RICCIOLI, Giovanni Battista

Almagestum Novum astronomiam veterem novamque complectens.
Bononiae, ex typographia haeredis Victorij Benatij, 1651.
[12], XLVII, 763 p., ill. f°.
DC - f° - 18
Lalande
Non è Urania, benché ne presenti alcuni attributi tipici (la veste stellata, la cintura con le costellazioni, la sfera armillare tra le mani) la figura femminile che compare nell'antiporta dell' Almagestum Novum del gesuita Giovanni Battista Riccioli.

L'autore stesso, nella dedicatoria, spiega la complessa allegoria del sapere astronomico del tempo: sulla sinistra Argo, il corpo cosparso da cento occhi, regge un telescopio con il quale rivolge le osservazioni al cielo; lo strumento poggia sull'occhio che Argo ha sul ginocchio, a significare che l'uomo di scienza deve sempre mantenere un atteggiamento di genuflessione a Dio nelle sue speculazioni, senza insuperbire. La figura femminile sulla destra è Astrea, personaggio mitologico noto anche come Diche, dea della giustizia che sarà poi catasterizzata come Venere celeste; essa ha in mano una bilancia con la quale soppesa due sistemi del mondo, uno copernicano ed uno elaborato dal Riccioli stesso. Il sistema del Riccioli è visivamente compendiato dai putti che sovrastano l'incisione, reggendo da un lato Venere, Marte e Mercurio con il Sole, di cui sono considerati satelliti; dall'altro i putti sorreggono Giove, Saturno e la Luna che, con il Sole, ruotano intorno alla Terra. In basso, Tolomeo sorregge il proprio sistema, accanto al blasone dei Grimaldi, cui l'opera è dedicata.

L'incisione è opera del bolognese Francesco Curti (1603-1670), probabilmente allievo del Guercino, che riprodusse opere dei Carracci, di Guido Reni e del Calvaert.

Giovanni Battista Riccioli (Ferrara 1598-1671) fu un convinto assertore del sistema tolemaico, in favore del quale scrisse l'opera Apologia contra systema Copernicanum (1699), ancorché non fosse insensibile alla profondità dell'opera di Copernico. Insegnante di astronomia nel Collegio dei Gesuiti di Bologna, Riccioli diede prova nelle sue opere di una vasta erudizione in materia di astronomia, di geografia e di idrografia.

MALVASIA, Cornelio

Ephemerides novissimae motuum coelestium ... ad longitudinem Urbis Mutinae gr. 34.5. ex Philippi Lansbergii hypothesibus.
Mutinae, Andrea Cassiani, 1662.
[24], 220 p., ill., f°.
DC - f° - 26
Riccardi
Una eco di Urania nell'antiporta delle Effemeridi del marchese Cornelio Malvasia: l'incisione, fortemente allegorica, propone una figura femminile intenta ad osservare Giove al telescopio mentre dipinge un blasone, mettendo en abyme le fasce del pianeta; infatti nella dedicatoria al cardinale Giulio Sacchetti (il cui ritratto campeggia in alto nell'antiporta) l'autore spiega che, nel corso delle su osservazioni, aveva notato che nello stemma gentilizio dei Sacchetti si presentano le stesse fasce che si notano in Giove, donde una supposta ascendenza gioviana in omaggio al dedicatario. Nell'antiporta in effetti la fanciulla dipinge un blasone con tre fasce trasversali, che appaiono speculari rispetto a quelle di Giove, visibile in alto. Per l'esattezza, lo scudo dei Sacchetti ufficialmente riconosciuto dalle fonti araldiche presenta le fasce con andamento opposto a quello dello stemma che la fanciulla dipinge.
Il concetto dell'ascendenza gioviana della casata è ribadito dal motto Ab Iove principium, che compare a fondo pagina, tratto da Virgilio (Ab Iove principium, Musae: Iovis omnia plena. Verg. Ecl., 60 ), e ripreso da Giovanni Pontano nel poema astronomico Urania sive de stellis (Lib. I, v. 628).

Autore dell'incisione è Francesco Stringa (Modena 1635-1709), ritrattista educatosi sulla pittura del Guercino, che fu l'artista prediletto degli Estensi; meno nota, ancorché assai pregevole, la sua attività di incisore: sono note solo quattro sue stampe, tra le quali questa antiporta.

Cornelio Malvasia (Bologna 1603-1664) si dedicò alle osservazioni astronomiche nella specola che a tale scopo eresse sulla propria villa di Panzano, presso Modena coadiuvato dai più valenti astronomi del tempo, tra i quali il modenese Geminiano Montanari. Interessato anche all'astrologia, Malvasia seppe apprezzare l'attività astronomica del Montanari e del giovane Gian Domenico Cassini, il quale con il suo aiuto ottenne nel 1650 la cattedra di astronomia dell'Università di Bologna.


Biblioteca del Dipartimento di Astronomia
Pierluigi Battistini, Laura Peperoni e Marina Zuccoli