruno nel 1600 e i moti della Terra poi forzatamente abiurati da Galileo erano gli stessi liberamente descritti da Nicolò Cusano, cardinale, vescovo e legato pontificio, ben due secoli prima!

Contemporaneamente alla fioritura della scuola ionica, nasceva nell’Italia meridionale la scuola di Pitagora. Fondata su una concezione matematica del mondo, reintroduceva concezioni "religiose" nello studio della natura, attribuendo proprietà geometriche mistiche a numeri e figure. Ambedue queste scuole di pensiero diedero vita alle grandi scoperte dell’antichità. In campo astronomico, in particolare, si devono segnalare il riconoscimento della Terra come un corpo celeste isolato nello spazio e perfettamente sferico, la direzione di caduta dei gravi diretta verso il centro della Terra, la teoria delle eclissi, le ingegnose costruzioni geometriche capaci di spiegare il moto apparente dei pianeti sulla sfera celeste, la prima rozza misura delle dimensioni della Terra, della Luna e del Sole e delle relative distanze.

Il comprendere come i primi tentativi razionali di osservazione della natura siano poi stati abbandonati e ripresi, per un breve intervallo, solo alcuni secoli più tardi nella scuola ellenistica, per risorgere a nuova vita dopo il Quattrocento, costituisce, senz’altro, un utile esercizio di studio interdisciplinare, che può uscire dai ristretti limiti della scienza per spaziare nella filosofia, nella religione, nella letteratura, nell’arte e, perché no, anche nell’educazione civica. Può, infatti, suscitare un certo interesse il comprendere come, in molte epoche e non solo lontane, la religione di Stato - meglio, l’ideologia di Stato – ai fini della propria sopravvivenza e autoconservazione, possa aver cercato di esercitare un’opera di oppressione intellettuale del tutto incompatibile con la diffusione e lo sviluppo della cultura, anche mediante la creazione di gruppi privilegiati che fossero i soli depositari delle conoscenze o dei mezzi per diffonderle. Vedi il caso della "casta" degli scribi nell’antico Egitto, il giuramento pitagorico di non diffondere le conoscenze al di fuori della cerchia degli adepti e, in tempi più vicini e con le debite differenze, il modo in cui le informazioni (non solo scientifiche) vengono selezionate e diffuse.

Tornando alle vicende astronomiche, il progredire delle osservazioni e del tentativo di comprenderle all’interno dei sistemi filosofici che si andavano sviluppando – tre soli nomi per tutti: Democrito, Platone, Aristotele - faceva nascere quella descrizione del Cosmo che sarebbe andata sotto il nome di "sistema geocentrico". La gerarchizzazione e la sistematizzazione all’interno del primo reale tentativo di fornire una spiegazione fisica ai fenomeni, eseguito da Aristotele, e le convincenti descrizioni geometriche, in accordo con la realtà osservativa dei tempi, fornite da Ipparco e Tolomeo, finirono per far "considerare conclusa" l’avventura della conoscenza astronomica alle soglie del III secolo d.C.. Tale brillante conclusione, pur nella sua completezza astronomica, fisica e metafisica, lasciò, tuttavia, agli astronomi tre postulati che bloccavano lo sviluppo della scienza celeste.

Primo tra tutti era la concezione geocentrica o, meglio, geostatica,che sosteneva che la Terra, assolutamente immobile, occupava il centro dell’Universo. Secondo postulato era la divisione gerarchica dell’Universo in due mondi: il Cosmo: un mondo di purezza dove nulla poteva mutare, mondo dell’etere, del "cristallino" e del moto circolare, il mondo sublunare: un mondo di impurità e di mutamenti, mondo della Terra, dei quattro elementi e del moto rettilineo. L’ultimo postulato sosteneva che il moto circolare uniforme, o una combinazione di moti di questo tipo, fosse l’unico moto possibile per i corpi celesti.

Tali postulati cosmologici regnarono praticamente inalterati per secoli. Unica eccezione fu il sistema che era stato proposto da Aristarco di Samo nel III secolo a.C.. Costui pose il Sole al centro dell’Universo, sviluppando forse un’antica idea pitagorica dell’esistenza di un fuoco centrale, e attribuì alla Terra un moto di rotazione sul suo asse ed uno di rivoluzione intorno al Sole, ponendo inoltre le stelle a una distanza infinitamente grande da noi. Le opinioni di Aristarco furono immediatamente respinte dai sostenitori delle ipotesi geostatiche. Fra tutti i denigratori di Aristarco, primi furono gli astrologi, che avevano fatto del sistema geocentrico il fondamento delle loro previsioni. Si arriva così al trionfo completo della dottrina di Tolomeo esposta nella Sintassi Matematica, restituita poi dagli arabi al mondo occidentale nel XII secolo, con il nome di Almagesto (cioè al-meghiste, il più grande).

In verità, dubbi sulla realtà fisica di un sistema geocentrico e geostatico rimasero nelle storia del pensiero, pur se come labili tracce, e fu proprio seguendo questi dubbi che Copernico arriverà alla definizione di un sistema come quello di Aristarco.

