http://www.bo.astro.it/sait/spigolature/spigologosmall.jpg

 

 

 

http://www.bo.astro.it/sait/spigolature/base.jpg

Tante stelle, tante storie
Claudio Elidoro

Gli affezionati lettori di queste spigolature certamente ricordano che, almeno in un paio di altre occasioni, abbiamo già affrontato l’argomento relativo al diagramma di Hertzsprung-Russel (diagramma h-r), sottolineandone non solo il significato fisico e la validità quale strumento d’indagine astronomica, ma segnalandone anche l’utilità pratica qualora si voglia indagare sull’evoluzione di una stella. A qualche mese di distanza torniamo nuovamente sull’argomento e non lo facciamo per mancanza di fantasia, bensì per mettere allo scoperto un aspetto che finora non era stato esplicitamente sottolineato, ma che – ne siamo quasi certi – non era sfuggito ai nostri attenti lettori. Intendiamo, cioè, provare a indagare su ciò che si incontra quando si prova a tracciare un diagramma h-r di un gruppo di stelle che si sono formate dalla stessa nube molecolare gigante, più o meno nello stesso periodo.

Astronomicamente parlando, queste associazioni di astri vengono indicate con il termine di “ammassi stellari” e su ogni libro di astronomia troviamo stupende immagini che in maniera chiara ci fanno comprendere la classificazione nelle due tipologie di “ammassi aperti” e “ammassi globulari”. Ciò che salta subito all’occhio è il differente numero di stelle che li compongono. Mentre gli ammassi aperti contano da poche decine a qualche migliaio di stelle al massimo, la popolazione di quelli globulari può persino superare alcune centinaia di migliaia di astri. Per comprendere in che modo il nostro ragionare intorno al diagramma h-r possa riguardare gli ammassi, proviamo a ricostruire in modo semplice cosa ci si può attendere, seguendo l’evoluzione di un ammasso stellare. Assolutamente impensabile, data la lunghezza dei tempi in gioco, che si possa davvero effettuare una simile osservazione, ma le conoscenze che l’astrofisica teorica ci ha permesso di raggiungere ci consentono una simulazione estremamente attendibile. Per rendere il discorso più concreto, ci aiutiamo con la Fig. 1.

 

 

Fig. 1. Evoluzione di un ipotetico ammasso stellare, registrata su un diagramma h-r. In ascissa sono indicate le temperature in gradi Kelvin, mentre le luminosità in ordinata sono espresse in unità solari. I quattro diagrammi fotografano la situazione in altrettanti momenti della vita dell’ammasso.

 

Nelle fasi iniziali della vita dell’ammasso (grafico a), ci aspettiamo di osservare una sequenza principale ben delineata per le stelle più luminose e massicce (parte superiore), mentre, nella parte inferiore, le più piccole ancora si stanno attardando nelle fasi di pre-sequenza. Quando anche tutte le stelle nane si sono finalmente collocate sulla sequenza principale (grafico b), le più luminose hanno già terminato la fase di bruciamento dell’idrogeno del nucleo e hanno, dunque, già cominciato ad abbandonare la sequenza principale, spostandosi nella regione del grafico destinata a ospitare le giganti. Man mano che il tempo passa (grafico c), si può notare come gradualmente diminuisca il valore della luminosità delle stelle che sono ancora sulla sequenza principale e appaia sempre più evidente il ramo delle giganti rosse. Poiché i tempi evolutivi di queste ultime sono piuttosto rapidi, non ci dobbiamo stupire se, dopo pochi miliardi di anni (grafico d), la loro presenza è diventata estremamente esigua. Per quell’epoca, infatti, quasi tutte saranno già andate incontro al loro pirotecnico destino esplodendo come supernovae e lasciando dietro di sé un guscio di detriti in espansione oppure un esotico oggetto di incredibile densità (stella di neutroni o buco nero). Per le stelle meno massicce, dunque, i tempi evolutivi sono di gran lunga più dilatati. Il nostro Sole, per esempio, è destinato a restare sulla sequenza principale per una decina di miliardi di anni. Il che significa che, più o meno, attualmente si trova «nel mezzo del cammin della sua vita».

Poiché ciò che abbiamo tracciato è il comportamento generale di un ammasso di stelle qualunque, ci sentiamo autorizzati a pensare che i diagrammi h-r di qualsiasi ammasso presentino un andamento simile e possano quasi essere sovrapposti. Una considerazione corretta, la cui applicazione pratica ha portato gli astronomi a escogitare un sistema per determinare la distanza di alcuni ammassi stellari. Vediamo come.

Ammettiamo di poter disporre di un diagramma h-r (ovviamente statisticamente significativo) di un ammasso stellare del quale conosciamo con esattezza la distanza e del diagramma h-r di un altro ammasso del quale, al contrario, non conosciamo affatto la distanza. Questo significa che in ordinata del primo diagramma avremo la magnitudine assoluta delle stelle (M), mentre nel secondo caso ci dovremo accontentare di indicare quella apparente (m). In entrambi i casi, però, le ascisse sono le stesse (temperatura o tipo spettrale) e dunque possiamo sovrapporre i due grafici allineando gli assi orizzontali. A questo punto è possibile far scivolare verticalmente un grafico sull’altro, fino a quando le due sequenze principali non si sovrappongano perfettamente. Confrontando la situazione sugli assi verticali, possiamo dunque determinare la differenza (m M) e da questa, applicando l’equazione delle magnitudini, ricavare la distanza in gioco.

La domanda immediata riguarda la praticabilità di un simile metodo di sovrapposizione della sequenza principale. Senza entrare nei dettagli, può essere significativo osservare che, in genere, oltre il 70% delle stelle della sequenza principale sono di tipo M e solo il 9% sono stelle di tipo G come il Sole. Le stelle più brillanti sono incredibilmente rare: solo una su 1000 è di tipo B e soltanto lo 0,00004% appartiene al tipo O. Una distribuzione che ci autorizza a pensare la parte inferiore della sequenza principale un luogo statisticamente molto significativo e, quel che più conta, sufficientemente stabile per lunghissimi tempi.

 

 


Home
Spigolature

 

Livello
Avanzato