La relazione massa-luminosità delle stelle
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna

Per la gran parte della loro vita le stelle mantengono stabilmente la propria luminosità e temperatura: questa lunga fase è detta sequenza principale. Solo al termine della loro esistenza, per far fronte allo scarseggiare del combustibile nucleare, esse subiscono aggiustamenti successivi che le portano a cambiare dimensioni, temperatura e luminosità attraverso una sequenza di stati detti di gigante rossa e di nana bianca.

Le stelle non sono tutte uguali tra loro, ma ve ne sono di differente luminosità. Si è osservato che, nel caso di stelle di sequenza principale, questa diversità è collegata a una diversità in massa secondo la relazione L µ M 3,5, dove L e M rappresentano, rispettivamente, la luminosità e la massa di una stella (il simbolo µ, a differenza di =, indica proporzionalità e non uguaglianza; a noi qui interessa discutere solo l’andamento generale della relazione massa-luminosità, senza entrare in dettagli eccessivamente tecnici). Questo significa che una stella con massa doppia rispetto a un’altra non si limita a emettere una quantità doppia di radiazione, ma irraggia oltre dieci volte di più (per la precisione, 11,3 = 23,5). Questo fatto produce una conseguenza sul tempo di vita delle stelle che a prima vista cozza contro la nostra intuizione. Una stella, infatti, rimane in vita fintanto che nel centro (dove ci sono le opportune condizioni di temperatura e densità del gas per il verificarsi delle reazioni nucleari) vi è sufficiente materiale per la produzione di energia. Ovviamente, questo materiale è tanto maggiore quanto maggiore è la massa della stella, e sembrerebbe quindi intuitivo che stelle più grandi vivano più a lungo. Tuttavia, la relazione massa-luminosità ci dice che, al crescere della massa, la luminosità cresce molto rapidamente; pertanto, le stelle più massicce sono molto più “sprecone” e, nonostante abbiano una maggiore riserva di combustibile, la esauriscono molto più in fretta, morendo prima delle stelle meno massicce. Il combustibile, infatti, è proporzionale a M, mentre L rappresenta la quantità di energia irraggiata per unità di tempo e fornisce una misura della rapidità con cui viene consumato il combustibile stesso. Di conseguenza, il tempo di vita t dipende dalla massa come

 

t µ M/L µ M/M 3,5 µ M -2,5.

 

Una stella come il Sole vive circa 10 miliardi di anni, mentre una con massa doppia solo 1,8 miliardi.

Come detto, la radiazione viene prodotta nel centro della stella dalle reazioni nucleari. I fotoni che costituiscono questa radiazione raggiungono poi la superficie e abbandonano la stella. Se il gas fosse totalmente trasparente, la radiazione impiegherebbe solo un paio di secondi per percorrere il raggio di una stella come il Sole, pari a 700.000 km. Ma il gas, in verità, è opaco e i fotoni urtano molte volte con gli atomi, prima di riuscire a emergere. Si calcola che nel Sole un fotone compia un tragitto di 1 cm tra un urto e un altro e subisca 10.000 miliardi di miliardi di urti (= 1022) prima di abbandonare la stella, impiegando alcune migliaia di anni. Pertanto, l’opacità, regolando la rapidità con cui i fotoni abbandonano la stella ‑ ossia la sua luminosità ‑ gioca un ruolo cruciale nel determinare la relazione massa-luminosità.

In effetti, questa relazione non è legata a meccanismi specifici di evoluzione stellare o di fisica nucleare, ma riposa su fenomeni generali, quali quelli di diffusione (come appunto la diffusione dei fotoni), di termodinamica e di equilibrio idrostatico. Proprio grazie a questa generalità, il celebre astrofisico Arthur Eddington fu in grado di fornire una spiegazione della relazione massa-luminosità già un’ottantina d’anni or sono, quando il ruolo delle reazioni nucleari nell’evoluzione stellare non era ancora ben compreso. Queste ultime vennero riconosciute come la sorgente della radiazione stellare alla fine degli anni Trenta del secolo scorso, allorché Hans Bethe, un fisico tedesco in fuga dalla Germania nazista, dimostrò che era possibile trasformare nuclei di idrogeno in nuclei di elio, con una liberazione di energia paragonabile a quella prodotta dal Sole.

 


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