"Occorrerà anche ricercare se il Mondo si aggiri intorno alla Terra immobile, o se la Terra si muova stando fisso il mondo. Dissero infatti alcuni che noi ci muoviamo a nostra insaputa e il levare e il tramonto degli astri non deve essere prodotto dal movimento del cielo, ma dal nostro. E’ cosa degna d’essere esaminata se vogliamo sapere come sono le cose: se la nostra sede sia immobile oppure velocissima: se Dio conduca in giro noi oppure l’Universo intorno a noi. ... Non sono ancora 1500 anni che i Greci si sono occupati di astronomia. ... Verrà un tempo in cui, a forza di pazienti ricerche, si rivelerà ciò che oggi è nascosto. ... Verrà un tempo nel quale i nostri discendenti saranno sorpresi che noi abbiamo ignorato cose così ovvie". Quante volte sui nostri banchi, faticosamente immersi nel dizionario di latino, abbiamo tradotto Seneca. Perché non ci è mai stato commentato a fondo questo brano delle Naturales Quaestiones? Scritto nel I secolo d.C., con i suoi interrogativi, i suoi desideri di comprendere la realtà delle cose al di là dei postulati ben definiti, la sua consapevolezza della ignoranza dei tempi, le sue previsioni di un sicuro sviluppo della conoscenza, dimostra una impressionante modernità e ben si presta a sviluppare un discorso in grado di avvicinare più discipline.

La forte presenza di significati astronomici nella quotidianità, sia per scopi pratici, come si diceva, sia per scopi mistici e rituali, si può ritrovare in numerose espressioni del pensiero. Anche in questo caso, un utile esercizio di ricerca interdisciplinare può consentire di legare insieme pagine di storia e di letteratura, di arte e di filosofia, utilizzando come filo conduttore proprio i simboli, più o meno espliciti, legati alle cose del cielo.
 

La strada verso la "rivoluzione scientifica"

La cosmologia aristotelica e l’astronomia tolemaica "funzionarono", così, per quattordici secoli, senza variazioni di rilievo attraverso tutto il Medioevo, il quale spesso compare nell’immaginario collettivo come l’epoca dei "secoli bui": niente di più sbagliato!

La storia della scienza medievale è la storia di come è stata disseminata, assimilata, modificata e rinnovata la scienza precedente, sostanzialmente quella greca, nel suo passaggio dall’Impero bizantino (quanti sottolineano come la presenza di Bisanzio in Italia sia durata oltre mezzo millennio?) al mondo islamico e successivamente all’Occidente europeo. Questo fantastico viaggio culturale millenario ripercorre, dapprima, la graduale disintegrazione e trasformazione del mondo romano, le nuove forme di vita sociale ed economica, il trionfo del Cristianesimo, la crescita di un pensiero che, in opposizione al razionalismo ellenistico, portava a distaccarsi dalle cose terrene nell’aspettativa di un mondo spirituale, la diffusione di dottrine ermetiche, che rimasticavano al loro interno elementi di platonismo, pitagorismo e stoicismo, il tentativo di comprendere e spiegare la natura e l’universo attraverso l’intuizione e il misticismo.

Poi, con un fenomeno che per esigenze di periodizzazione storica si suole chiamare "la rinascita dell’anno Mille", inizia il viaggio attraverso i movimenti che hanno portato alla formazione dell’Europa moderna e dei modelli attuali di vita sociale e culturale dell’Occidente. Tutto questo avviene con la riscoperta del mondo antico, principalmente attraverso la mediazione islamica, e con l’elaborazione ed il rinnovamento delle idee di quel mondo. Tutto ciò, nel corso di pochi secoli, porterà al Rinascimento e alla rivoluzione scientifica. L’interpretazione e la grande sintesi del pensiero aristotelico in chiave cristiana, eseguite da Tommaso d’Aquino, favoriscono un atteggiamento razionale verso la comprensione della natura: "rivelazione e ragione procedono dalla stessa fonte e la rivelazione non si oppone alla ragione umana, la quale può, con diverso cammino, giungere alla verità". Inoltre, "questo nostro mondo è connesso in modo necessario ai movimenti del mondo superiore", da cui l’importanza dello studio e della conoscenza delle cose celesti, soprattutto attraverso la lettura che ne viene fatta dall’astrologia. Questa disciplina dalle antiche origini – si parla della Mesopotamia e dell’inizio del primo millennio a.C. – nata dalla commistione di forme di astrolatria, negromanzia e mantica, si riafferma in quest’epoca, grazie anche all’importanza che aveva assunto nel mondo islamico, e, attraverso la matematica, la geometria e la scienza naturale, cerca di spiegare in che modo i mutamenti del cielo causano quelli sulla Terra. La divisione tra coloro che vedono una naturale causalità nei giudizi degli astri e coloro, invece, che pretendono che una maggiore libertà individuale derivi proprio da una migliore conoscenza dei moti dei corpi celesti - "gli astri sollecitano, ma non costringono" - percorre larga parte della storia del pensiero astronomico occidentale. La stessa Divina Commedia ne è un significativo esempio. L’opera di Dante, che peraltro aveva studiato anche astronomia nel suo soggiorno bolognese, si rifà, per la sua concezione dell'Universo, ad Aristotele, attraverso il commento di Tommaso al De Coelo, a Li livrees dou tresor di Brunetto Latini, enciclopedia erudita di modesto livello del secolo precedente, e, soprattutto, alla traduzione di Gerardo di Cremona degli Elementi di Astronomia di al-Farghânî. Negli ultimi anni delle scuole superiori meriterebbe sicuramente molta attenzione, come esempio di collaborazione tra materie scientifiche ed umanistiche, una lettura della Divina Commedia in chiave astronomica, con tutta la astronomia e la astrologia, esplicite e simboliche, che vi si ritrovano, a specchio di una cultura diffusa nella quale la conoscenza del cielo era parte fondamentale.

