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Astronomia
Lo spazio è radioattivo

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Gli scienziati che studiavano la geofisica terrestre ed in particolare la struttura del campo magnetico del nostro pianeta, sapevano, anche prima del 1958, che le particelle cariche potevano essere intrappolate dal campo magnetico terrestre. Ed in effetti l'osservazione delle aurore non lasciava dubbi sulla possibilità dell'interazione di protoni ed elettroni con il campo magnetico.
Il dubbio che avevano i geofisici riguardava la durata di questo intrappolamento. Si pensava infatti che solo in occasione di forti "tempeste magnetiche" le particelle cariche potessero rimanere confinate nel campo terrestre e che quindi questo confinamento fosse sì intenso ma temporaneo.

James van Allen
Durante l'Anno geofisico internazionale (IGY), che in realtà durò due anni tra il 1957 ed il 1958 e al quale il contributo russo fu Sputnik 1, fu lanciato, il 31 gennaio 1958, un satellite molto rudimentale l'Explorer 1 con a bordo un contatore Geiger. L'idea di questo esperimento fu di J. van Allen del dipartimento di Fisica della Università dello Iowa. Egli propose questo lancio dopo una lunga serie di osservazioni del campo magnetico terrestre effettuate con razzi trasportati da palloni sonda nell'alta atmosfera terrestre ed ivi lanciati per raggiungere altezze di oltre 50 km. Si trattava certamente di un metodo molto ingegnoso per potere raggiungere e se possibile superare gli strati più elevati dell'atmosfera terrestre. Quale migliore opportunità di quella offerta dall'Explorer 1, il primo satellite artificiale lanciato dagli Stati Uniti. L'Explorer 1 venne posto in una orbita, da un vettore Jupiter C, con un perigeo di 250 km ed un apogeo di 2520 km.

Le fasce di van Allen
Il contatore Geiger montato sull'Explorer 1 registrò 30 conteggi al secondo di particelle cariche come era previsto, ma la cosa strana fu che il conteggio a volte diminuiva sino ad interrompersi. L'annuncio di van Allen alle agenzie di stampa di tutto il mondo fu "lo spazio è radioattivo", ma la portata della sua scoperta stava più che nell'esistenza della radioattività orbitale nella sua variabilità.  Ad esempio, il gruppo di ricercatori della Università dell'Iowa che facevano capo a J. van Allen osservò che quando il satellite stazionava ad un'altitudine di 2000 km sopra al Sud America il contatore era fermo, mentre quando passava a 500 km il contatore mostrava il livello di particelle cariche previsto. Si capì e si interpretò questa variabilità solo dopo la missione dell'Explorer 3 che montava un contatore geiger più sofisticato di quello dell'Explorer 1. Il risultato fu sorprendente ed anche indicativo del modo in cui vanno correttamente interpretate le osservazioni in fisica. L'assenza di conteggi misurata dell'Explorer 1 era dovuta non a mancanza ma ad un eccesso di particelle cariche. Il rilevatore dell'Explorer 1 non riusciva ad "assorbire" tutte le particelle e, saturando, semplicemente le "ignorava".
Quindi solo in seguito alle misure dell'Explorer 3, lanciato poco dopo nel marzo del 1958, si ricostruì la struttura del mezzo interplanetario prossimo al campo magnetico terrestre individuando le oggi famose "Fasce di van Allen".

Interazione tra il vento solare e il campo magnetico terrestre
La Terra è avvolta da due fasce di radiazione una più interna e compatta ad un'altezza di circa 3000 km in cui le particelle cariche sono dovute all'interazione dei raggi cosmici con gli atomi presenti nell'alta atmosfera terrestre,  ed una esterna che costituisce una vasta regione di protoni ed elettroni ad alta energia la cui popolazione fluttua in funzione dell'attività solare. Questo a grandi linee è quello che conosciamo oggi. Il legame tra l'attività solare e le fasce di van Allen è un'altra fondamentale scoperta di questo decennio di cui parliamo in un'altra scheda.
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