Perché il 2009 Anno galileano e Anno internazionale della astronomia

"Astronomicus nuncius ... avviso astronomico che contiene e chiarisce recenti osservazioni, fatte per mezzo di un nuovo occhiale, nel volto della Luna, nella Via Lattea e nelle stelle nebulose, in innumerevoli stelle fisse, nonché in quattro pianeti non mai finora veduti, chiamati con il nome di Astri Medicei".
Così suona la traduzione dello scritto latino che compare nella prima pagina del Sidereus Nuncius, il libro con il quale Galileo Galilei annunciò al mondo le sue nuove scoperte, eseguite grazie al perspicillus exactissimus, come egli stesso chiamava il cannocchiale da lui costruito.
Annus mirabilis era stato definito il 2005, "International Year of Physics", nel centenario delle pubblicazioni dei lavori di Albert Einstein che cambiarono la concezione dello spazio e del tempo, della materia e dell'energia, e dell'Universo nel suo complesso. Altrettanto mirabilis fu anche quel 1609, nel quale lo scienziato pisano rivolse al cielo il nuovo strumento che gli svelava un Cosmo del tutto diverso da quello sino ad allora conosciuto.
E così, a 400 anni di distanza da quelle rivoluzionarie osservazioni, l'Unione Astronomica Internazionale (IAU) ha proclamato il 2009 "International Year of Astronomy" (IYA2009), con il patrocinio dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) e dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), allo scopo , di "aiutare i cittadini del pianeta Terra a riscoprire il loro ruolo nell'Universo attraverso la conoscenza del cielo 6quote a provare l'entusiasmo della scoperta e della condivisione delle conoscenze".
Secondo le proposte dell'IAU, le celebrazioni del 2009 sono rivolte a:

  • incrementare la consapevolezza dell'importanza della conoscenza scientifica;
  • favorire un più ampio accesso alla conoscenza scientifica, attraverso l'astronomia e le osservazioni astronomiche;
  • rafforzare le comunità astronomiche dei paesi emergenti, attraverso collaborazioni internazionali;
  • incoraggiare la formazione scientifica formale e informale, attraverso l'educazione permanente;
  • presentare un'immagine aggiornata della scienza e degli scienziati e favorire i rapporti tra scienza e società;
  • facilitare la nascita di nuove reti scientifiche, didattiche e amatoriali e rafforzare quelle già esistenti;
  • migliorare la rappresentatività delle donne in astronomia e nelle carriere scientifiche e tecnologiche;
  • promuovere la salvaguardia del grande patrimonio culturale e naturale, rappresentato dai cieli oscuri e dai siti astronomici di interesse storico.

Anche le istituzioni astronomiche bolognesi che svolgono da sempre un ruolo rilevante nella ricerca, nell'insegnamento universitario e nella diffusione della cultura scientifica, hanno, quindi, deciso di dare il via a BoAstro2009 per contribuire con varie iniziative a questo ANNO GALILEIANO, dedicato a celebrazioni dell'astronomia e dei suoi contributi all'avanzamento delle conoscenze, particolarmente rivolte al coinvolgimento dei giovani e alla partecipazione delle scuole e del pubblico, con l'intento di favorire una diffusione sempre più vasta dell'astronomia, della scienza e della cultura in generale.
Da sempre, infatti, l'astronomia ha avuto un profondo impatto sulla cultura, come testimoniano le innumerevoli opere di pensiero (filosofia, scienza, religione) e di arte (letteratura, poesia, arti figurative, musica, architettura) che - in tutte le epoche e in tutte le civiltà - hanno evidenziato il legame ininterrotto tra l'uomo e il cielo, esaltando e discutendo, talora anche in termini problematici o drammatici, l'essenza o la mancanza di un ruolo dell'umanità all'interno dell'universo.
Cosa accadde, dunque, in quel lontano autunno del 1609? Cosa contribuì a fare di quel 1609 un annus mirabilis? Quali nuovi cieli si svelarono a Galileo che iniziava a osservarli, come scrive egli stesso, "incredibili animi jucunditate"?