Il lento declino dell’astrologia – esplicitamente condannata da una bolla di Sisto V nel 1586 - venne poi favorito, sia dallo sviluppo degli studi medici, nei quali la previsione astrologica aveva svolto un ruolo fondamentale, sia dalla crescita delle idee neoplatoniche che concedevano vasta autonomia alle capacità intellettuali dell’uomo, centro dell’Universo. E’ da queste idee e dalla rielaborazione delle antiche cosmologie che viene attuata nel corso del Quattrocento, che fiorisce, all’interno del Rinascimento la cosiddetta "rivoluzione scientifica", della quale la pubblicazione, nel 1543, del De Revolutionibus Orbium Coelestium di Niccolò Copernico potrebbe essere considerato evento paradigmatico. Copernico venne quasi sicuramente stimolato ad una revisione critica di Tolomeo dai suoi studi bolognesi, avvenuti in un ambiente, appunto, neoplatonico, presso l’insegnante di Astronomia, Domenico Maria Novara, che lo aveva iniziato allo studio dell’astronomia e alle osservazioni astronomiche, osservazioni che da tempo mostravano come qualcosa nei vecchi sistemi non funzionasse a dovere. Il Sole venne posto al centro del Cosmo e la Terra fu condotta al rango di pianeta: dei tre postulati che avevano impedito lo sviluppo dell’astronomia, quello geocentrico fu esplicitamente rimosso, ma, nonostante così venisse implicitamente negata anche la dicotomia gerarchica dell’Universo, il principio del moto circolare, ne uscì rafforzato.

Da una parte, il moto della Terra intorno al Sole aveva aperto un nuovo campo di indagine per l’astronomia, grazie al quale Keplero scoprì le leggi che regolano i moti dei pianeti. Dall’altra parte, la cosmologia copernicana era fondamentalmente incompatibile con la fisica aristotelica. Copernico non aveva proposto una nuova fisica e questo creava una situazione nuova e dinamica: tutti coloro che volevano adottare la cosmologia copernicana erano costretti ad abbandonare la fisica aristotelica e a cercare di definirne una nuova, il che spiega anche le difficoltà incontrate dal nuovo sistema nel corso del Cinque e Seicento. Fu Galileo a comprendere la giusta direzione, avviando la costruzione di una nuova fisica, grazie alla quale il lavoro di Copernico veniva ad assumere un significato veramente rivoluzionario.

Soprattutto, nel cosmo copernicano vi è una relazione semplice e armonica tra l’ordine dei pianeti e i loro periodi di rivoluzione: quanto più un pianeta è lontano dal Sole tanto più lentamente percorre la sua orbita in cielo e fu proprio questa "armonia cosmica" che Keplero riuscì ad esprimere nella "terza legge dei moti planetari". Nonostante ciò, la discussione tra i due sistemi, quello geocentrico-geostatico e quello eliocentrico, rimase aperta per lungo tempo e non solo per motivi ideologici o religiosi, ma proprio per una impossibilità di dimostrare la superiorità di un sistema rispetto all’altro, che aveva funzionato per molti secoli consentendo previsioni e poggiandosi su di una fisica che non si riusciva ancora a modificare. Lo stesso Tycho Brahe, il primo astronomo a perfezionare gli strumenti degli antichi e a migliorare di gran lunga la precisione delle osservazioni, preferì optare per un sistema intermedio e, da un punto di vista puramente cinematico, più pratico, che fu poi seguito anche per larga parte del Seicento, con le modifiche introdotte dal gesuita Giovan Battista Riccioli. La Terra veniva considerata immobile al centro dell’Universo con il Sole che le ruotava intorno, mentre Mercurio e Venere ruotavano intorno al Sole. Le orbite di Marte, Giove e Saturno comprendevano, infine, tutti gli altri pianeti, Terra compresa. Venivano un po’ rimescolate le gerarchie, ma l’immobilità della Terra e la uniformità della circolarità dei moti erano ancora salve.
 

Le nuove osservazioni

Incerta è l’origine dell’invenzione del cannocchiale, che probabilmente risale ad ambienti italiani della fine del Cinquecento, mentre è certo il nome di colui, Galileo Galilei, che per primo, tra la fine del 1609 e l’inizio del 1610, comprese la realtà fisica di ciò che stava osservando in cielo.

