Abbiamo visto come analizzando opportunamente la luce proveniente dalle stelle possiamo ottenere informazioni sulle loro caratteristiche strutturali e fisiche (luminosità, temperatura, composizione chimica, ecc.). Per poter però tracciare la storia evolutiva di una stella occorre "fotografarla" durante tutti i momenti significativi della sua vita, cioè almeno ogni volta che avvengono cambiamenti sostanziali nella sua struttura.
L'uomo tuttavia vive troppo poco per poter dedurre l'evoluzione delle stelle dall'osservazione di una sola di esse. Anche se potesse osservare una stella per tutta la sua vita, non vedrebbe nessun cambiamento apprezzabile perché in 100 anni molte delle proprietà delle stelle rimangono praticamente inalterate. La natura però ha aiutato l'uomo, infatti le stelle possono formarsi sia singolarmente che in aggregati, detti ammassi stellari. Gli ammassi stellari sono caratterizzati da stelle di differente massa e luminosità, legate gravitazionalmente fra loro. Queste stelle hanno tutte la stessa distanza, età e composizione chimica, essendosi originate nello stesso istante dalla stessa nube di gas. Abbiamo visto che le stelle di massa più grande evolvono più rapidamente di quelle di massa più piccola, perché consumano più velocemente il combustibile nucleare. Questo fa sì che osservando un ammasso stellare è possibile osservare le stelle in diversi stadi evolutivi (quelle più massicce negli stadi finali, quelle meno massicce negli stadi iniziali). Si capisce quindi come lo studio degli ammassi stellari rivesta un'importanza astrofisica fondamentale per analizzare le varie fasi evolutive che attraversano le stelle durante la loro vita. Infatti, solo osservando intere "popolazioni" di stelle in differenti ammassi stellari, ciascuno caratterizzato da una certa età e composizione chimica, si può avere un quadro più accurato e completo dell'evoluzione.
Nella nostra Galassia e in quelle vicine, come le Nubi di Magellano o Andromeda, si possono studiare sia ammassi stellari giovani che vecchi, come gli ammassi globulari. Questi ultimi possono contenere anche decine di migliaia di stelle e rappresentano gli oggetti più vecchi osservabili nell'Universo, hanno circa 15 miliardi di anni e il loro studio ha anche una grande importanza cosmologica. Infatti la loro precisa datazione fornisce un limite inferiore all'età dell'Universo, mentre lo studio della loro composizione chimica può dare interessanti indicazioni sulle abbondanze dei vari elementi chimici nelle prime fasi di vita dell'Universo, dopo la grande esplosione iniziale.
Gli ammassi stellari giovani, con età che vanno da alcuni milioni a centinaia di milioni di anni, sono popolati soprattutto da stelle massicce, luminose e calde, che stanno bruciando idrogeno e elio al centro. Sono quindi particolarmente luminosi alle basse lunghezze d'onda, emettendo radiazione molto energetica. Gli ammassi stellari vecchi (miliardi di anni) sono invece soprattutto popolati da stelle più fredde e di piccola massa, avendo quelle calde e massicce già terminato la loro vita.
Abbiamo visto come, con due misure di luminosità in due filtri diversi, si può derivare l'indice di colore, che è un indicatore di temperatura. Combinando una misura di luminosità con l'indice di colore si ottiene il cosiddetto diagramma colore-magnitudine, che costituisce lo strumento base di indagine per quanto riguarda l'evoluzione stellare. In particolare, nel caso di osservazioni relative ad un ammasso stellare, visto che le stelle sono alla stessa distanza da noi, differenze in luminosità tra le stelle dell'ammasso possono essere interpretate come differenze in massa o in fase evolutiva.
Se misuriamo infatti la luminosità in due filtri diversi per un numero sufficiente di stelle in un ammasso stellare, possiamo ricavare per ciascuna di essa l'indice di colore e riportarlo in un diagramma insieme alla sua luminosità. Quello che si ottiene è che le misure non si distribuiscono a caso, ma definiscono delle sequenze ben precise e differenti a seconda dell'età della "popolazione" stellare considerata.
Queste sequenze corrispondono alle varie fasi di bruciamento di combustibile, di cui abbiamo parlato in precedenza, e in pratica costituiscono fotografie istantanee delle caratteristiche strutturali e fisiche di ciascuna delle stelle esaminate. Proprio però per il fatto che se ne osservano tante e in fasi evolutive differenti, è possibile ricostruire tutta la loro storia evolutiva, anche se si svolge su tempi scala enormemente più grandi di quelli umanamente sperimentabili.