L'accelerazione dell'universo
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna
 
E' impossibile dare in questa sede una trattazione rigorosa di come si possa risalire al moto dell’universo a partire dalla misura di luminosità delle SNIa. Diamo tuttavia qui di seguito una traccia che permetta al profano di intravedere i concetti e le difficoltà in cui si imbattono i cosmologi.
Consideriamo una stella di luminosità assoluta costante L posta ad una distanza D . La radiazione emessa si allontana dalla stella in tutte le direzioni. Pertanto la quantità di energia che fluisce ogni istante attraverso una superficie sferica di raggio D centrata sulla stella deve essere uguale a  L= 4D2.
La luminosità apparente

= L / (4D2)

dà una misura di come la stella appaia sempre più fioca all’aumentare della distanza. Lo studio delle SNIa vicine - la cui distanza è nota - ha permesso di stabilire il valore di L, che risulta essere con buona approssimazione sempre lo stesso per tutte le supernovae. Dalla misura di  è allora possibile ricavare la distanza di una SNIa lontana tramite la formula  D(L / )1/2

Questi argomenti sono alquanto semplici e funzionano bene per misurare, ad esempio, la distanza di oggetti all’interno della nostra galassia o in galassie vicine. Se però consideriamo sorgenti poste in galassie lontane non possiamo trascurare il moto di espansione dell’universo. Sappiamo che una galassia posta a distanza D si allontana con una velocità v   proporzionale a questa distanza secondo la legge di Hubble v=HoD   (dal nome dell’astronomo che per primo l’ha formulata), dove Ho è detta appunto costante di Hubble.
E' altresì noto che la lunghezza d’onda  della radiazione che giunge da una sorgente in allontanamento a velocità v ci appare maggiorata di una quantità . Questo fenomeno, detto effetto Doppler, è caratteristico dei fenomeni ondulatori e si verifica anche nella percezione dei segnali sonori: la sirena di un’ambulanza in allontanamento sembra meno acuta.
L’incremento di lunghezza d’onda della radiazione viene detto spostamento verso il rosso (red shift), e viene misurato in termini percentuali tramite la variabile z= .
Il red shift è tanto maggiore quanto maggiore è la velocità di allontanamento della sorgente secondo la relazione z=v/c, dove c è la velocità della luce.

Torniamo ora alla determinazione della distanza delle supernovae.
La luminosità apparente di una supernova posta in una galassia che si va allontanando è data da (si noti la comparsa del termine del red shift rispetto alla formula data più sopra)

E' noto che l’energia trasportata dalla radiazione è tanto minore quanto maggiore è la sua lunghezza d’onda. Pertanto la luminosità apparente  di una sorgente in allontanamento deve "affievolirsi" di un fattore ()/ =(1+z) a causa dell’effetto Doppler. Il secondo fattore (1+z) presente nella formula cosmologica di  è dato dal ben noto effetto relativistico della dilatazione dei tempi (si veda Spigolatura n.1/2000). L’orologio "agganciato" alla sorgente che si allontana da noi corre più lentamente di quello al nostro polso. Dunque il numero Nv di fotoni emessi in un secondo (per la sorgente) ci raggiungeranno distribuiti su di un intervallo temporale maggiore di un secondo per il nostro orologio.
Dal momento che  rappresenta l’energia che giunge ogni secondo (per il nostro orologio), il numero di fotoni che arrivano durante uno dei nostri secondi si ottiene riducendo Nv di un fattore che si dimostra facilmente essere ancora (1+z).
Dal confronto con la formula della luminosità apparente per una sorgente immobile, si ricava che in universo in espansione la distanza  di una sorgente che presenta un red shift z è pari a

= D (1+z) = (c / Ho) z (1+z),

dove l’ultimo passaggio è stato ottenuto utilizzando la relazione v = c z nella legge di Hubble.
Nonostante l’estrema semplicità di questi ragionamenti abbiamo ottenuto per la distanza un’espressione assai simile a quella esatta

= (c / Ho) z (1+0.5 z)

valida per un universo che si espande senza rallentare, ovvero un universo in cui la gravità dovuta alla materia presente è trascurabile.

In realtà noi non sappiamo quanta materia c’è nell’universo; nel caso ve ne fosse in misura tale da produrre un effetto frenante sull’espansione tramite la sua gravità, il cosmo avrebbe dimensioni minori e la distanza  avrebbe una diversa dipendenza da z e sarebbe più piccola.
Dunque, per una data sorgente, l’espressione =(c / Ho) z (1+0.5 z) rappresenta la massima distanza possibile, e la luminosità  ad essa associala la minima possibile. Questa considerazione è assai importante per valutare i risultati osservativi esposti nella figura. In essa vengono presentate le misure di  di numerose supernovae in funzione del valore di z mostrato da ognuna.

In realtà gli astronomi, in analogia all’occhio che risponde logaritmicamente allo stimolo luminoso, spesso descrivono l’energia ricevuta dalle sorgenti per mezzo della magnitudine apparente definita come m = - 2,5log+cost
Nel nostro caso, tenuto conto che L può considerarsi costante per tutte le supernovae, si ottiene m(z) = 5 log +K, dove K è una costante (si noti che tanto maggiore è la distanza, ovvero minore la luminosità apparente, tanto maggiore risulta la magnitudine).

Questa è precisamente la quantità graficata nella figura (adattata da Perlmutter et al., 1999, The Astrophysica Journal, vol. 517, p. 565). In particolare, la linea superiore mostrata nella figura illustra l’andamento di m(z) nel caso di un’espansione "libera" (la formula ottenuta più sopra); la linea inferiore mostra l’andamento della magnitudine apparente nel caso di un universo destinato a rallentare l’espansione fino a invertire il moto e "richiudersi".
Fino ad un paio di anni fa le misure erano limitate solo a supernovae con piccoli valori di z0,1   (cerchi chiari nella figura) e quindi, per la legge di Hubble, alquanto vicine. Come si vede, queste misure non erano in grado di discriminare tra i diversi modelli di universo.
Grazie al telescopio spaziale (dedicato proprio ad Hubble), di recente è stato possibile misurare la magnitudine di supernovae più distanti (con 0,5z1).
Il risultato è stato sconcertante. Come si vede nella figura, al di là delle incertezze dovute agli errori di misura (indicate dalle barre associate ai cerchi) la magnitudine è risultata superiore (ovvero la luminosità è risultata inferiore) di quella aspettata per un universo in espansione costante. Questo significa che le distanze sono maggiori di quelle massime aspettate. L’espansione dell’universo, dunque, non solo non viene rallentata dalla gravità, ma viene anzi accelerata da una energia repulsiva indicata con la costante cosmologica  il cui significato fisico non è tuttavia ancora pienamente compreso.

 


 
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