La Via Lattea fu risolta in milioni di stelle; gli apparvero gli anelli di Saturno – pur se ancora incomprensibili e supposti essere due satelliti - e rari dettagli di quella che credeva essere la superficie di Giove; le misure delle ombre sulla Luna gli permisero di stimare l’altezza dei monti lunari; ma soprattutto osservò le fasi di Venere, impossibili nella descrizione tolemaica del Cosmo. Inoltre, con la scoperta dei satelliti di Giove, dimostrò in modo inequivocabile che non esisteva un unico centro del moto in tutto l’Universo, come sosteneva la fisica aristotelica. Sia che si preferisse la teoria eliocentrica o quella geocentrica, vi era oramai evidenza dell’esistenza di almeno due centri di rivoluzione: la Terra, attorno a cui ruota la Luna, e Giove, attorno a cui ruotano i quattro satelliti, dallo stesso Galilei chiamati "stelle Medicee". Partito da semplici ipotesi cinematiche, il sistema di Copernico stava divenendo una realtà fisica, ma, nel frattempo, stava anche per essere ampiamente superato. L’assioma del moto circolare uniforme era stato abolito, le leggi kepleriane dei moti planetari avevano aperto la via ad una nuova comprensione dei moti apparenti dei pianeti, gli esperimenti di Galileo sulla caduta dei gravi avevano portato alla "legge di inerzia", quelli sulle traiettorie dei proiettili, sviluppati poi da Torricelli e da Cartesio, portarono all’assioma che il moto naturale avviene per linea retta e non è circolare: la fisica aristotelica è costretta a scomparire.

La reazione della Chiesa cattolica fu estremamente dura: impegnata in quel rafforzamento dottrinale contro la riforma protestante che prese il nome di Controriforma, non poteva accettare alcun tipo di ipotesi che mettesse in discussione i testi sacri e le loro tradizionali interpretazioni. La scomunica e la condanna per eresia di Giordano Bruno, la diffida e poi il processo a Galileo, costretto ad abiurare, screditarono le tesi di Copernico, che furono solennemente condannate quasi novant’anni dopo la loro pubblicazione. L’Italia, che era stata la culla delle nuove idee umaniste e rinascimentali ed aveva prodotto ed ospitato generazioni di studiosi, scienziati e uomini di cultura, subisce un arresto nello sviluppo scientifico, particolarmente dell’astronomia e della fisica, che sul suo territorio era invece stato in precedenza molto intenso. Per quasi un secolo gli scienziati faticano ad esprimere, e soprattutto ad insegnare, la nuova fisica e la nuova astronomia nate con Copernico, Keplero e Galileo, sull’onda del rinnovamento quattrocentesco. Una scuola intera di artigiani esperti nella produzione di strumenti scientifici, tra i migliori d’Europa, finisce rapidamente e non riuscirà praticamente più a riprendersi, lasciando così ad altre nazioni il primato. E proprio in altre nazioni, principalmente Francia ed Inghilterra, proseguirà la "rivoluzione scientifica", stimolata anche dall’interesse dei sovrani, impegnati in vaste espansioni coloniali, militari e politiche a favorire la crescita delle conoscenze scientifiche.

E’ questo un ulteriore esempio che si può portare a dimostrazione del fatto che protezionismo intellettuale e pretesa di guida culturale non favoriscono certo lo sviluppo del pensiero e come, quindi, uno studio della storia della scienza separato da quello delle vicende "sociali" nel loro complesso finisca, di conseguenza, per essere estremamente limitato.
 

La nascita dell’astronomia moderna

Simultaneamente e indipendentemente, lo studio della Terra e quello dei corpi celesti stavano procedendo a passi da gigante. Keplero e Galileo ed i loro discepoli e seguaci avevano analizzato e notato fatti senza comprenderne a fondo le cause e senza riuscire ad unificare questi due nuovi campi di indagine, ma erano riusciti, tuttavia, a preparare il terreno per il lavoro di Newton.

Nella ossessiva ricerca di quei piccoli spostamenti apparenti delle stelle sulla volta celeste, che avrebbe dovuto portare alla definitiva comprensione della realtà del sistema del mondo, gli astronomi svilupparono grandemente le loro tecniche d'osservazione. Insieme alla formulazione della legge della Gravitazione universale di Newton, tale sviluppo strumentale – soprattutto l’applicazione del micrometro ai cannocchiali e l’utilizzo del pendolo nella misura del tempo - portò alla nascita di una nuova disciplina: la "meccanica celeste", come venne chiamata da Laplace, consistente nell'applicazione delle leggi della meccanica universale allo studio dei moti e degli equilibri dei corpi celesti, i quali subiscono l'azione di forze di origine gravitazionale. Uno dei maggiori meriti di Newton è, forse, di aver fornito agli astronomi la possibilità di descrivere il Cosmo per mezzo di leggi indipendenti dall'ordine spirituale del mondo. L’ultimo ostacolo al progresso della astronomia era così rimosso! L’Universo non consisteva più di due parti: la stessa legge governava la caduta dei corpi terrestri e i moti dei corpi celesti. Per la prima volta l’astronomia aveva a disposizione uno strumento con il quale poter dedurre dallo stato di un sistema ad un determinato istante il suo stato negli istanti immediatamente successivi. Prima di Newton la scienza dei moti celesti aveva a disposizione solamente delle tavole numeriche legate a modelli geometrici arbitrari ed artificiali oppure a leggi empiriche come quelle di Keplero, in grado di descrivere solo i moti complessivi.

