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Quasar e accrescimento su buchi neri
Annibale
D'Ercole
Osservatorio
Astronomico - Bologna
I
quasar sono sorgenti astronomiche tra le più luminose e hanno sede nel centro
di alcune galassie. Gli astrofisici hanno buoni motivi per ritenere che il
motore centrale dei quasar debba essere un buco nero. Questa convinzione si
basa su due fenomeni: la variabilità (pochi anni) e l’intensità (centinaia
di volte quella della nostra Galassia) della luminosità di un quasar. Prendiamo per prima in esame la conclusione cui
possiamo giungere in base all’osservata variabilità
dell’intensità della radiazione emessa da un quasar. Consideriamo una
sorgente sferica che emetta un lampo istantaneo di
radiazione simile, in durata, al flash di una macchina fotografica. Un
osservatore distante comincerà a vedere la sorgente quando
verrà raggiunto dai raggi luminosi emessi dalla parte frontale della sorgente
e continuerà a vederla fintanto che non verrà raggiunto dai raggi partiti
dalla parte posteriore della sfera (si assume che la sorgente sia trasparente
alla propria radiazione) e che arrivano più tardi perché devono compiere un
tragitto più lungo di una quantità pari alle dimensioni della sorgente
stessa. Dunque, il lampo non apparirà istantaneo, ma con una durata pari al
tempo necessario alla luce per attraversare la sorgente. In generale, se una
sorgente mostra una variabilità su un certo tempo caratteristico, le sue
dimensioni non possono essere superiori a quelle ottenute moltiplicando la
velocità della luce per questo tempo caratteristico. Dal momento che la
luminosità di un quasar varia su scale temporali inferiori ai 2-3 anni, se ne
deduce che le dimensioni dell’oggetto centrale devono essere inferiori
a 2-3 anni luce. Fig. 1. La luminosità di una sorgente
che si accenda istantaneamente apparirà crescere con
gradualità a un osservatore che viene raggiunto in ritardo dai raggi luminosi
emessi dalle regioni più distanti. L’apparente crescita di luminosità
avviene nel tempo dt
impiegato dalla luce per attraversare la lunghezza D della sorgente. In generale, se una sorgente ha una luminosità
che varia su un tempo scala dt, essa avrà una dimensione L/c, dove c è la
velocità della luce. Vediamo
ora cosa possiamo imparare in base all’enorme intensità della
luminosità di un quasar. Si assume che la radiazione venga
emessa “per accrescimento”, ovvero per caduta gravitazionale di
materiale su un oggetto centrale (vedremo più tardi il perché di questa
ipotesi). Una volta raggiunta la superficie dell’oggetto il gas si
arresta e la sua energia cinetica di caduta viene
trasformata in calore. Il gas ad alta temperatura emette infine questo calore
in forma di radiazione. Naturalmente, più è compatto l’oggetto
centrale, maggiore è la sua gravità alla superficie e maggiore sarà
l’energia cinetica del gas e, in ultimo, la radiazione emessa. Esistono
sistemi binari in cui la componente compatta è una stella di neutroni (con
una massa come quella del Sole e un raggio di appena
In mancanza di una superficie solida contro cui sbattere e scaldarsi, come può un gas in caduta su un
buco nero emettere radiazione? In effetti, il gas accresce la propria densità man
mano che si avvicina al centro e si
“affastella” in un volume sempre minore. Dunque, i singoli
elementi di gas non cadono liberamente verso il centro, ma trasformano la
maggior parte della propria energia potenziale in compressione e in calore
(giacché un gas compresso aumenta la sua temperatura, com’è facile
verificare ogni volta che si gonfiano le ruote di una bicicletta). Inoltre,
un elemento di fluido non ha mai una traiettoria perfettamente radiale, ma si
avvicina verso il centro spiraleggiando su orbite
sempre più strette e più veloci, a causa della conservazione del momento
angolare (la stessa responsabile dell’accelerazione di una pattinatrice
sul ghiaccio che accosti al corpo le braccia, dopo che ha cominciato a
piroettare con le braccia tese verso l’esterno). In conclusione, a
causa della rotazione il gas non accresce sul buco nero sfericamente da ogni
direzione, ma forma un disco di accrescimento. Man mano che il gas si
avvicina spiraleggiando verso il centro, diventa
sempre più caldo ed emette radiazione.
È interessante valutare l’efficienza del meccanismo di
accrescimento nella produzione di radiazione. La teoria della relatività stabilisce che a ogni corpo di massa m è associata un’energia di
riposo mc2 (dove c è la velocità della luce); è
proprio l’utilizzo di questa energia che rende possibile, ad esempio,
le reazioni nucleari. Infatti, il peso di un nucleo atomico, ad esempio
l’elio, è inferiore al peso dei due protoni e dei due neutroni che lo
compongono: la massa mancante è stata trasformata in radiazione al momento
della fusione nucleare. L’efficienza delle reazioni nucleari che
tengono acceso il Sole è pari solo allo 0,7% (ovvero solo lo 0,7% della massa
dei protoni e dei neutroni che si fondono in elio viene
trasformata in radiazione). Al contrario, si può dimostrare che
l’efficienza del processo di accrescimento su un buco nero può arrivare
a superare il 40%, ovvero oltre il 40% dell’energia di riposo del gas
che cade nel buco nero viene irraggiata. Questa
percentuale è davvero alta ed è per questo motivo che gli astrofisici sono
propensi a credere che le enormi energie liberate all’interno di un
quasar siano di origine gravitazionale piuttosto che nucleare. Da quanto detto fino ad
ora potrebbe sembrare che si possano generare luminosità arbitrariamente
elevate facendo accrescere materiale su un buco nero ad un tasso
sufficientemente alto. In realtà esiste un limite all’intensità di
radiazione prodotta da un fissato oggetto centrale. Questa luminosità limite viene detta luminosità
di Eddington, e verrà discussa nel prossimo
numero.
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