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Sulla massa delle galassie
Annibale D’Ercole

Come sappiamo, l’universo che ci circonda è composto da strutture di diversa scala, come, ad esempio, ammassi globulari (~ 105 M), galassie (~1011 M), ammassi di galassie (~1015 M). È interessante capire quali processi fisici determinino questi diversi livelli di aggregazione e fino a che punto essi possano essere spiegati tramite principi primi. In questa nota, in particolare, cercheremo di capire perché la massa delle galassie più grandi è dell’ordine di 1011 M e non esistono, ad esempio, galassie cento volte più massicce.

Com’è noto, si ritiene che l’universo si sia originato da una grande esplosione iniziale, detta Big Bang. A seguito di questa esplosione l’universo consisteva inizialmente di un gas caldo e omogeneo in rapida espansione e composto essenzialmente da idrogeno (~75%) ed elio (25%). Un universo totalmente uniforme, tuttavia, non avrebbe condotto a nessuna delle strutture che noi oggi osserviamo. Se però si ammette l’iniziale presenza di lievi disomogeneità nel gas, allora la perfetta simmetria viene meno e il gas è attratto localmente verso l’“increspatura” più vicina, aumentandone la massa e favorendone così un’ulteriore crescita. Una volta che la disomogeneità è sufficientemente cresciuta, la sua autogravità predomina e la struttura si “stacca” dal resto del gas circostante in espansione, formando una sorte di nube di gas che tende a comprimersi sotto l’azione della sua stessa gravità. A seguito di questa compressione, tuttavia, il gas si scalda aumentando la propria pressione e contrastando, in ultima analisi, un’ulteriore contrazione della nube. Si instaura pertanto una condizione di equilibrio per cui l’energia gravitazionale che tende a comprime la nube è controbilanciata dall’energia termica che invece tende ad espanderla. Tuttavia, è possibile che questo equilibrio venga spezzato a causa delle perdite radiative. Il gas caldo emette, infatti, radiazione a spese della propria energia termica; se questo raffreddamento è sufficientemente rapido, l’energia termica rimanente non è più in grado di sostenere la nube che collassa sotto il suo stesso peso e “condensa” dando luogo a una galassia. Cerchiamo ora di capire quali sono le condizioni perché questo possa avvenire.

Un gas emette radiazione principalmente attraverso due processi. Il primo consiste nella radiazione emessa dalla ricombinazione di elettroni liberi con gli ioni o nel decadimento degli elettroni dai livelli atomici più energetici verso quelli meno energetici. Il secondo processo è detto bremsstrahlung, che vuol dire “frenamento” in tedesco. In un gas totalmente ionizzato gli elettroni non sono legati ai nuclei, ma sono liberi di muoversi in ogni direzione. Quando un elettrone si avvicina “troppo” ad un nucleo atomico, risente della forza elettrica attrattiva di quest’ultimo e deflette dalla propria traiettoria, subendo quindi un’accelerazione. Contrariamente a una carica in quiete o in moto uniforme, una carica accelerata emette onde elettromagnetiche come conseguenza dello “scuotimento” subìto dal proprio campo elettrico. Pertanto, a seguito dell’interazione con un nucleo atomico, l’elettrone irraggia energia a spese della propria energia cinetica, rallentando: da qui il nome dato a questo processo radiativo.

 

 

Fig. 1. Rappresentazione schematica di emissione di bremsstrahlung da parte di un elettrone.

 

La compressione dovuta all’autogravità di nubi con masse galattiche porta il gas a temperature dell’ordine del milione di gradi, assai superiori a quelle necessarie per ionizzare l’idrogeno. Pertanto la nostra nube è ionizzata ed emette radiazione tramite bremsstrahlung. Si può allora dimostrare che nubi con massa inferiore ad una certa massa critica Mcr ~ 1011 M sono effettivamente in grado di collassare e formare galassie (si veda il livello avanzato), mentre nubi di massa superiore sono alquanto inefficienti nello smaltimento radiativo della loro energia termica. Questo spiega perché non si osservano galassie più massicce di Mcr. È interessante sottolineare che il valore di Mcr deriva unicamente dalle costanti universali della fisica. Questo significa che, se queste considerazioni sono corrette, la massa critica caratterizzante le galassie non dipende dalle condizioni in cui si trovava l’universo al tempo della formazione delle galassie né dalle caratteristiche delle disomogeneità iniziali, ma unicamente dalle leggi fondamentali della fisica.            Concludiamo sottolineando che, nonostante le argomentazioni esposte (e altre che tratteremo in un prossimo numero) aiutino a comprendere la configurazione dell’universo, manca ancora una spiegazione organica che illustri perché, invece di aggregarsi in oggetti con una distribuzione continua di masse, la materia “preferisca” disporsi in strutture con masse caratteristiche ben distinte, come abbiamo esposto all’inizio.

 


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