Nel corso del Settecento e della prima metà dell'Ottocento, in tutte le istituzioni astronomiche fiorirono programmi di osservazione il cui scopo era di contribuire alle misure di posizioni di stelle e pianeti. La scoperta dell’esistenza dell’aberrazione annua della luce delle stelle – dovuta alla combinazione del moto della Terra intorno al Sole con la velocità finita della luce - ad opera di Bradley, nel 1727, e subito confermata da Manfredi a Bologna aveva fornito l’evidenza osservativa del sistema eliocentrico. Gli esperimenti effettuati nell’ultimo decennio del Settecento a Bologna da Giovan Battista Guglielmini, sulla deviazione dalla verticale dei gravi in caduta libera, forniscono, invece, la prova fisica della rotazione della Terra intorno al proprio asse. La determinazione, ad opera di Bessel all’inizio dell’Ottocento, della prima parallasse stellare - il piccolo spostamento apparente della posizione di una stella osservata da due punti diversi dell'orbita terrestre - costituì anche il primo significativo passo per conoscere le dimensioni dell'Universo.

Dalla costruzione dei primi grandi telescopi a specchio, alla raffinatezza meccanica dei circoli meridiani, questo programma di "misura del Cosmo" favorisce lo sviluppo di strumenti completamente nuovi e di tecniche di osservazione sempre più accurate. Interi Osservatori vennero costruiti, il cui principale scopo era proprio di "misurare" le posizioni degli astri, realizzando estesi atlanti celesti ed esatte tavole astronomiche. La nascita della nuova tecnica fotografica, nella metà del XIX secolo, favorì i programmi che prevedevano la realizzazione di una mappa dettagliata del cielo e, quindi, di tutto l'Universo conosciuto. Le scoperte dei nuovi pianeti - Urano, ad opera di Herschel nel 1781, e Nettuno, ad opera di Galle e Le Verrier nel 1846 - segnano, soprattutto agli occhi dell'opinione pubblica dei tempi, il clamoroso risultato a cui era in grado di giungere l'astronomia coniugando la tecnica strumentale e osservativa con le leggi della meccanica celeste.

Con la Rivoluzione industriale - iniziata in Inghilterra alla fine del Settecento e ben presto diffusasi in Europa e negli Stati Uniti, durante tutto l’Ottocento – e con il nuovo ordine sociale ed economico che stava sorgendo, le scienze divennero ben presto la base dello sviluppo tecnologico e la nuova borghesia assistette al loro sviluppo, convinta che il progresso tecnico e lo studio della natura fossero necessariamente buoni e benèfici per i propri interessi. Lo sviluppo dell’astronomia dimostrò che l’utilità pratica non era l’unico motivo di interesse nelle scienze: dopo la matematica, fu proprio l’astronomia ad essere considerata come il più ragguardevole campo di ricerca, in quanto scienza preposta allo studio dei meccanismi che governano la natura.
 

Dai primordi dell’astrofisica all’attualità

"Avendo oscurata la mia stanza e praticato un piccolo foro negli scuri della finestra, per lasciar filtrare una quantità conveniente di luce solare, posi il mio prisma in modo da poter vedere rifratta la luce sull’opposta parete. Fu all’inizio un vero piacere il vedere i colori intensi e vividi prodotti da quello." Così come aveva contribuito alla nascita della meccanica celeste, Newton si può considerare, con i suoi esperimenti sulla natura della luce, anche l’iniziatore della "fisica stellare", pur se questa disciplina dovrà attendere almeno un secolo per svilupparsi. Fino all’inizio dell’Ottocento, infatti, l’astronomia si era dedicata quasi interamente alla descrizione dei moti dei corpi celesti e all’indagine sulle cause di questi moti, mentre riguardo alla composizione chimica delle stelle e alle loro condizioni fisiche era costretta ad accontentarsi di semplici supposizioni , essendo ben salda l’idea che sarebbe stato impossibile conoscerle, essendo impossibile "andare fin lì e osservarle da vicino".

Numerosi scienziati, tuttavia, come Angström, Foucault e Stokes si accorsero che una coppia di righe osservate, sin dal 1817, da Fraunhofer nello spettro del Sole - una delle prime applicazioni dello spettrografo - coincidevano in lunghezza d’onda con un’identica coppia di righe osservate in laboratorio nello spettro del sodio. Il piccolo passo che separava dal comprendere che il Sole contiene realmente del sodio fu compiuto immediatamente. Fu poi Kirchhoff a fondare le basi dell’analisi chimica dei corpi mediante la spettroscopia: dopo aver misurato le lunghezze d’onda di migliaia di righe nello spettro solare, egli si accorse che una gran quantità di quelle erano dovute a elementi come l’idrogeno, il sodio, il magnesio e il calcio. Verso la metà dell’Ottocento crebbe l’interesse verso le strutture del Sole, in particolare verso la sua atmosfera esterna, la cromosfera e la corona, visibili solo durante le eclissi totali, e nel 1868 furono ottenuti da Janssen i primi spettri della cromosfera durante un’eclissi. Un nuovo elemento venne prima osservato nello spettro solare, da cui il nome "elio", e solo dopo sulla Terra. Alla fine del secolo, mediante le leggi che descrivono l’emissione della radiazione, espresse da Kirchhoff, Boltzmann e Wien, si ottenne una stima ragionevole della temperatura della superficie solare, circa 6000 gradi kelvin. Dopo numerose ipotesi, anche stravaganti, si riuscì molto lentamente a comprendere l’origine dell’energia emessa dal Sole e la sua relazione con gli altri corpi del Sistema solare, compresi i primi tentativi di dare una spiegazione all’origine della vita e alla sua possibilità di esistenza anche in altri degli "infiniti mondi" preconizzati da Giordano Bruno, tema ancora oggi di grande attualità e oggetto di numerose ricerche. L’applicazione degli studi spettroscopici all’astronomia non furono limitati solo allo studio del Sole, ma anche alle stelle più brillanti, riconoscendovi la presenza di elementi simili a quelli che venivano trovati sul Sole e sulla Terra, e dando origine, così, ai fondamenti della classificazione stellare, strumento che si rivelerà indispensabile per gli studi sull’evoluzione degli oggetti celesti. Fu, così, l’astronomia a dare un sostanziale contributo alla fisica e alla chimica ed i legami tra questi discipline divennero allora sempre più stretti: si può quindi a ragione cominciare a parlare di "astronomia fisica" o "astrofisica".

