L'accelerazione dell'universo
Annibale D'Ercole
Osservatorio Astronomico - Bologna
 
Già da tempo gli astronomi hanno scoperto che l’universo è in espansione. In seguito alla grande esplosione iniziale, il Big Bang, le galassie si allontanano le une dalle altre simili a schegge di una bomba. Ma la mutua attrazione gravitazionale delle galassie esercita un’azione frenante e gli scienziati hanno cercato di capire quale possa essere il destino finale dell’universo. È possibile che la gravità sia sufficiente a rallentarne progressivamente l’espansione fino ad invertirne il moto. In questo caso l’universo finirebbe con il collassare su se stesso. Alternativamente, l’universo, pur continuando a rallentare, è destinato ad espandersi per sempre. Nel 1998, tuttavia, è stata realizzata una scoperta straordinaria destinata ad avere un grande impatto sulle nostre idee in campo cosmologico. 

Gli astronomi misurano la distanza delle galassie lontane tramite l’osservazione delle supernovae, ovvero l’esplosione di stelle che attraversano particolari fasi evolutive. Una supernova è un evento estremamente luminoso (essa può avere la stessa luminosità dell’intera galassia di appartenenza) la cui brillanza, per altro, appare tanto minore quanto maggiore è la distanza della galassia in cui è posta. È noto che le supernovae appartenenti ad una particolare classe, le tipo Ia, emettono tutte la stessa quantità di radiazione al momento dell’esplosione. La radiazione emessa nell’unità di tempo, ovvero la luminosità assoluta, è stata ricavata per le supernovae più vicine la cui distanza è nota.
Dal momento che tale luminosità è la stessa anche per le supernovae lontane, dalla loro luminosità apparente è possibile ricavarne la distanza. Si è trovato che le supernovae distanti appaiono meno luminose del previsto, mostrando la presenza di un’accelerazione che le ha trascinate a distanze inaspettatamente grandi. Dunque non solo non c’è nell’universo materia sufficiente da frenarne l’espansione, ma un meccanismo ancora misterioso ne aumenta la velocità di espansione.
La spiegazione più semplice risiede in una bizzarra energia che si ritiene permeare lo spazio producendone l’espansione. Questa energia fu ipotizzata da Einstein nel 1917, quando ancora si ignorava l’espansione dell’universo e si pensava che fosse statico. Einstein, applicando la teoria della relatività generale da lui stesso formulata nel 1915, introdusse nelle equazioni la costante cosmologica lambda  per rappresentare l’energia repulsiva necessaria ad impedire che il modello di universo da lui elaborato collassasse sotto la propria gravità.
Quando nel 1929 Edwin Hubble scoprì l’espansione dell’universo, Einstein rigettò la costante cosmologica  bollandola come il più grande errore della sua vita. Infatti, se l’espansione è dovuta al Big Bang, l’esplosione da cui ha avuto origine il cosmo, non è necessaria ipotizzare una forza repulsiva per spiegare il reciproco allontanamento delle "schegge". Tuttavia recenti osservazioni hanno stabilito che le supernovae sono dal 10% al 15% meno luminose di quanto ci si possa aspettare anche nel caso più favorevole di un’espansione uniforme non rallentata dalla gravità (in cui le distanze sono massime). Questa scoperta ha restituito dignità scientifica alla costante cosmologica la quale addirittura risulterebbe essere dominante.

Secondo le teorie più semplici, i dati riguardanti le supernovae implicherebbero che il 70% dell’energia è sotto forma di , mentre solo il rimanente 30% è associato alla materia (secondo la formula E=mc2, dove c è la velocità della luce ed E è l’energia associata ad una massa m).
La spiegazione fisica di  va ricercata nella meccanica quantistica, da cui è noto che lo spazio vuoto è in realtà sede di una inesauribile attività subnucleare. Il vuoto quantistico è un continuo ribollire di particelle ed antiparticelle virtuali che vengono formate per poi scomparire annichilendosi a vicenda. L’energia associata a questa attività, tuttavia, risulta essere diversi ordini di grandezza maggiore di quella richiesta per interpretare i dati relativi alle supernovae.
Al momento i fisici stanno cercando nuove e più "esotiche" particelle elementari che possano confermare una delle varie Teorie di Unificazione atte a risalire, come dice la parola, al principio primo da cui discendono le varie forze che conosciamo (gravitazionale, elettromagnetica, debole, nucleare) e che, sperabilmente, renda conto anche della corretta intensità dell’energia del vuoto.

Un’ultima considerazione riguarda l’età dell’universo. Se l’universo è in espansione accelerata, esso risulta essere più vecchio di quanto non si pensasse. Infatti in passato l’espansione era più lenta, e dunque il cosmo deve avere impiegato un tempo maggiore per raggiungere le dimensioni odierne rispetto al caso di un’espansione frenata, in cui le velocità, in passato, erano maggiori delle attuali.
Queste valutazioni pongono fine ad una diatriba sorta pochi anni fa tra cosmologi ed astronomi, dal momento che questi ultimi stimavano, per le stelle più vecchie, un’età superiore a quella valutata per l’universo! Benchè nel tempo le stime di queste due età tendessero a convergere verso valori mutuamente consistenti, la scoperta di un’espansione accelerata risolve definitivamente il problema.

 


 
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