Ancora oggi, si sente talvolta dire, sbagliando, che fu lo scienziato pisano a inventare il telescopio, anche se è lui stesso, nelle prime pagine del Sidereus Nuncius, a scrivere che, nel luglio di quell'anno, 1609, "giunse alle nostre orecchie la voce che un certo Fiammingo aveva un occhiale, mediante il quale gli oggetti visibili, per quanto molto distanti, si vedevano distintamente come fossero vicini". Infatti, è certo che il cannocchiale fosse in uso già dalla fine del Cinquecento. La sua invenzione, pur se attribuita, come scrive lo stesso Galileo, ad alcuni costruttori fiamminghi di occhiali, pare sia di ambito italiano. Lo certifica il figlio stesso di uno di quegli "occhialai" olandesi, Johannes Jansen, affermando come il padre Sacharias "fece il primo cannocchiale da quello di un italiano, sul quale era scritto 'anno 1590'": secondo alcuni potrebbe trattarsi del napoletano Giovanni Battista Della Porta, scienziato, alchimista e commediografo, che lo avrebbe descritto in alcune sue opere.
Se Galileo non è stato l'inventore del cannocchiale, si deve ricordare che non è stato neanche il primo a volgerlo al cielo. Infatti, si ha testimonianza di osservazioni lunari eseguite con un cannocchiale da Thomas Harriot, matematico e astronomo inglese, nel luglio del 1609, un paio di mesi prima delle osservazioni di Galileo.
Dunque, se non ha inventato il cannocchiale, se non ha osservato il cielo per primo con il nuovo strumento, qual è stato il suo merito e perché è importante quel 2 ottobre 1609 in cui iniziò a volgerlo al cielo?
È talmente vasta la bibliografia che esamina la figura e il ruolo di Galileo, sia da un punto di vista scientifico (astronomico, fisico, matematico, metodologico), sia filosofico e religioso, sia culturale, che è impossibile riassumerla in queste poche righe. Mi limiterò qui, pertanto, solo a ricordare l'importanza di quelle sue osservazioni iniziate 400 anni or sono.
Al di là di chi abbia inventato lo strumento o di chi, prima di lui, abbia osservato il cielo, sta di fatto che egli contribuì certamente a migliorarne le qualità ottiche e a perfezionarne le tecniche di utilizzo. Ma soprattutto è indiscutibile il metodo con il quale egli osservò gli oggetti celesti e, più di ogni altra cosa, il metodo con il quale inserì quelle osservazioni astronomiche all'interno di un discorso complessivo sulla conoscenza del Mondo, legandole sia alla nuova fisica che egli andava costruendo, per sostituire la vecchia fisica aristotelica da tempo in discussione, che al nuovo discorso sullo studio della natura che considerava l'Universo sottoposto alla moderna scienza del moto, in grado di esser indagato, quindi, mediante esperimenti e osservazioni, il tutto con l'obiettivo di "estendere più ampiamente i limiti del potere e della grandezza dell'uomo", come affermato da uno dei protagonisti della rivoluzione scientifica, Francis Bacon. La scoperta di monti e valli sulla Luna e la scoperta delle macchie nel Sole - astri che, aristotelicamente, dovevano essere costituiti di materia incorruttibile - la scoperta di nuovi satelliti in rotazione intorno a Giove - che mostravano come la Terra non fosse più l'unico centro per tutti i moti celesti - la scoperta di "un numeroso gregge di stelle" - mai prima viste a occhio nudo - il tentativo di misurarne le dimensioni e quindi di stimarle più lontane di quanto allora si pensasse - il che poneva in discussione dimensioni, distanza ed esistenza stessa della sfera immobile delle stelle fisse che "chiudeva" l'Universo - l'osservazione delle fasi di Venere, simili a quelle della Luna - cosa non realizzabile nella descrizione dei moti del pianeta secondo il sistema tolemaico - erano tutte scoperte che mostravano come "questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi ... io dico l'Universo" fosse del tutto differente, sia nella costituzione, sia nelle dimensioni, sia nei moti, da quello conosciuto sin dall'antichità.
Soprattutto, queste osservazioni, eseguite tutte nell'arco di un paio di anni, a partire da quell'ottobre 1609, mutarono radicalmente anche quella che era la concezione del Sistema del Mondo proposto poco più di cinquant'anni prima da Nicolò Copernico nel De revolutionibus orbium coelestium, rendendolo astronomicamente coerente con le evidenze osservative e consentendo di accantonare alcune delle critiche "fisiche e astronomiche" più pesanti che gli erano state rivolte.
Dicevo critiche "fisiche e astronomiche", in quanto altre critiche, soprattutto quelle di origine "filosofica e teologica" restavano ancora aperte e contro queste Galileo si batté disperatamente nel corso di una vicenda, tra il 1616 e il 1633 (anno della condanna), che segnerà profondamente e per lungo tempo non solo l'animo dello scienziato pisano, ma anche la storia della scienza e della cultura in Italia e in Europa. Basti qui ricordare come Cartesio, che nel 1633 si trovava in Olanda (non certo un paese cattolico), rinunciasse a pubblicare il suo saggio di idee copernicane, Le Monde, e addirittura pensasse di dare alle fiamme tutti i suoi scritti.
Ma anche sulle vicende del "processo a Galileo" sono state scritte pagine e pagine e non è certo questa la sede per ritornare sull'argomento.
Resta il fatto che lo scienziato Galileo Galilei è passato indenne attraverso questi 400 anni, superando polemiche, processi, condanne e critiche e si può quindi affermare che il maggior contributo che egli ha fornito alla storia del pensiero sia proprio quello del metodo scientifico che egli ci ha lasciato, come sintesi tra "sensate esperienze e necessarie dimostrazioni", avendo - come scrive Geymonat nel classico saggio Galileo Galilei - "la chiara percezione di questa continuità e dialetticità della scienza e quindi della sua effettiva possibilità di vivere e svilupparsi al di là della persona del singolo ricercatore".
Prima di concludere, mi piace ricordare altri importanti anniversari che cadono nel 2009.
Uno, sempre legato all'astronomia, è quello della pubblicazione, nello stesso 1609, del libro di Keplero Astronomia nova, nel quale formulò le sue prime due leggi, quelle che descrivono i moti dei pianeti non più come circolari e uniformi, bensì su delle orbite ellittiche e seguendo una vis, una forza, che li fa muovere più velocemente vicino al Sole e più lentamente quando se ne allontanano. Sarà poi questa forza ad essere descritta nel 1687 da Newton, nei suoi Philosophiae naturalis principia matematica, sotto la formulazione della legge di gravitazione universale ... universale, appunto, in quanto l'Universo diventa ora uno solo e la scienza può studiarlo nella sua interezza, applicandovi ovunque le stelle leggi e la stessa fisica, come era già esplicito nelle intenzioni del programma galileiano.
L'altro anniversario è quello dei 150 anni della pubblicazione dell'opera di Darwin, On the origin of species by means of natural selection, l'inizio di una nuova rivoluzione - dopo quella copernicana che aveva tolto la Terra dal centro del Cosmo - che iniziò a rivedere anche la posizione dell'Uomo sulla Terra.
E, per finire, nel 2009 ricorrono 80 anni dalla pubblicazione dell'articolo di Edwin Hubble che stabiliva quella relazione tra la distanza e la velocità di allontanamento delle galassie che, portando al concetto di un universo in espansione, spostò la posizione della Terra, del Sole, del Sistema solare e della nostra Galassia addirittura dal centro del Cosmo.
Possiamo immaginare che altre rivoluzioni scientifiche ci attendano, delle quali ancora non immaginiamo l'esistenza e la portata, ma certamente non potranno avvenire altro che seguendo la strada aperta da Galileo e dal suo metodo di indagine della natura, quel metodo secondo il quale "scienza è - come egli stesso scrive - il distinguere quello che si sa da quello che non si sa".
Fabrizio Bònoli