Anche in questo caso, gli sviluppi dell’astronomia possono contribuire ad uno studio di alcuni capitoli della fisica e della chimica secondo un percorso scolastico originale. L’analisi del cammino storico che aveva favorito quegli sviluppi, mostrando agli studenti le difficoltà che quei ricercatori dovettero risolvere e le domande che le nuove conoscenze presentavano costantemente, può sicuramente consentire una migliore comprensione delle leggi della fisica e della chimica scaturite dalle strettissime relazioni tra queste discipline e l’indagine astronomica.

Come l'aumentata precisione degli strumenti e delle tecniche d'osservazione aveva consentito di iniziare a costruire i primi scalini di quella scala delle distanze che porterà gli astronomi all'osservazione dei più lontani oggetti dell'Universo e all’intuizione, quindi, delle sue dimensioni, così la nuova tecnica spettroscopica consentirà di studiare la struttura fisica e la composizione chimica dei corpi celesti fino alla comprensione della loro natura, della loro evoluzione e dell'evoluzione dell'Universo tutto. Un ruolo importante nei primi passi di questa nuova disciplina venne svolto da astronomi italiani: in particolare Giovan Battista Donati, Lorenzo Respighi, Angelo Secchi, Pietro Tacchini. I loro studi e la Società degli Spettroscopisti Italiani - fondata nel 1871 dagli ultimi due (poi divenuta Società Astronomica Italiana) e le cui Memorie costituiscono la prima rivista al mondo interamente dedicata agli studi astronomici spettroscopici e, quindi, astrofisici - contribuirono a portare l'astronomia italiana ai vertici della ricerca internazionale.

La certezza di poter disporre di tecniche osservative e di ipotesi fisiche per poter finalmente indagare i confini più lontani dell’Universo e comprenderne l’origine e l’evoluzione favorirono, all’inizio del Novecento, un enorme sviluppo dell’astronomia, anche nei confronti dell’immagine che essa finiva per avere agli occhi dei non specialisti. La costruzione dei grandi telescopi riflettori, lo sviluppo della fotografia e delle nuove tecniche elettroniche, la nascita della radioastronomia e le prime osservazioni al di fuori dalla nostra atmosfera consentiranno agli astronomi di proseguire in quell'opera, iniziata dagli antichi filosofi naturali greci, di "salvare i fatti", inquadrando le nuove osservazioni nelle nuove teorie fisiche - da Planck ad Einstein e alle altre successive - e da queste traendo nuovi stimoli per sempre migliori strumenti che consentissero sempre più accurate osservazioni.

L’osservazione degli spettri delle "nebulose" e la loro corretta interpretazione al termine di quello che è passato alla storia come "il grande dibattito" avvenuto agli inizi del Novecento, dimostrò una estensione dell’Universo osservato al di là di ogni limite anche solo immaginabile pochi decenni prima. La scoperta della presenza di uno spostamento verso il rosso nelle righe spettrali delle galassie consentì di misurarne la velocità di allontanamento da noi: proprio come l’abbassamento di tono del fischio di un treno rivela che questo si sta allontanando, così, per lo stesso effetto Doppler, lo "spostamento verso il rosso" delle righe spettrali dimostra che un oggetto celeste si sta allontanando da noi. L’Universo non era più un oggetto immobile, eterno ed immutabile, bensì qualcosa di tremendamente dinamico, e la Terra, che a fatica Aristotele e Tolomeo e la Congregazione dell’Indice avevano cercato di mantenere immobile al centro del Creato e che con altrettanta fatica Copernico, Galileo, Keplero, Newton e tanti altri avevano cercato di rimuovere dal centro del Sistema solare, ora veniva sempre più spostata ai margini di una galassia, la nostra Via Lattea, non particolarmente significativa, né come composizione né come posizione, rispetto alle altre galassie che si vedevano costituire l’Universo osservato. La stessa differenza tra i concetti di "universo osservato", "universo osservabile" e "universo non osservabile", oltre alla possibilità teorica di "altri universi" e alla comprensione che l’osservazione dell’universo lontano ci spostava non solo nello spazio, ma anche nel tempo, introduceva – e non solo tra gli specialisti – una differente concezione dell’uomo e del suo posto nella natura. Benché osservativamente, e anche razionalmente, oramai da un paio di secoli si rifuggisse sempre più dall’antropocentrismo, tuttavia, queste idee non sono mai state rimosse del tutto dalla mente umana, che, evidentemente, si rifiuta di pensarsi "insignificante" in un pianeta "insignificante", intorno ad una stella "insignificante", in una galassia "insignificante" e forse anche in un universo "insignificante"! Sono così rinate, negli ultimi tempi, idee cosmologiche, basate su ipotesi fisiche e non più su sillogismi aristotelici, che, in qualche modo tenderebbero a riportare l’Uomo al centro del Cosmo, in una visione più o meno finalista della sua creazione. Ma questo fa parte oramai della cosmologia moderna e come tale verrà trattato in altre parti di questo corso. Qui sia consentito solo l’accenno a come anche un rapido percorso storico delle idee cosmologiche può consentire di far risaltare nel pensiero umano, al di là delle certezze delle scoperte scientifiche, una terribile insicurezza riguardo al proprio ruolo nell’universo ed una insoddisfazione perenne a tutti i tentativi di dare delle risposte alle antiche domande: "chi siamo?", "dove siamo?" e, soprattutto, "perché ci siamo?".
 

