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Antonio Bonfitto

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Mesozoico o Era Secondaria: da 225 a 65 milioni di anni fa
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Mesozoico o Era Secondaria: da 225 a 65 milioni di anni fa

L'era Secondaria comprende 3 periodi: Triassico (248-213 milioni di anni fa), Giurassico (213-144 milioni di anni fa) e Cretaceo (144-65 milioni di anni fa).

L'estinzione di massa che caratterizzò la fine dell'era Paleozoica rese disponibili risorse ambientali che furono utilizzate dai sopravvissuti per operare una grande radiazione adattativa. Fra gli animali marini, le ammoniti continuarono a sopravvivere e a diversificarsi per estinguersi solo alla fine del Mesozoico; tra gli artropodi, i crostacei aumentarono costantemente in numero e varietà, ma furono soprattutto gli insetti ad avere un vera esplosione evolutiva, parallela a quella delle piante con fiori (fanerogame), con le quali strinsero un rapporto di impollinatori specializzati. Dal punto di vista zoologico, l'era Mesozoica fu caratterizzata dal predominio dei grandi rettili, durato più di 150 milioni di anni, un periodo di tempo straordinariamente lungo. Tale predominio si manifestò con l'occupazione di quasi tutte le nicchie ecologiche disponibili: vi furono forme marine completamente acquatiche, come i plesiosauri e gli ittiosauri del Giurassico - i primi vivipari noti (in grado cioè di partorire piccoli già formati) - e forme volanti, come gli pterosauri, dello stesso periodo, che volavano grazie a membrane alari che si sviluppavano tra gli arti anteriori ed il corpo, molto simili a quelle dei pipistrelli attuali; vi furono gigantesche forme erbivore (triceratopi, diplodochi, ecc.) e temibili carnivori (carnosauri). Inizialmente il successo dei rettili fu determinato dal possesso di caratteri adattativi forti che consentirono loro di svincolarsi completamente dall'ambiente acquatico: l'epidermide squamosa fortemente sclerificata e l'uovo amniotico chiuso in un guscio. Il primo carattere consentì loro di conquistare anche ambienti aridi (un grosso vantaggio sugli anfibi, che possedevano una pelle non ispessita e quindi erano costretti a vivere solo in ambienti fortemente umidi o acquatici) e di produrre strutture ectodermiche accessorie (come le corna, gli scudi cranici, ecc.) funzionali in molti rapporti interspecifici, come quelli predatore-preda. Con "l'invenzione dell'uovo" i rettili ebbero la possibilità di ricreare un ambiente acquatico attorno all'embrione, che poteva, quindi, compiere le prime fasi di sviluppo anche in ambiente subaereo al riparo dai pericoli di disseccamento (il grosso problema degli anfibi). Grazie a queste due moderne acquisizioni adattative, i rettili possono essere considerati i primi vertebrati francamente terrestri .

