Le stelle emettono radiazione elettromagnetica su tutto lo spettro di lunghezze d'onda, dai raggi gamma e X alle onde radio. Molta di questa radiazione è tuttavia assorbita dall'atmosfera terrestre, quindi da terra è possibile fare osservazioni solo in alcune “finestre” particolari, quali ad esempio l'intervallo di lunghezze d'onda visuali e le onde radio.
È solo attraverso l'analisi e la "decodificazione" dei messaggi contenuti in questa radiazione elettromagnetica che noi possiamo ottenere informazioni sulle proprietà fisiche e chimiche delle stelle e delle galassie.
Molta parte della storia dell'astronomia è andata quindi di pari passo con la capacità dell'uomo di sviluppare telescopi e ricettori elettronici via via più potenti e sofisticati, per captare i segnali di sorgenti celesti sempre più deboli e lontane. Si sono quindi sviluppati strumenti da terra per captare la radiazione visibile e le onde radio, mentre, per captare tutta quella radiazione che non giunge sulla Terra perché assorbita dall'atmosfera terrestre, si sono lanciati vari tipi di satelliti e sonde in orbita attorno alla Terra. Naturalmente la piccola frazione di radiazione proveniente dallo spazio che riusciamo a raccogliere è preziosa e occorre sfruttarla al massimo, cercando cioè di decifrare tutte le informazioni contenute in essa.
La luce che proviene dalle stelle, per esempio, contiene una grande quantità di informazioni preziose, non solo sulla loro luminosità, ma anche sulla loro temperatura e perfino sulla composizione chimica. Vediamo schematicamente come è possibile ricavare queste informazioni.
Le stelle emettono tipicamente radiazione di "corpo nero" nell'intervallo di lunghezze d'onda visibili. Tale emissione ha una curva caratteristica (luminosità in funzione della lunghezza d'onda) per ogni temperatura. Si ha quindi che, facendo misure di luminosità a differenti lunghezze d'onda, cioè in diverse bande spettrali (usando ad esempio filtri opportuni), è possibile risalire alla temperatura superficiale della stella. Generalmente, da due misure di luminosità in bande diverse si deriva quello che si chiama "indice di colore", che è definito come il rapporto tra le due misure di luminosità.
È possibile calibrare questo indice in funzione della temperatura, utilizzando le curve teoriche di corpo nero, e dedurre quindi la temperatura della stella dal rapporto in luminosità in due regioni dello spettro elettromagnetico. Si ha quindi che attraverso misure di luminosità si ottengono informazioni non soltanto su quanta energia ha una stella, e quindi sulla sua massa, ma anche sulla sua temperatura.
Se poi analizziamo la radiazione elettromagnetica che giunge dalle stelle utilizzando uno "spettrometro", ovvero uno strumento che scompone la luce nelle varie lunghezze d'onda, siamo anche in grado di avere informazioni sulla composizione chimica. Per capire come possiamo ricavare questa informazione, supponiamo di avere una lampadina la cui luce viene fatta passare attraverso un prisma. Per il fenomeno della rifrazione la luce viene scomposta nelle sue varie componenti di lunghezza d'onda, e dunque, proiettando su uno schermo la luce scomposta, avremmo una sequenza continua di colori dal blu al rosso, generando quello che viene definito uno "spettro" di emissione.
Se fra la lampadina e il prisma mettessimo degli atomi di un certo elemento chimico, succederebbe che questi ultimi assorbirebbero alcune lunghezze d'onda tipiche (dipende dalla struttura elettronica degli atomi in questione) e quindi nello spettro finale comparirebbero
delle righe, in corrispondenza delle lunghezze d'onda mancanti perché assorbite dagli atomi. Gli atomi di ciascun elemento chimico hanno un proprio spettro di righe caratteristico, una sorta di impronta digitale.
In una stella succede in pratica la stessa cosa: l'energia prodotta al suo interno viene trasportata in superficie, dove ci sono atomi di vari elementi chimici (idrogeno, elio ed elementi più pesanti), quelli di cui è composto il gas, e poi irraggiata. Quando analizziamo lo spettro della radiazione emessa da una stella, otteniamo quindi una sequenza continua di colori dal blu al rosso, solcata però da un certo numero di righe caratteristiche. È proprio analizzando la presenza e l’intensità di queste righe che possiamo dedurre se, e quanti atomi di un certo elemento chimico sono presenti sulla superficie della stella.