Oggi

La mancanza di spazio, cui si accennava all’inizio non consente di arrivare a delineare il percorso storico dell’astronomia di questi ultimi decenni, se non per sottolineare, da una parte, l’importanza che hanno sempre più le nuove tecnologie, che consentono la realizzazione di telescopi e radiotelescopi di grandi dimensioni, di satelliti per l’osservazione fuori dalla nostra atmosfera e in differenti regioni dello spettro elettromagnetico, di sonde per l’esplorazione del Sistema solare, di strumenti di calcolo sempre più potenti e veloci e in istantanea comunicazione; dall’altra parte, le relazioni sempre più strette tra l’astronomia e la fisica atomica e nucleare, che considerano l’universo come l’ambiente ideale per "realizzare esperimenti" con energie e tempi-scala impensabili sulla Terra, ai fini di migliorare la conoscenza dei processi di produzione dell’energia e delle possibilità di controllo a scopi pratici.

Nonostante l’astronomia, come si diceva, abbia fatto passi da gigante nel XX secolo, tuttavia, i problemi che oggi si trova a dover affrontare sono ancora estremamente vasti e assolutamente non di secondo ordine. Come si scoprì l’espansione dell’Universo osservando lo spostamento verso il rosso della radiazione emessa dalle galassie, aprendo la strada alla formulazione della teoria del Big Bang, la cui prima verifica sperimentale si ebbe osservando la radiazione di fondo a microonde, così oggi gran parte della ricerca astronomica è rivolta a rispondere ad alcune importanti domande riguardo alla definitiva comprensione dell’Universo:

Cercare di rispondere ai quesiti lasciati ancora aperti dalla ricerca astronomica (solo alcuni dei quali sono stati ricordati) e bilanciare correttamente tutti gli aspetti legati allo sviluppo tecnologico, alle collaborazioni internazionali e al reperimento delle risorse economiche necessarie non è facile e sarà questo uno dei problemi principali del millennio che sta per iniziare. Il millennio che si concludendo - in particolare, l’ultimo secolo - avendo già dato il suo contributo nell’ampliare enormemente la conoscenza del nostro Universo.
 

… e domani?

Nonostante gli enormi sviluppi della conoscenza, non solo astronomica, che, molto rapidamente e sinteticamente, abbiamo percorso in queste pagine, si deve, tuttavia, riconoscere come, proprio sul terminare di questo millennio, la scienza abbia perso la sua battaglia nei confronti dell’immagine che ha di essa il grande pubblico. Alla fine dell’Ottocento, come si è visto, la gente si rivolgeva alla scienza con atteggiamento fiducioso, nella speranza che solo dalla scienza potesse venire un mondo nuovo e migliore, nel quale l’umanità venisse sottratta alla miseria, alle sopraffazioni, alla guerra: proporre la storia della scienza ed i suoi successi al pubblico e divulgarne i contenuti era, di conseguenza, un’impresa educativa e morale. Un atteggiamento che derivava già dalle idee illuministe del secolo precedente. D’Alembert aveva espresso proprio questi concetti sin dal Discours préliminaire a l’Encyclopédie, sostenendo come la storia della scienza e della tecnica serva egregiamente ad "illustrare la marcia dello spirito umano dalle tenebre originarie della credulità e della superstizione fino al regno radioso della ragione".

Le due grandi guerre della prima metà di questo secolo, le numerose altre, piccole, ma non meno distruttive, che si sono susseguite e che si svolgono tuttora, l’incubo della "bomba", i problemi dell’inquinamento nelle nazioni in fase di sviluppo, la fame nei paesi sottosviluppati e tante altre miserie e sopraffazioni ancora in atto hanno finito per far dimenticare come tutto questo sarebbe stato senz’altro peggiore senza le enormi conquiste scientifiche e senza lo sviluppo tecnologico che ne è derivato. Anzi, sembra quasi che la colpa principale di tutto questo sia da attribuirsi proprio alla tecnologia e alla sua madre, la scienza. Non si vuole certo sostenere la completa innocenza della scienza e degli scienziati, ma nell’immaginario collettivo oramai, dopo la perdita della fiducia ottocentesca, è come stata espressa una condanna di piena colpevolezza.

