"Oh jeunesse oh jeunesse alors à cette table
Où le néant bouffait le déjeuner instable
Des possibles confits en une identité
Survint la loi tranchante et indécomposable
Qui lança des trous d'être en l'indéfinité"
Raymond Queneau, Petite Cosmogonie Portative
Il problema dell'origine e della struttura dell'universo è stato affrontato per millenni da mitologie, religioni e sistemi filosofici delle diverse civiltà umane, ma soltanto nel XX secolo è divenuto oggetto di indagine scientifica e la cosmologia costituisce oggi un'importante disciplina dell'astrofisica. Come vedremo il progresso scientifico, pur cancellando la rassicurante visione antropocentrica prevalsa per millenni, ha anche messo in luce il sottile ma profondo legame fra la nostra esistenza e le proprietà fisiche fondamentali del cosmo.
I primi ad affrontare il problema dell'origine (arché) senza fare appello agli dei o al sovrannaturale, ma in termini di leggi naturali, furono i filosofi ionici. Secondo Anassimandro, ad esempio, tutta la materia deriva da un principio primo, da lui chiamato apeiron (" illimitato"). Secondo Leucippo e Democrito i mondi si formano e si disgregano, e la materia è costituita da particelle indivisibili, gli atomi. I Greci scoprirono la sfericità della Terra, e descrissero il movimento dei pianeti con modelli sempre più complessi. Aristarco di Samo propose nel III secolo a.C. il modello eliocentrico ma, in assenza di una corretta fisica del moto, e anche per ragioni filosofiche, prevalse il modello geocentrico, che durante il Medioevo si inserì in modo naturale nella visione antropocentrica del cristianesimo. Il sistema eliocentrico fu riproposto soltanto nel 1543, anno della pubblicazione del De Revolutionibus Orbium Coelestium di Copernico, e si impose grazie ai lavori di Tycho Brahe, Keplero, e Galileo. Con l'affermazione del sistema copernicano risultò evidente che le stelle erano altrettanti soli, forse infiniti, con infiniti mondi abitati (come sostenuto da Giordano Bruno, bruciato sul rogo per eresia nel 1600).
Nei Principia Mathematica (1687), Isaac Newton formulò la celebre legge di gravitazione universale, secondo la quale la forza di attrazione di due corpi è proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Per la prima volta veniva scoperta una legge fisica valida ovunque, sia sulla Terra che nello spazio (di qui la sua qualifica di universale). Oggi sappiamo che la gravità è una delle quattro forze fondamentali presenti in natura; le altre sono l'elettromagnetismo, l'interazione forte e quella debole. La gravità è in realtà la meno intensa delle quattro (basti notare che la forza di repulsione elettromagnetica fra due elettroni è circa 1040 volte superiore alla loro attrazione gravitazionale), ma le interazioni forte e debole hanno un raggio di azione limitato, e l'elettromagnetismo ha cariche opposte che tendono a neutralizzarsi. Ecco perché il moto dei corpi celesti è dovuto alla gravità. Il tentativo di applicare la legge di gravitazione all'universo intero, edificando in tal modo una cosmologia newtoniana, si urta però a dei limiti importanti. Una distribuzione inizialmente statica e finita di stelle nello spazio sarebbe destinata a "crollare" su se stessa, e l'universo non potrebbe dunque essere né stabile né eterno. A Newton parve allora naturale supporre una distribuzione uniforme di stelle nello spazio infinito. In tal caso, però, non è possibile ottenere una descrizione matematicamente coerente nell'ambito della fisica newtoniana.
Per avere una descrizione dinamica dell'universo occorre anche sapere come è distribuita la materia nello spazio ma, se a partire dal 1838 fu possibile misurare le distanze delle stelle più vicine, fino agli inizi del XX secolo non fu possibile determinare né la distanza né la natura delle nebulose, in particolare di quelle a spirale. Per questi motivi, mentre da un lato la meccanica newtoniana conobbe, nel XVIII e XIX secolo, una serie di straordinari successi, portando alla previsione del ritorno delle comete periodiche, alla scoperta di Nettuno, al calcolo delle orbite dei pianetini, dall'altro non si ebbe invece la nascita di una cosmologia scientifica, anche se vi furono le importanti osservazioni da parte di William Herschel, mirate a determinare la struttura della Via Lattea e la natura delle nebulose. Herschel, almeno in un primo tempo, si convinse che le nebulose fossero sistemi stellari come la Via Lattea. Questa ipotesi era stata già avanzata, insieme ad altre speculazioni cosmologiche, da Thomas Wright e da Immanuel Kant. Degna di nota è inoltre la concezione dell'universo come ammasso omogeneo di sistemi stellari, nato in seguito alla frammentazione di una particella primordiale, che viene descritta da Edgar Allan Poe nel suo poema in prosa Eureka (1848); si tratta sostanzialmente di una versione newtoniana dell'atomo primitivo di Lemaître, di cui tratteremo più avanti.