Bacino Caloris.

Superficie di Mercurio

Le prime osservazioni della superficie di Mercurio furono effettuate da Schiaparelli nel 1881. I dettagli della superficie si rivelarono, causa la reale difficoltà delle osservazioni, però più che altro frutto dell'immaginazione dell'astronomo italiano.

Nel 1965 furono effettuate le prime osservazioni radar del pianeta utilizzando il radiotelescopio di Arecibo a Puerto Rico riuscendo a determinarne il giusto periodo di rotazione in 58 giorni circa. Dettagli della superficie non si evidenziarono nemmeno con immagini prese dai moderni telescopi.

Si dovette quindi attendere la prima e per ora unica missione spaziale verso Mercurio, quella del Mariner 10. In base alle immagini mandate a Terra dal Mariner 10 risulta che la superficie di Mercurio presenta numerosi rilievi alcuni dei quali alti fino a diversi km. Le loro caratteristiche indicano come si siano formati per compressione in seguito ad impatto di meteoriti.

La sua intensa "craterizzazione" (moto simile a quella della Luna) suggerisce che, dopo un fase iniziale della sua vita (cessata circa 3 miliardi di anni fa), sia terminata l'attività vulcanica del pianeta. Le pianure di Mercurio sono probabilmente dovute a lava solidificata.

Una delle strutture più grandi è il bacino Caloris il cui nome deriva dal fatto che, trovandosi vicino al polo sud, è una delle zone più vicine al Sole, e quindi più calde, di tutto il pianeta. Ha un diametro di circa 1300 km ed è del tutto simile ai "mari" della Luna, si tratta quindi di un cratere da impatto causato da un grosso meteorite. Data la sua estensione si suppone che il meteorite che la ha generata abbia causato onde di urto così forti da "scuotere" l'intero pianeta e da produrre agli antipodi un corrugamento molto significativo, come spiegato dall'illustrazione a lato (Cortesia Coelum Astronomia).

Un'altra struttura interessante si trova nella regione Antoniadi. Si tratta di una "cresta" lunga 450 km che si prolunga nel bordo destro dell'immagine ed interseca un grande cratere, di 80 km di diametro, situato a circa metà strada nell'immagine stessa. È visibile pure un cratere a doppio anello di 200 km di diametro in cui il bacino più interno è ad una altezza minore rispetto a quello esterno.

In aggiunta a zone con una forte presenza di crateri ci sono regioni apparentemente piane forse dovute ad una antica attività vulcanica ora scomparsa. L'albedo medio di Mercurio pari a 0.1 è maggiore di quello dei mari lunari e questo può essere spiegato come dovuta alla assenza di "ilmenite" una della componenti più importanti del mari lunari.

Sorprendentemente osservazioni radar del polo nord di Mercurio (una regione non osservata dal Mariner 10) mettono in evidenza la presenza di particelle di ghiaccio nelle regioni in ombra di alcuni crateri. Le osservazioni delle regioni polari sono state effettuate con il radiotelescopio VLA (Very Large Array) del Nuovo Messico nel 1991. La regione ghiacciata, al Polo Nord, sembra estesa per qualche centinaio di km. Dal momento che sono necessarie temperature di -160° C per impedire una eccessiva evaporazione dell'acqua, si suppone che tali temperature si possano raggiungere all'interno di grandi crateri di impatto. L'acqua proverrebbe dagli strati più interni del pianeta oppure che si sia accumulato durante gli impatti delle comete nelle prime fasi di vita del Sistema Solare.