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I Pianeti extrasolari

Roberto Bedogni

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La stella di Barnard
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La scoperta dei
pianeti extrasolari
Le tecniche di osservazione dei pianeti extrasolari
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Pianeti extrasolari
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Catalogo dei pianeti extrasolari confermati
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La scoperta dei pianeti extrasolari

Veniamo finalmente alla rassegna dei risultati e delle scoperte più recenti. Fino a pochi anni fa non c'erano prove dirette dell'esistenza di pianeti in orbita intorno a stelle che assomigliassero al Sole, salvo il dubbio caso della stella di Barnard.

Nell'ottobre del 1995 M. Mayor e D. Queloz dell'Osservatorio di Ginevra annunciarono la scoperta di un pianeta di grande massa attorno alla stella, di tipo solare, 51 Pegasi. Pochi mesi dopo anche G. W. Marcy e R.P. Butler della San Francisco State University e della University of California, Berkley, riferirono dell'individuazione di altri due corpi in orbita intorno a stelle dello stesso tipo: 47 Ursae Majoris e 70 Virginis. Da allora sino ad oggi il numero di pianeti extrasolari ha raggiunto la ragguardevole cifra di cinquanta!

Le tecniche di osservazione dei pianeti extrasolari

Ma prima di entrare nella descrizione del "bestiario" dei pianeti extrasolari noti, vediamo quali sono i metodi per individuarli. Due sono le possibilità principali: o rivelare i pianeti indirettamente, tramite effetti fisici che ne provino l'esistenza, oppure osservarli direttamente con le immagini astronomiche.

La rilevazione indiretta. La stella principale di un sistema extrasolare è certamente visibile, e l'ipotetico pianeta si può individuare in base agli effetti che provoca sulla stella principale. Due sono i principali metodi indiretti: quello astrometrico e quello spettroscopico; a questi due va aggiunta la fotometria a terra, che sta rivelandosi sempre più interessante in questi ultimi anni. Tutte queste tecniche rivelano gli effetti gravitazionali che la presenza del compagno planetario determina sulla stella, in conseguenza del loro moto attorno al comune centro di massa.

La rilevazione diretta non serve, se non in alcuni casi particolari, per la scoperta dei pianeti extrasolari ma, una volta scoperti con metodi indiretti, permette di studiarne alcune caratteristiche peculiari, ad esempio la presenza della materia diffusa intorno alle stelle.

Entrambi questi metodi hanno, almeno per ora, un grande limite: non sono in grado di individuare pianeti extrasolari di tipo terrestre.

Il metodo astrometrico. Questa tecnica, cui abbiamo già accennato precedentemente, si basa sullo studio del moto apparente delle stelle proiettato sulla volta celeste. Le stelle più vicine al Sole mostrano, in un dato periodo, un moto proprio maggiore delle stelle lontane, che invece appaiono immobili nel cielo. La ricerca dei pianeti extrasolari, effettuata mediante l'astrometria, richiede una misura accurata della posizione della stella per un lungo periodo di tempo così da verificare se il suo moto proprio è lineare o se invece presenta delle oscillazioni provocate dalla presenza di eventuali compagni. Questa tecnica fornisce risultati ottimali nel caso di sistemi planetari in stelle vicine e con pianeti massicci orbitanti lontano dalla stella principale e con orbite di lungo periodo. L'estrema difficoltà di queste misure è messa in evidenza ricordando che un pianeta di "tipo terrestre" in orbita attorno ad un altro sole richiederebbe, per essere rilevato, misure di moto proprio con una precisione di un milionesimo di secondo d'arco: ben al di là delle possibilità osservative attuali.

Il metodo spettroscopico. Le tecniche spettroscopiche sono basate sulle misure degli spostamenti verso il blu o verso il rosso, per effetto Doppler, delle linee spettrali, particolarmente intense, osservate nello spettro della stella principale, e sono quelle che hanno dato i risultati più interessanti.

La stella, a causa del moto orbitale dell'eventuale pianeta, presenta una variazione di velocità radiale con ampiezza data dalla seguente formula:

formula 12

dove: Vr = variazione della velocità radiale in m/s , M* = massa della stella (in unità di masse solari), mp = massa del pianeta (in unità di masse solari) P = periodo dell'orbita del pianeta in anni ed i = inclinazione dell'orbita del pianeta rispetto al piano del cielo.

Si tenga presente la differenza nella misura delle velocità radiali per i pianeti extrasolari. Infatti, mentre per lo spostamento verso il rosso delle galassie lontane il valore di Vr è osservato in km/s, nel caso di oggetti planetari la misura è molto più difficile in quanto limitata a poche decine di m/s!

