Ex libris stellarum

Appunti sull'iconografia astronomica tra '400 e '700 


(Marina Zuccoli)


L'immagine delle stelle fisse, delle comete e di altri corpi celesti ha costituito, nell'antichità, il perno della speculazione cosmologica d'ispirazione religiosa: si pensi infatti alle raffigurazione del Sole nell'età del bronzo e ai simboli delle costellazioni sulle pietre babilonesi. Sia consentito a chi scrive di procedere impressionisticamente, con un discorso allusivo e frammentario, per cercare, se non di affrontare il complesso fenomeno dell'iconografia astronomica, almeno di navigare al suo interno.

Dunque, con un balzo di molti anni, raggiungiamo il XVI secolo; allora, in concomitanza con la diffusione del libro a stampa, si assiste non solo ad una vera fioritura dell'iconografia astronomica, ma alla sua articolazione in due distinti filoni: il primo, che persegue la funzione conoscitiva dell'immagine, il secondo che utilizza l'astronomia in modo evocativo.

Nel primo filone la necessità di rappresentazioni esatte, conseguente alle nuove scoperte scientifiche (siano esse geografiche, astronomiche od anatomiche) porta all'utilizzo dell'illustrazione per scopi scientifici, quali l'individuazione, descrizione e misurazione di fenomeni e corpi. Nasce nel '500, sia in ambito astronomico che in campo anatomico, l'illustrazione tridimensionale, realizzata sovrapponendo strati multipli sulla pagina; questi potevano o essere sollevati, nelle figure anatomiche, per scoperchiare la figura sottostante, o ruotati su un perno di seta, nelle illustrazioni astronomiche, per rappresentare sistemi cosmologici e costruire veri e propri strumenti cartacei.

Capolavori cinquecenteschi di illustrazione tridimensionale sono, ad esempio, l'Astronomicon Caesareum di Pietro Apiano e lo Speculum Uranicum di Giovanni Paolo Gallucci.

In astronomia come in anatomia, il progresso delle conoscenze scientifiche va di pari passo con la precisione e la ricercatezza delle raffigurazioni. Nella cartografia celeste l'istanza estetica è da sempre presente, accanto a quella scientifica, come appare evidente dall'esasperato decorativismo dei cartigli, floreali ed architettonici, o dalle rappresentazioni delle costellazioni più accattivanti, secondo la convenzione iconografica: Cassiopea assisa in trono, Andromeda in catene, il Toro, Ercole, l'Idra. Un nome basti a testimoniare la qualità delle illustrazioni del XVI secolo: quello di Albrecht Dürer, autore di due celeberrimi emisferi celesti, più volte riprodotti.

Ciò non di meno, gli artisti impongono al loro genio di assecondare la funzionalità dell'immagine, a costo di alcune goffaggini dovute alla fondamentale questione del "rovesciamento". Le prime rappresentazioni della volta celeste sono infatti riferite ad un punto di vista esterno, mentre in seguito prevalgono quelle geocentriche, ossia riferite, con ribaltamento prospettico, ad un osservatore posto all'interno della sfera stessa. Nel primo caso si avranno figure rivolte verso la terra, quindi viste di spalle, nell'altro caso si avrà inversione nella sequenza delle costellazioni e visione frontale delle figure, ma sempre rispettando il posizionamento delle stelle. Se quindi troviamo, nel Firmamentum Sobiescianum di Iohannes Hevelius (1687) la tradizionale Vergine di spalle, con le ali trapunte di stelle, ecco che l'Atlas coelestis di John Flamsteed (1729), per presentarla in visione frontale, ricorre ad una bizzarra raffigurazione con le ali sul davanti. Analogamente, l'Auriga della Sphaera stellifera di Wilhelm Janszoon Blaeu (1599) sottopone il torso muscoloso ad una innaturale torsione, per mostrare la costellazione, detta Capella (la capretta), che regge sul braccio.

