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Introduzione alla cosmologia

Alberto Cappi

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Altri universi?

Secondo il principio copernicano, noi non siamo osservatori privilegiati nell'universo. Al tempo stesso, non ci troviamo in un posto qualunque, ma attorno ad una stella di tipo G vecchia di alcuni miliardi di anni, su un pianeta con l'acqua nelle tre fasi, solida, liquida e gassosa, e potremmo aggiungere molte altre proprietà che, si ritiene, siano essenziali allo sviluppo della vita che conosciamo. Considerazioni di questo tipo hanno portato ad enunciare il cosiddetto principio antropico debole: i valori di tutte le quantità fisiche e cosmologiche non sono ugualmente probabili, ma sono vincolati dal fatto che devono esistere luoghi in cui la vita basata sul carbonio ha potuto evolvere e che l'universo deve essere abbastanza vecchio da aver permesso questa evoluzione. In questa sua forma, essenzialmente non controversa, esso permette di giustificare alcune coincidenze numeriche che sembrerebbero altrimenti sorprendenti, e notate a suo tempo dal fisico Dirac.

Taluni però si sono spinti più in là, dando una formulazione forte del principio antropico: l'universo deve avere quelle proprietà che consentono lo sviluppo della vita intelligente in qualche momento della sua storia. In effetti, le costanti fondamentali della fisica hanno valori che, se cambiati anche di poco, non darebbero luogo alle condizioni necessarie per la nascita della vita. In quest'ottica, escludendo la visione finalistica, che chiuderebbe per definizione ogni discussione, vi è un'ipotesi abbastanza popolare attualmente fra i cosmologi, quella dell'esistenza di un insieme di universi, in cui le costanti della fisica assumerebbero valori diversi. Una tale ipotesi potrebbe essere inquadrata nello scenario di universo caotico inflazionistico proposto dal fisico russo Andrei Linde, dove il nostro universo è una "bolla" fra tante altre. Secondo questa versione del principio antropico, il nostro non sarebbe altro che uno fra gli universi possibili, e magari di tipo rarissimo. Perciò noi non dobbiamo stupirci che il nostro universo abbia proprietà apparentemente mirate alla nostra esistenza: gli altri universi che non hanno queste proprietà non potranno mai essere osservati da nessuno.

Si può constatare in queste speculazioni un cambiamento di attitudine filosofica. In effetti, all'epoca della cosmologia classica e del dibattito fra teoria dello stato stazionario e Big Bang, la convinzione dei cosmologi era che con la teoria della relatività generale si potesse arrivare ad una descrizione dell'universo nella sua totalità. Ora però, nel corso di un processo che è già avvenuto in passato, ad esempio quando si è scoperto che la nostra galassia non rappresentava l'intero universo ma che certe nebulose erano altre galassie (non a caso battezzate per un certo periodo universi-isola), si affaccia l'ipotesi dell'esistenza di altri universi, con proprietà differenti dal nostro. Ciò significa, allora, che nella cosmologia scientifica chiamiamo universo qualcosa che non è la totalità di ciò che esiste (lasciando poi da parte ogni riferimento alla coscienza e al problema della mente, che andrebbe incluso in una spiegazione dell'universo in senso filosofico).

evoluzione
Figura 3. Grafico riassuntivo dell’evoluzione dell’universo, dove viene rappresentata la variazione delle dimensioni dell’universo in funzione del tempo, e sono segnati gli eventi principali della storia del cosmo.

Al di là di questi discorsi affascinanti ma altamente ipotetici, è chiaro che la cosmologia del XXI secolo è destinata a nuovi progressi, per gli stessi motivi che hanno determinato i successi della cosmologia del XX secolo, ovvero da un lato la costruzione di nuova strumentazione e di grandi telescopi (probabilmente ne verrà lanciato uno nello spazio con un diametro fra i 6 e i 10 metri), dall'altro gli sviluppi della fisica teorica che, se coronati da successo, ci consentiranno di rispondere a molti interrogativi oggi senza risposta.



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