La spettroscopia delle righe delle stelle fornisce, tramite l'effetto Doppler, il valore della velocità radiale secondo la seguente formula:

formula13

dove deltalanda è il valore dello spostamento delle righe dello spettro causato dal moto del pianeta (rispetto alla lunghezza di onda a riposo), e c la velocità della luce Lo spostamento Doppler si ricava dalle osservazioni, anche se è necessario "ripulirlo" dagli effetti di turbolenza dell'atmosfera della stella. Questo richiede un buon modello delle atmosfere stellari in modo da calcolare, e poi sottrarre, questa componente dall'effetto totale. Il periodo dell'orbita P si ricava dall'andamento della curva di variazione della velocità radiale nel tempo, per cui il valore che si ricava dalla formula 1, è il prodotto tra la massa del pianeta ed il seno dell'inclinazione (mp sin i). Attenzione: si ricava direttamente la massa del pianeta, solo nel fortunato caso in cui il piano dell'orbita del pianeta attorno alla stella sia perpendicolare al piano del cielo! Da qui l'incertezza sui valori della massa del candidato pianeta.

difficile osservare
Figura 2.È un istogramma della distribuzione di massa per i pianeti extrasolari osservati. Sull'asse delle ordinate si trova il numero di pianeti, mentre su quello delle ascisse il prodotto mp sin i che è il valore calcolato in base all'effetto Doppler con il metodo spettroscopico. Si può notare come la definizione dell'inclinazione i tra il piano dell'orbita ed il piano del cielo può influire in modo determinante il calcolo del valore reale della massa del pianeta.

Quanto è difficile osservare un pianeta extrasolare? Dipende dalla distanza della stella e dalla massa del pianeta. Ad esempio, se il Sole fosse osservato da una distanza di 10 parsec, un pianeta della massa di Giove mostrerebbe una variazione sinusoidale nell'ampiezza di 13 m/s in un periodo orbitale uguale a 12 anni. Nel caso di Urano risulterebbe di 0,3 m/s in un periodo di 84 anni, mentre per un pianeta della massa della Terra sarebbe di 0,09 m/s per un periodo orbitale di 1 anno. Si tratta di piccole variazioni che rendono quasi proibitiva la ricerca di pianeti lontani e soprattutto di tipo terrestre!

I limiti di questi due metodi, astrometrico e spettroscopico, sono riassunti nella Figura 3. In sostanza non si possono rivelare pianeti con raggio orbitale maggiore di 10 unità astronomiche (come Urano e Nettuno del nostro Sistema solare) in quanto richiedono periodi di osservazione troppo lunghi né con raggio orbitale minore di 0,03 unità astronomiche, sia perché le maree della stella centrale distruggerebbero i pianeti, sia perché essi potrebbero essere inglobati nella atmosfera della stella principale. Ricordiamo, inoltre, che, per masse superiori alle 10 Masse di Giove, probabilmente non si tratta di pianeti, ma di Nane Brune

nane brune
Figura 3. I pianeti extrasolari che possono essere osservati con le attuali tecnologie sono rappresentati nella zona in bianco del grafico. Le masse ed i raggi sono in scala logaritmica. In questa zona i pallini neri si riferiscono ai pianeti extrasolari scoperti prima del 1997, mentre gli asterischi sono i nuovi candidati a tutto il 2000. La riga orizzontale a tratteggio delimita la regione, sopra le 10 masse di Giove, dove finiscono i pianeti veri e propri ed iniziano le stelle di tipo "Nana Bruna". La linea trasversale in basso indica il limite di visibilità nelle misure spettroscopiche di velocità radiale delle stelle. La regione sottostante in grigio, dove si trovano per confronto alcuni pianeti del Sistema solare, non è accessibile con la tecnologia attuale. La linea trasversale in alto indica gli attuali limiti del metodo astrometrico. Con tale metodo, attualmente sarebbe possibile solo l'identificazione di un compagno sub-stellare attorno ad una stella lontana non più di 30 anni luce. Questo limite potrà essere migliorato solo aumentando la precisione nella determinazione della posizione delle stelle sino ad 1/100.000 di secondo d'arco. Si vede da questo grafico che i pianeti extrasolari di taglia gioviana o più piccola sono fuori delle possibilità osservative attuali. (adattata da F. Marzari, l'Astronomia, n. 175, pag. 35)

Le "Nane Brune"

Un accordo preciso sulla natura di pianeta extrasolare non è ancora stato raggiunto, anche a causa dell'esistenza delle "Nane Brune". Queste ultime si originano allo stesso modo delle stelle ma non accumulano abbastanza massa da generare le alte temperature capaci di innescare la fusione nucleare nel loro nucleo. Oggetti con massa compresa tra le 0,01 e 0,08 masse solari vengono dette "Nane Brune". Fino al 1995 si trattava di una classe d'oggetti alquanto "misteriosi". Le prime prove inconfutabili della loro esistenza si sono avute in seguito alla scoperta di una di esse (Gliese 229 B) trovata vicino ad una Nana Rossa, Gliese 229.

Classificazione dei pianeti extrasolari