I primi rettili comparvero probabilmente nel carbonifero, originati da un gruppo di anfibi sconosciuto. Per lungo tempo si è pensato che un gruppo di anfibi stegocefali, i Seymuriomorfi, potesse essere considerato il gruppo di transizione. Tuttavia, anche se l'anfibio Seymouria mostra notevoli affinità con il rettile Diadectes (entrambe le forme provengono dal Permiano superiore), recenti scoperte hanno convinto i paleontologi che i seymouriomorfi rappresentino una linea filetica tronca, che non è proseguita oltre. Comunque, già alla fine del permiano i rettili erano ben differenziati ed avviati al predominio. I più importanti rettili permiani furono i Pelicosauri (famosi per l'enorme cresta dorsale; genere caratteristico Dimetrodon) e i Terapsidi, gruppo che originò, nel Triassico, i primi mammiferi. Soprattutto quest'ultimo gruppo di rettili seppe esprimere, tra la fine del Permiano e l'inizio del Triassico, una buona diversificazione; tuttavia già verso la fine del Triassico fu eclissato da quelli che saranno i veri dominatori del Mesozoico: i Dinosauri. Cosa abbia consentito una tale superiorità è oggetto di discussione, soprattutto se si considera il fatto che, nel Triassico, oltre ai dinosauri si originarono anche i primi mammiferi. Tuttavia, questi ultimi, nonostante il possesso di alcuni caratteri sicuramente vincenti sul piano adattativo (omeotermia, viviparità) furono relegati in nicchie assolutamente marginali, non riuscendo ad avere il sopravvento su animali che si pensava fossero meno performanti sia a livello fisiologico (si consideravano eterotermi), sia a livello riproduttivo (dovevano comunque deporre delle uova, al contrario dei mammiferi che trattenevano "le uova" in grembo). Oggi noi sappiamo che tutto questo poté avvenire perché molti dinosauri furono probabilmente a sangue caldo, quindi in grado di esprimere un forte dinamismo fisiologico anche a basse temperature (di notte, per esempio); inoltre, non erano così "tonti" come certa iconografia datata ce li ha mostrati, al contrario, seppero esprimere comportamenti sociali e operare forme di cooperazione nelle attività di predazione; per ultimo, erano grossi, al contrario dei mammiferi. Se, infatti, vi furono anche dinosauri piccoli (come ad esempio quelli dai quali derivarono gli uccelli), nella media essi furono più grandi dei mammiferi loro contemporanei; questo avrebbe consentito ai grandi dinosauri un vantaggio enorme, sia in termini di rapporti interspecifici (competizione) sia in termini fisiologici, dato che un animale di grandi dimensioni ha paradossalmente meno necessità energetiche di un organismo di piccole dimensioni. I mammiferi, tuttavia, sopravvissero alla schiacciante superiorità dei dinosauri; erano omeotermi, dotati di pelo (oggi si pensa che anche molti dinosauri ne fossero provvisti), erano vivipari, erano dotati di un diaframma (quindi in grado di operare una respirazione più funzionale), presentavano una maggiore efficienza dell'emoglobina con la specializzazione dei globuli rossi nel trasportare ossigeno; per ultimo, le piccole dimensioni e le abitudini notturne li mettevano relativamente al riparo dalla predazione dei grandi sauri. La convivenza dei due gruppi durò sino alla scomparsa dei dinosauri, alla fine del Mesozoico. Il passaggio tra l'era secondaria e l'era terziaria è infatti segnato da una spettacolare estinzione di massa (estinzione K-T) di cui i dinosauri sono solo le vittime più famose. Infatti, questo evento segnò fortemente quasi tutte le componenti faunistiche e floristiche del tempo, sia in terra che in mare. Il 38% dei generi di organismi marini scomparve, sulla terra si raggiunsero punte molto superiori, in qualche caso del 100%. Per comprendere la drammaticità di questi numeri bisogna considerare che la scomparsa di un singolo genere implica la scomparsa di migliaia di individui appartenenti forse a centinaia di specie. Nei mari, i gruppi più colpiti furono i foraminiferi, le spugne e i ricci di mare, mentre scomparvero del tutto gruppi marini fino ad allora dominanti, come i rettili marini (plesiosauro, mosasauro e ittiosauro) e le ammoniti. Sulla terraferma, oltre ai dinosauri, numerose vittime si contarono tra altri rettili, mammiferi (non ne sopravvisse praticamente nessuno di peso superiore ai dieci chilogrammi) e anfibi. Curiosamente alcuni gruppi si salvarono, ad esempio, coccodrilli, alligatori, rane, salamandre. Per quanto riguarda la flora, la documentazione fossile sembra testimoniare un minor impatto dell'evento sul mondo vegetale, anche se si registra un forte cambiamento nella composizione floristica, che vede le rigogliose foreste mesozoiche sostituite da comunità più opportunistiche dominate da felci, quindi comunità in qualche modo pioniere. Ma quanto durò questo evento? Non è facile rispondere; secondo alcuni, milioni di anni e la loro apparente subitaneità è dovuta alla incompleta documentazione fossile. Altri paleontologi ritengono, al contrario, che gli eventi hanno impiegato poche centinaia, forse decine, di migliaia di anni per compiersi. Nel 1978 Walter Alvarez, figlio di Luis Alvarez, premio Nobel per la fisica, formulò una delle più affascinanti teorie in proposito, quella del meteorite assassino(Fig. 7). Secondo Alvarez, 65 milioni di anni fa la Terra fu colpita da un asteroide di 10 km di diametro che produsse un'esplosione in grado di liberare energia equivalente a 10.000 volte l'intero arsenale atomico oggi esistente. Per formulare la sua teoria Alvarez si basò su osservazioni compiute in Italia, in particolare nella Gola del Bottaccione, vicino a Gubbio, dove identificò uno strato molto insolito, risalente appunto a 65 milioni di anni fa, contenente un'alta concentrazione di iridio (un metallo abbondantissimo nelle meteoriti, ma raro in natura) che testimonierebbe l'impatto di un enorme asteroide con la Terra. Il cataclisma avrebbe innescato un incendio planetario, sollevato nell'atmosfera un'immensa nube ricca di iridio che, oscurando il cielo, avrebbe impedito la fotosintesi clorofilliana e determinato il disgregamento delle catene alimentari. Questa teoria sembra confermata da dati provenienti da diverse parti del mondo e qualcuno crede di aver individuato anche il punto d'impatto: le coste settentrionali dello Yucatan.

alvarez
Figura 7. Il meteorite "assassino" nella rappresentazione di un'artista americano.

Oltre all'ipotesi del meteorite assassino, tuttavia, sono state avanzate altre teorie: raffreddamento del clima, aumento delle radiazioni cosmiche, malattie, progressiva sostituzione, a partire dal Cretaceo, delle gimnosperme (piante senza fiore apparente) con le angiosperme (le moderne piante con fiori). Probabilmente, come quasi tutti i grandi eventi evolutivi, questa estinzione fu, in realtà, dovuta al concorso di numerose cause differenti. Certo è che, con l'inizio del Terziario, si assiste all'esplosiva radiazione adattativa dei mammiferi che, assieme agli uccelli, occuparono progressivamente le nicchie ecologiche lasciate libere dai rettili. Proprio gli uccelli sono considerati gli eredi dei dinosauri; addirittura qualche autore (Bakker) pensa che i dinosauri non si siano mai estinti, ma abbiano continuato la loro evoluzione come uccelli. Tuttavia, recenti ritrovamenti fossili hanno aperto il campo ad altre ipotesi che sembrano riconsiderare la posizione di quello che finora era visto come l'anello di congiunzione tra i rettili e gli uccelli, il famoso Archaeopteryx del Giurassico bavarese.



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