Il Cielo della Filosofia

Omero forse ci dà l’immagine più arcaica del cielo: una volta bronzea sostenuta da colonne e collocata al di sopra dell’aria e delle nuvole.
Nel cielo stanno il Sole, la Luna e le stelle. Il cielo è la sede di Zeus e degli altri dèi, il luogo da cui scendono per osservare gli uomini e partecipare alle loro vicende terrene.
I primi filosofi greci tra il VII e il V secolo avanti Cristo si interrogarono sulla natura del cielo. Parmenide immaginava l’universo eterno e sempre uguale a se stesso, Eraclito come un fuoco in continua evoluzione, Pitagora vi intravvedeva l’armonia dei numeri.
Con il cristianesimo il cielo diventa il luogo del regno di Dio e canta la gloria del suo creatore.
Per Dante l’Empireo, Cielo spirituale, "amore e luce", è il vero Paradiso.
Nel 1543 l’opera di Copernico, De revolutionibus orbium caelestium, produce una visione radicalmente nuova del cielo. Ma, anche nella nuova astronomia, rimane un sentimento di fondo immutabile: il senso del mistero che il cielo regala a tutti coloro che lo contemplano.
Che origine ha l’universo? È eterno o è destinato a finire, e magari a ricominciare?
Quali sostanze compongono i corpi celesti? Che cosa unifica l’estremamente grande e l’estremamente piccolo?
Sono domande modernissime. Domande che cercano, forse, anche una risposta rassicurante a un’altra domanda: qual è il posto dell’uomo nell’universo?
La risposta a questi interrogativi sono stati completamente consegnati agli astronomi e ai fisici o la filosofia ha ancora qualcosa da dire in proposito?
Si può rispondere che l’astronomo e il filosofo guardano in modo diverso al cielo e all’Universo: alla ricerca di nuove conoscenze scientifiche l’uno, alla ricerca di una ragione dell’essere l’altro. Per cui per il filosofo lo sguardo verso il cielo rimanda ancora alla Terra, agli uomini, alla ricerca di una ragione d’essere.
E forse, ancora oggi, è più che mai vera la celebre pagina di Immanuel Kant nella Conclusione della Critica della Ragion Pratica:
Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza.

Le immagini

1. Raffaello, L’astronomia, 1508. L’affresco di Raffaello rappresenta, secondo una recente ipotesi, il cielo di Roma al momento dell’elezione di papa Giulio II, avvenuta il 31 Ottobre 1503, tre ore dopo il tramonto. Roma, Palazzi vaticani, Stanza della Segnatura.
2. Lucio Fontana, Concetto spaziale, teatrino, 1965. Nella cornice si riconoscono alberi, montagne e altre forme stilizzate che rappresentano un proscenio verso un cielo solcato da fori che disegnano delle costellazioni. Parigi, Centre Pompidou.
3. William Blake, Dio, 1794. Blake sarebbe stato ispirato, in questa incisione, da una “visione” avuta un giorno, alzando gli occhi verso il cielo in cima ad una scala. Manchester, Whitworth Art Gallery.
4. Giorgio De Chirico, Sole sul cavalletto. In molte opere di De Chirico si incontra la figura del Sole nero. Il passaggio dal Sole nero a quello luminoso corrisponde al compimento del lavoro. Il Sole luminoso è infatti collocato sul cavalletto.
5. Giovanni di Paolo, La creazione del mondo e la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, 1445. In questo dipinto l’universo è immaginato come un’insieme di corone circolari, la terra è situata al centro dell’universo e Dio è situato in altoi nell’atteggiamento di chi governa ogni cosa