Niccolò Copernico studia il moto dei pianeti.

Un approccio storico ai pianeti del Sistema Solare

I pianeti propriamente detti sono facilmente riconoscibili sulla volta celeste in quanto sono tra i più brillanti dei corpi celesti e, cosa che ne facilita il riconoscimento, si trovano sempre in una delle costellazioni dello Zodiaco.

Già gli antichi osservarono come il moto di Mercurio e Venere, rispetto al Sole, avviene lungo una direzione comune, nella fascia dello Zodiaco, quella della Eclittica, ma ora con moto diretto, ora con moto retrogrado. Essi cercarono quindi di produrre un comune modello interpretativo così da ridurne la complessità dei moto apparenti ad uno schema il più semplice possibile.

Lo studio del cielo ad occhio nudo (cambia sezione) dei moti apparenti dei pianeti tra le stelle portò alla definizione di modelli riguardanti la interpretazione dei moti planetari. Più in generale si definirono, regole, principi e schemi mentali ben determinati per dare una spiegazione ai fenomeni osservati nell'Universo allora conosciuto; in questo consiste la costruzione di un modello teorico esemplificativo dei moti dei pianeti

Per gli antichi Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno venivano accomunati sotto la denominazione di pianeti per il fatto che errano sulla sfera celeste tra le stelle fisse. Il fatto che rimangano sempre nella fascia dello Zodiaco è tutto ciò che questi sette corpi celesti hanno in comune; molteplici sono le caratteristiche che, invece, li differenziano.

Il Sole e la Luna si muovono sull'eclittica nel verso diretto con velocità non uniforme rispetto alle stelle, la Luna più velocemente e meno regolarmente del Sole. I pianeti propriamente detti, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno si spostano tra le stelle ora in verso diretto, ora in verso retrogrado. I periodi per compiere un ciclo completo sono diversi per ciascuno dei cinque corpi celesti, così come differisce il numero delle retrogradazioni, o retrocessioni, che ciascun pianeta compie per ogni ciclo.

Le domande che nell'antichità ci si poneva erano: perché i "pianeti", con esclusione del Sole e della Luna, retrocedono? Come si possono ridurre i moti planetari, così variabili e complessi, ad uno schema semplice e ricorrente? Ossia qual è la macchina celeste che con il suo funzionamento fa sì che un osservatore al centro della sfera celeste osservi i moti planetari nel modo in cui appaiono? Per rispondere a queste domande bisognava formulare delle ipotesi, costruire dei modelli del mondo che rendessero conto, per quanto possibile, di tutte le apparenze.

Si formularono allora diversi schemi interpretativi: Che trovarono il loro naturale ambito interpretativo nel contesto della meccanica celeste secondo: