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Tante stelle, tante storie
Claudio Elidoro

Dato che poco fa abbiamo ribadito che le stelle più massicce e luminose sono quelle che rimangono meno di tutte sulla sequenza principale, è doveroso giustificare subito un simile comportamento. Abbiamo più volte affermato che la sequenza principale è il luogo più tranquillo del diagramma h-r. Vi appartengono le stelle che hanno raggiunto il delicato equilibrio tra la spinta gravitazionale, che tenderebbe a farle collassare, e la spinta verso l’esterno, esercitata dall’energia termica delle reazioni nucleari. Un simile equilibrio si mantiene finché la stella dispone del carburante sufficiente ad alimentare le reazioni. Sintetizzando al massimo, dunque, il tempo di permanenza in sequenza principale (t) è dato dal rapporto tra le scorte (che potremmo in modo sbrigativo identificare con la massa M della stella) e il consumo (praticamente la produzione energetica, cioè la luminosità L della stella). In una precedente spigolatura (marzo 2005), chiamando in causa gli studi compiuti nel 1926 da Sir Arthur Stanley Eddington, avevamo ricostruito come tutto ciò comportasse una dipendenza del tipo:

 

t µ 1/M2,5

 

A voler essere precisi, la relazione dovrebbe essere molto più complessa, dato che il legame tra la massa e la luminosità di una stella non è costante. È pur vero che lo si possa esprimere attraverso un andamento esponenziale del tipo Ma (con 3 < a < 4), ma l’esponente a è in realtà anch’esso una funzione della massa.

Quello che a noi importa, comunque, è evidenziare come mai le stelle più massicce non soltanto siano le più luminose, ma anche le più prodighe, scialacquando senza criterio le loro disponibilità energetiche. Un comportamento che trova riscontro nel fatto che l’estremità superiore della sequenza principale, man mano che trascorre il tempo dalla nascita di un ammasso stellare, si abbassa sempre di più. Questo punto, in cui improvvisamente la sequenza principale “piega verso destra”, riveste particolare importanza nel caso degli ammassi globulari. Nella Fig. 2 si può osservare il diagramma h-r di m13, il notissimo ammasso globulare – il più luminoso dell’emisfero boreale – osservabile nella costellazione di Ercole.

 

 

Fig. 2. Diagramma h-r relativo all’ammasso globulare m13. Oltre alla sequenza principale e alla regione delle giganti, è chiaramente indicato il “ginocchio” o punto di turn-off della sequenza principale.

 

L’importanza del “ginocchio” (o turn-off) di un ammasso globulare risiede nel fatto che, dalla valutazione delle età delle stelle che si trovano in quel punto della sequenza principale, siamo in grado di stimare l’età dell’intero ammasso. Tale valutazione risulta addirittura meno problematica di quella degli ammassi aperti e non è solo perché i diagrammi h-r che li riguardano sono di gran lunga più “popolati” rispetto a quelli degli ammassi aperti.

Quando intendiamo analizzare, attraverso il suo diagramma h-r, la popolazione stellare di un ammasso, la premessa irrinunciabile è che tutte le sue stelle si siano formate pressoché contemporaneamente. Altrettanto importante, però, è che la popolazione attuale sia anche statisticamente completa. In altre parole, chi mi garantisce che la popolazione stellare che osservo ora sia l’evoluzione di quella originale e che una frazione significativa non si sia dispersa? La densità di un ammasso globulare, però, è talmente elevata da ostacolarne la disgregazione e questo garantisce che nessuna stella sia riuscita a sfuggire dal gruppo: popolazione statisticamente perfetta, dunque. È stata proprio l’analisi dei punti di turn-off che ha permesso di scoprire che gli ammassi globulari sono estremamente antichi, di gran lunga più antichi degli ammassi aperti e di tutte le stelle che si trovano nel disco galattico.

Prima di concludere, proviamo a risolvere un semplice problema riguardante l’età di un ammasso. Immaginiamo che un ammasso presenti il punto di turn-off in corrispondenza di una luminosità pari a 81 LSol. Assumiamo inoltre che, per una stella nei pressi del punto di turn-off, la relazione massa/luminosità sia del tipo L = M4. Proviamo con questi dati a determinare l’età dell’ammasso.

Fissando in 10 miliardi di anni la permanenza del Sole sulla sequenza principale ed esprimendo massa e luminosità della stella in unità solari abbiamo che:

 

t = 1010 anni [(M/MSol) / (L/LSol)]     (2)

 

Poiché i dati del problema indicano che L = 81 LSol, ricaviamo che .

A questo punto non dobbiamo far altro che inserire nella (2) i dati ottenuti, vale a dire:

 

t = 1010 (3/81) ~ 3,7 ´ 108 anni

 

Dal risultato ottenuto, dunque, appare evidente che l’ammasso su cui stiamo facendo i nostri conti non è sicuramente un ammasso globulare. Se fosse stato uno di quelli, avremmo trovato un’età intorno ai 12 miliardi di anni. Una bella differenza!

 


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