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In Italia
16 marzo. La Zanzara punge


Il caso Zanzara
dalla tesi di Diletta D'Amelio "I giornali studenteschi milanesi. 1945-1968" discussa l'8 luglio 2003:  «L'inchiesta Che cosa pensano le ragazze di oggi? (febbraio 1966), che portò il giornale del Parini sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e di alcune autorevoli testate straniere (The New York Times, Le Monde, Le Figaro, The Times). L'articolo fu alla base di una vicenda che divise l'opinione pubblica e suscitò una mobilitazione studentesca senza precedenti, mettendo in rilievo quel divario fra i giovani e le istituzioni scolastiche che due anni dopo avrebbe assunto le più radicali forme della contestazione.
L'inchiesta, condotta sotto forma di "tavola rotonda" tra due redattori e nove ragazze, indagava sulla posizione della donna nella società moderna, esaminando i temi della formazione ricevuta (rapporti con i genitori, educazione sessuale), delle aspirazioni professionali, dell'atteggiamento nei confronti del sesso, del matrimonio e del divorzio. Le disinvolte affermazioni di alcune studentesse sottolineavano la loro difficoltà a sottrarsi a condizionamenti e sensi di colpa indotti dalla famiglia e dalla religione e denunciavano la "grave deficienza pedagogica della società, ed in particolare della scuola, nei confronti di questi problemi". Molte ragazze si dichiaravano favorevoli ai rapporti prematrimoniali, all'uso degli anticoncezionali e al divorzio, e vivevano la religione come apportatrice di complessi di colpa in campo sessuale; nel loro futuro non vedevano solo il matrimonio, ma la partecipazione attiva alla vita sociale, sia nel lavoro che nelle attività culturali.

La pubblicazione dell'articolo provocò la sdegnata reazione degli studenti cattolici di Gioventù Studentesca, il movimento fondato da don Giussani nel 1954, che con un volantino denunciarono "la gravità dell'offesa recata alla sensibilità e al costume morale comune". Già da tempo i "giessini" stavano conducendo una battaglia contro le associazioni e i giornali d'istituto, accusati di celare, dietro la dichiarata neutralità, un chiaro orientamento ideologico e intenzioni politiche laiciste. Il loro dissenso venne raccolto dal Corriere Lombardo, che dedicò alla vicenda un articolo dal titolo a sei colonne in cui si parlava di "pazzesche affermazioni di alcune studentesse" e di genitori sconvolti e scandalizzati, pronti a ritirare i figli dalla scuola e a sollecitare l'intervento delle autorità.

Seguirono le indagini della magistratura e l'anomalo interrogatorio del sostituto Procuratore della Repubblica Pasquale Carcasio che, riesumando una circolare fascista, pretese di sottoporre a ispezione corporale il direttore del giornale (Marco De Poli) e i curatori dell'inchiesta (Marco Sassano e Claudia Beltramo Ceppi, che però rifiutò di farsi visitare), allo scopo di "accertare eventuali tare fisiche o psichiche". Questa palese violazione della libertà personale, raccontata dalla stampa con dovizia di particolari e nota come lo "spogliarello" in Procura, provocò l'indignazione dell'opinione pubblica e di buona parte della stessa magistratura. Il Paese, diviso per quanto riguarda il contenuto dell'inchiesta, fu invece compatto nel condannare l'operato del magistrato (con l'eccezione del MSI) e, per la prima volta in Italia, formò un fronte compatto a difesa della Costituzione. Mentre i redattori ricevettero dimostrazioni di solidarietà da parte di studenti di tutta Italia, Ferruccio Parri definì il caso uno "scandalo di tipo borbonico" e numerosi appelli alle autorità furono sottoscritti da intellettuali e da cittadini comuni.

I tre ragazzi e il preside furono rinviati a giudizio per direttissima, con le imputazioni di stampa clandestina (per la mancata registrazione del giornale prescritta dalla legge) e immorale, in quanto l'inchiesta veniva giudicata "di contenuto idoneo a offendere il sentimento morale dei fanciulli e degli adolescenti e a costituire per essi un incitamento alla corruzione"; e si notava come si fosse discostata dalle finalità dichiarate, riducendosi a "una rassegna delle concezioni sessuali delle studentesse intervistate», riportate con «linguaggio crudo e spregiudicato". A formare il collegio di difesa furono i "principi del foro", i più noti avvocati italiani: Giacomo Delitala, Giandomenico Pisapia, Alberto Dall'Ora. Il processo, che si svolse alla presenza di un centinaio di giornalisti e persino di inviati speciali da Parigi, Vienna e Londra, si concluse con la piena assoluzione degli imputati perché i fatti non costituivano reato».

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