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Malcom X
1925-1965

Settimo di 11 figli, suo padre era un pastore battista. Nel 1937 la cronica mancanza di reddito e la grave malattia che aveva colpito la madre cominciarono a disgregare la famiglia di Malcolm, che venne affidato ad alcuni amici. L'anno seguente fu espulso dalla scuola per "cattiva condotta e comportamento anti-sociale" e venne spedito in una casa di correzione. Intanto Malcolm, nel correzionale dello Stato del Michigan, si segnalava come brillante studente.
Poco dopo, insieme alla famiglia, si stabiliva nel ghetto nero di Boston dove lavorò come lustrascarpe e come inserviente in ristoranti e treni. Entrato a far parte di alcuni gruppi anarchici, lasciò il lavoro per trasformarsi in un organizzatore di scommesse clandestine. Arrivò anche a spacciare droga. Ricercato dalla polizia, nel 1945, ritornò a Boston e si mise a capo di una banda di rapinatori, ma l'esperienza ebbe vita breve.
Nel febbraio 1946, fu arrestato per una banale rapina e condannato a dieci anni di carcere. Nella colonia penale di Norfolk, in cui trascorse il periodo 1948-1951, avviene la sua trasformazione. Attraverso il fratello Reginald, Malcolm entrò in contatto con la "Nazione dell'Islam" che predicava il separatismo autosufficiente dei neri dai bianchi (necessario prima del ritorno in Africa), denunciava il razzismo della religione cristiana e lottava contro la droga, il tabacco, l'alcol, i cibi impuri e ogni forma di vizio.
Malcolm iniziò a studiare e a leggere facendo nello stesso tempo proselitismo tra le mura del carcere. Diventò pericoloso al punto che per evitare problemi le autorità carcerarie decisero di liberarlo. Trovato lavoro come commesso, si stabilì a Inkster, ghetto nero di Detroit, e prese la decisione di cambiare il cognome in "X", a perenne ricordo della privazione del suo vero nome africano a cui i bianchi avevano assoggettato i suoi antenati in schiavitù nel Nuovo Mondo.
Aprì e organizzò nuove moschee e trasformò la Nazione dell'Islam in un dinamico gruppo politico-religioso di "musulmani di colore, separatisti e rigidamente organizzati". Il 21 febbraio doveva tenere una conferenza a New York. Aveva chiesto di tener lontano i giornalisti e di non perquisire nessuno. Non fece neppure in tempo a iniziare il discorso che tre uomini seduti in prima fila iniziarono a sparargli contro con fucili e pistole. Fu colpito da 16 proiettili di cui tre mortali.

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