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Frattali
Annibale D'Ercole
Osservatorio
Astronomico - Bologna
Prima di affrontare il concetto di dimensione
frazionaria, è bene chiarire cosa si intende quando
ci riferiamo alle abituali dimensioni intere a cui siamo abituati. È banale
affermare che una linea ha dimensione 1, una superficie ha 2 dimensioni ed un
cubo ha 3 dimensioni. Tuttavia, incontriamo un certo imbarazzo se siamo
chiamati a dare una definizione più precisa e a specificare meglio la
differenza, ad esempio, tra una linea e un piano. Si potrebbe affermare che
lungo una linea ci si può muovere solo lungo una direzione, mentre su di un
piano ogni movimento è dato dalla combinazione del moto lungo due direzioni
indipendenti. In altre parole, il piano è bidimensionale perché è dotato di
“altezza” e “larghezza”: non c’è dubbio che questi argomenti appaiano al contempo sensati e tautologici. Un ulteriore elemento
di confusione si aggiunge quando consideriamo una
linea curva posta su un piano o, più ancora, nello spazio (come una sorta di
sottile fil di ferro contorto). In questo caso,
nonostante la definizione data precedentemente, siamo portati a considerare
la curva un’entità tridimensionale. I
matematici sono riusciti a dare una definizione di dimensione rigorosa e
priva della confusione cui abbiamo accennato. Il prezzo da pagare per questo
rigore è l’abbandono dell’intuizione visiva a favore di una formulazione
matematica. Un segmento può essere suddiviso, poniamo, in 4 parti tra loro
uguali. A parte che per la lunghezza, queste sezioni sono simili al segmento
di partenza che, per questo, viene detto essere
stato suddiviso in parti autosimili. Ognuna di
queste parti, se ingrandita 4 volte, riproduce il segmento di partenza. In
generale, se dividiamo il segmento in N parti autosimili,
ognuna è dotata di un fattore di riduzione r pari a N. Consideriamo
ora un quadrato e dividiamolo, tramite due linee incrociate, in N= quadrati uguali,
ognuno simile al quadrato di partenza ma con il lato ridotto di un fattore
r=2. Se dividiamo il quadrato in N= quadrati autosimili, il fattore di riduzione di ognuno di questi
quadrati più piccoli è pari a r=. In generale, un quadrato può essere suddiviso in N=r2
copie autosimili, ciascuna con un fattore di
riduzione pari ad r.
Analogamente, un cubo può essere suddiviso in N=r3 cubi più
piccoli, ognuno con i lati ridotti di un fattore r. A questo punto abbiamo
già capito che la dimensione è data dal numero che appare a esponente del
fattore di riduzione e che lega tale fattore al numero di copie autosimili. Sfruttando la proprietà dei logaritmi per cui log(rd)=dlog(r), la
dimensione d è dunque definita come: . Pertanto, nel caso del segmento, del
quadrato e del cubo otteniamo, rispettivamente, , , . Fig. 4. Definizione di dimensione. Come
semplice esempio iniziale di oggetto frattale, ovvero con dimensione
frazionaria, consideriamo un segmento di lunghezza unitaria, dividiamolo in
tre parti uguali di lunghezza 1/3 e sottraiamo l’intervallo intermedio.
Applichiamo la stessa procedura ai due segmenti rimanenti, ed otteniamo 4
segmenti di lunghezza 1/9=1/32. Iterando (ossia, ripetendo) questa
procedura un infinito numero di volte, otteniamo un insieme di segmenti infinitamente corti noto come polvere di Cantor. Qual’è la
dimensione di questo segmento infinitamente “bucherellato”? In questo caso,
ad ogni passo il numero di segmenti raddoppia, cioè N=2, e la lunghezza di
ogni segmento si riduce a 1/3, ovvero r=3. Dunque,
la dimensione è pari a d=log(2)/log(3)=0,63.
Abbiamo un oggetto geometrico con dimensione inferiore a 1 ma superiore a 0:
un oggetto intermedio tra il punto e la retta. Fig. 5.
Polvere di Cantor. Un
esempio un poco più complesso è dato dalla curva di Koch.
In questo caso il solito segmento unitario iniziale viene
diviso di nuovo in 3 parti di lunghezza pari a 1/3, ma la sezione centrale
viene ora sostituita da due segmenti, anch’essi di lunghezza pari a 1/3. Si
ripete questa procedura ad ogni lato della figura così ottenuta, e si procede
un infinito numero di volte, ottenendo un oggetto infinitamente
“frastagliato”. Come nel caso della polvere di Cantor,
anche ora ad ogni passo r=3, ma il numero del lati
quadruplica, dunque N=4. In conclusione, la dimensione della curva di Koch è pari a d=log(4)/log(3)=1,26:
una dimensione intermedia tra la retta e il piano. Fig. 6. Curva
di Koch. Consideriamo
ora una figura geometrica frattale nota come triangolo
di Sierpinski. Questa figura si ottiene tramite
il seguente processo iterativo. Si parte da un triangolo e si adottano i
punti di mezzo di ciascun lato come vertici di un nuovo triangolo centrale
che viene sottratto dall’originale. Rimangono così
N=3 triangoli simili a quello di partenza, ognuno con un’area pari ad un
quarto dell’area originale ed un fattore di riduzione del lato pari a r=. A questo punto ripetiamo il procedimento per ognuno dei
tre triangoli, e poi ancora e ancora, ottenendo triangoli autosimili
sempre più piccoli. Iterando infinite volte, otteniamo un oggetto certamente
più articolato di un segmento, ma più “povero” di una superficie a causa
degli infiniti “buchi triangolari” presenti. In effetti, applicando la
definizione data più sopra, vediamo che la dimensione di questo triangolo è
frazionaria, e compresa tra 1 e 2: più precisamente d=log(3)/log(2)=1,585. Fig. 7.
Triangolo di Sierpinski. Rappresentazioni bidimensionali di frattali che
possono dare luogo ad immagini verosimili si ottengono tramite processi
ricorsivi un poco più complessi del tipo: xn+1=axn+byn+e, yn+1=cxn+dyn+f, dove a, b, c,
d, e, f, sono costanti. Fissati i
valori delle costanti e delle coordinate iniziali x0 e y0,
vengono individuati progressivamente dalle due
formule coppie di valori (x1,y1), (x2,y2),
…, (xn,yn).
Colorando diversamente sul piano x-y i punti così ottenuti, si ottengono
figure frattali che possono anche rappresentare assai verosimilmente, a seconda della scelta delle costanti e dei punti di
partenza, felci, foglie, montagne etc. Frattali più elaborati, quali gli
insiemi di Mandelbrot e Julia,
si possono ottenere tramite algoritmi ricorsivi non lineari e nel campo dei
numeri complessi. Fig. 8. Insieme di Mandelbrot. Fig. 9. Insieme di Julia. |