Il trionfo dell'imagine astronomica al servizio della rappresentazione durera' alcuni secoli, attraversando gli stili, che attribuiranno, di volta in volta, opulenze barocche o rigore neoclassico alla nudita' incatenata di Andromeda. Infine, col sorgere del XIX secolo, l'aumento vertiginoso degli oggetti celesti osservati con le moderne strumentazioni rende impraticabile la loro rappresentazione per via figurativa, ed inutile la loro identificazione sul corpo delle figure (sul tipo de: "la stella posta nell'occhio sinistro del Toro"). Si passa a tavole numeriche sempre piu' improntate ad una funzionale severita', che cede solo talvolta ad un'antiporta dal sapore anitco, con la raffigurazione della musa Urania a propiziare il lavoro degli astronomi.

Si e' detto che l'illustrazione astronomica si manifesta anche in un altro filone, che fa propri oggetti, simboli, corpi celesti e sistemi cosmologici in qualita' di temi iconografici, sfruttandone le suggestioni poetiche e filosofiche ed il forte potenziale evocativo. Procediamo ancora una volta per brevi sprazzi e pensiamo al notevole intreccio di mitologia e scienza, di astrologia e tradizione offerto dall'evoluzione e dalla varieta' delle rappresentazioni di Urania, la musa dell'astronomia; essa infatti spazia dalle raffigurazioni della plastica romana, con i classici attributi simbolici (globo e verga) ai quattrocenteschi "tarocchi del Mantegna", da altri celebri cicli di muse a celebrazione delle arti liberali, come quelli di Dürer conservati al Louvre o quello di Agostino di Duccio nel Tempio malatestiano di Rimini, al trattatello rinascimentalle sulle muse di Lilio Gregorio Giraldi
ed infine alle incisioni settecentesche nelle antiporte dei trattati di astronomia.

Un salto ancora, ed il nostro pensiero corre ad un particolarissimo casodi iconografia astronomica, ovvero la rappresentazione degli strumenti, dalle sfere armillari presenti negli studioli intarsiati, agli astrolabi nello studio di San Gerolamo, fino alle stanze di Vermeer, nelle quali carte geografiche e globi sono raffigurati con estrema precisione. La loro funzione non e' solo quella decorativa, supportata dalla felicita' della forma circolare, o quella evocativa, ma tendono anche a soddisfare gusto e posizione sociale dei committenti od acquirenti. L'agiatezza infatti che consente l'acquisto, trova risarcimento cultirale nell'oggetto astronomico, ed in esso si riconosce.

Nel caso particolare degli studioli in boiserie, come quelli di Federico da Montefeltro ad Urbino e Gubbio, gli strumenti astronomici (sfera armillare, squadro, filo a piombo), insieme a libri, strumenti musicali ed altri arredi, concorrono a creare una sorta di piccolo theatrum perennemente in vista, rivolto allo spettatore-occupante dell'ambiente decorato. In esso egli trova rispecchiati i suoi interessi culturali, la sua passione per la geometria, le letture preferite degli Elementa euclidei e della Geographia di Claudio Tolomeo.

Si concludono qui queste poche allusioni, che non soddisfano, bensi' suscitano l'appetito; che non spiegano, ma invitano ad approfondire lo studio dell'iconografia nel suoc omplesso, e' fenomeno non solo di notevole fascino, ma di reale importanza tanto scientifica quanto storico artistica, che meriterebbe una puntuale analisi.

La realizzazione di una mostra di ex libris astronomici, principalmente realizzati in questo secolo, fornisce un'utlie occasione di aggiornamento sulla grafica d'ispirazione astronomica. Eppure, accanto alla novita' introdotta dalle tematiche spaziali, si vedono proseguire i filoni classici, ispirati alle costellazioni, alla mitologia, allo straordinario potere evocativo del cielo stellato. Questi temi, sviluppati con tecniche diverse e comunque volti all'uso exlibristico ed alla dedica personale, ancor oggi offrono spunti alla fantasia degli artisti, per catturare qualche aspetto di una disciplina antica: l'astronomia.