Le difficoltà, inoltre, insite nella comprensione di larga parte della tecnologia che ci circonda, ce la fanno apparire come ammantata di mistero: è tanto misteriosa l’accensione della luce quando si torna a casa quanto vedere in televisione la trasmissione in diretta di un avvenimento lontano. Tutto questo, unito alla grande quantità di problemi di tutti i tipi non ancora risolti, ha fatto perdere completamente la fiducia in un mondo "nuovo e migliore", "regno radioso della ragione". Ecco allora come, di fronte al mondo incognito e imprevisto che ci attende, l’uomo si rivolge ai miti, proprio come era successo millenni or sono, all’alba della civiltà. Miti che non sono più quello dell’eroe in grado di combattere il drago o del santo che rifugge dalle mille tentazioni del demonio e che, per le loro gesta umane, assurgevano nel cielo delle costellazioni o in quello dell’Empireo, ma miti, invece, che pretendono di far arrivare dall’esterno all’uomo stesso un futuro migliore e la salvezza dalle miserie di tutti i giorni: dagli extraterresti, dal paranormale, da nuove forme e nuovi modi di credenze religiose, da nuovi riti, dalla new age … . E in tutto questo non c’è più posto per la scienza e neanche per la conoscenza in senso generale. Insieme al rifiorire, quindi, di forme di integralismo e di fondamentalismo, che forniscono maggiore sicurezza per l’ansia ed il panico che ci assalgono, c’è il rischio di creare nuovamente dei gruppi chiusi, delle "caste", dove si possono radunare i pochi adepti ancora in grado di parlare criticamente di scienza e di portare avanti, nel chiuso dei loro "misteriosi" centri di ricerca, gli sviluppi della tecnologia. Nel frattempo il resto della gente "comune" dimentica la tavola pitagorica. Viene in mente un vecchio racconto di fantascienza, nel quale veniva visto con molto sospetto un personaggio che era in grado di risolvere somme, sottrazioni e persino moltiplicazioni e divisioni, con il solo uso di carta e matita.

Sono questi i motivi per i quali sostenevamo essersi persa, oggi, la battaglia per la diffusione della scienza. Rimane la speranza che non si sia persa la guerra e tale speranza non può che fondarsi su quelle sedi, quelle istituzioni e quelle persone che sono preposte, per compito e vocazione, all’illustrazione della conoscenza: la scuola e gli insegnanti. E’ lì che può essere ancora vinta questa guerra, senza tentare di creare il mito della scienza in grado di risolvere tutti i problemi, ma cercando di produrre cultura e, soprattutto, fornire strumenti critici nei confronti di quella stessa cultura. Importante quanto la conoscenza della scienza è la conoscenza del metodo critico che ha portato al progresso scientifico. La storia dell’umanità, di cui la scienza non è che una parte e l’astronomia una più piccola ancora, ha insegnato che è solo così che si può procedere verso un mondo "nuovo" … e se questo mondo sarà anche migliore dipenderà quindi solo dal nostro impegno di oggi.



Letture consigliate
  + Verdet J-P.; Storia dell'Astronomia, Longanesi, 1995

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- Aveni A.; Gli imperi del tempo. Calendari, orologi e culture, Dedalo, 1993
- Bohm C.A.; Le chiavi del cosmo: Storia dell'astronomia dalla meccanica celeste al Big Bang, Muzzio, 1989
- Braccesi A.; Esplorando l’universo, Feltrinelli, 1988
- Castellani V.; Quando il mare sommerse l’Europa, Ananke, Torino, 1999
- Duncan D.E.; Il Calendario, Piemme, 1999
- Farrington B.; Scienza e politica nel mondo antico, Feltrinelli, 1982
- Francescato F.; Le scoperte dell’astronomia: cronologia e protagonisti, Muzzio, 1998
- Garfagnini G.C.; Cosmologie Medievali, Loescher, 1978
- Koestler A.; I sonnambuli. Storia delle concezioni dell'Universo, Jaka Book, 1990
- Maiello F.; Storia del calendario, Einaudi, 1996
- Repellini F.F.; Cosmologie Greche, Loescher, 1980
- Romano G.; I Maya e il cielo: astronomia, cosmologia e matematica Maya, CLEUP, 1999
- Romano G.; Introduzione all'astronomia, Muzzio, 1997
- Romano G.; L’uomo e il cosmo, SIT Treviso 1997
- Sambursky S.; Il mondo fisico dei greci, Feltrinelli, 1973
- Schiaparelli G.; Scritti sulla storia della Astronomia antica( 3 voll.), Mimesis, Milano 1997 (ristampa anastatica dell’edizione Zanichelli 1925)
- Stiebing W.H. Jr; Antichi astronauti, Avverbi, 1998
- Walker Chr.; L'astronomia prima del telescopio, Dedalo, 1997
- AA. VV.; Storia delle scienze. Vol. I: Gli strumenti, Vol. II: Fisica e Astronomia, Einaudi, 1991, 1992
 



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