L'Universo e l'origine della vita

Evoluzione biologica
dei viventi

Antonio Bonfitto

Home
Il Precambriano: dalla formazione della Terra fino a 590 milioni di anni fa
Paleozoico: da 590 a 248 milioni di anni fa
Mesozoico o Era Secondaria: da 225 a 65 milioni di anni fa
Cenozoico: gli ultimi 65 milioni di anni
Glossario
Letture e internet

Paleozoico: da 590 a 248 milioni di anni fa

L'era Paleozoica è divisa in 6 periodi: Cambriano (590-505 milioni di anni fa), Ordoviciano (505-438 milioni di anni fa), Siluriano (438-408 milioni di anni fa), Devoniano (408-360 milioni di anni fa), Carbonifero (360-286 milioni di anni fa) e il Permiano (286-248 milioni di anni fa). L'inizio dell'era della "Vita antica" o Paleozoico si fa coincidere con la comparsa dei primi organismi dotati di gusci duri o scheletri Non sono stati ancora chiariti del tutto i motivi che hanno determinato, all'inizio del Cambriano, l'acquisizione, da parte degli organismi, di strutture scheletriche. Quel che è certo è che la maggior parte dei gruppi viventi in quel periodo ne erano provvisti. Alcuni Autori hanno suggerito che nei mari precambriani non vi fosse sufficiente calcio in soluzione o che vi fosse troppa anidride carbonica ad aumentarne la solubilità, per consentire un adeguato sviluppo del metabolismo del calcio negli organismi: una prova sarebbe fornita dal fatto che le conchiglie di alcuni gruppi, come i brachiopodi, hanno aumentato il proprio contenuto in calcio nel corso di tutto il Cambriano, man mano aumentava la sua disponibilità. Questa ipotesi sembra tuttavia smentita dalla presenza di stromatoliti. Più adeguata appare l'ipotesi che individua nei vantaggi morfo-meccanici, legati al possesso di uno scheletro, la determinante favorevole ad una sua selezione; lo scheletro avrebbe consentito una maggiore capacità di movimento e, quindi, più adeguate forme di difesa o di attacco. Ciò sembra essere confermato dal fatto che animali di quel periodo possedevano già organi di senso ben sviluppati, come antenne e occhi composti, del tutto simili a quelli posseduti dagli attuali artropodi.

Durante il Cambriano, si ebbe una poderosa trasformazione della superficie del globo. Inizialmente tutte le terre emerse erano riunite in un unico supercontinente, il Pangea I. Nel corso del periodo questo si frammentò, dando origine a quattro masse continentali che, a causa di un abbassamento del loro livello, vennero successivamente invase dalle acque. Si formarono così vasti mari caldi di tipo tropicale, profondi meno di 150 m.

Da questi mari ci provengono resti fossili di organismi esclusivamente marini, che documentano uno dei più grandi mutamenti mai avvenuti della storia degli animali: la comparsa di un enorme numero di gruppi, ognuno dei quali caratterizzato da un differente e diversificato piano architettonico. Questa radiazione adattativa è nota come esplosione cambriana. Anche se molte delle forme rinvenute appaiono ancora come esperimenti evolutivi senza futuro, è certo che la comparsa di uno scheletro duro - che ha indubbiamente determinato un aumento della documentazione fossile, per cui secondo alcuni questa esplosione sarebbe più apparente che reale - permettendo lo sviluppo di diversi tipi di locomozione, ha consentito a questi animali di occupare nicchie ecologiche non sfruttate. Indicativo in tal senso è il dato riferito al mondo vegetale che non sembra esprimere la stessa tendenza al punto che, nei primi trenta milioni di anni del Cambriano, le piante continuano ad essere rappresentate solo da poche forme algali.

trilobite
Figura 4. Trilobite, Archeociato e (in basso) il barachiopode Lingula, vero fossile vivente.

I più caratteristici rappresentanti della fauna cambriana furono i trilobiti (Fig. 4 in alto a sinistra), gli archeociati e i brachiopodi (Fig. 4 in alto a destra e in basso). Dotati di un corpo tripartito (da cui il nome), i trilobiti rappresentano il gruppo guida del Paleozoico; erano dotati di occhi composti e seppero diversificarsi in numerosissime forme con dimensioni variabili da pochissimi centimetri fino a mezzo metro. I brachiopodi, organismi dotati di un guscio formato da due valve, prosperarono per tutto il Paleozoico; le poche forme attualmente sopravvissute, come la Lingula (Fig. 4 in basso), un vero e proprio fossile apparentemente immutato da circa 450 milioni di anni, sono da considerarsi relitte. Gli archeociati, animali simili a spugne o a coralli, furono i più importanti costruttori di scogliere dei caldi mari cambriani e si estinsero alla fine del periodo. Tuttavia, il gruppo di fossili forse più interessante del Cambriano, estremamente indicativo del grande processo di differenziazione faunistica in atto, è stato rinvenuto nella formazione delle Burgess Shales, nella Columbia Britannica (America settentrionale), una zona fossilifera del Cambriano medio, nota da una settantina d'anni ma studiata a fondo solo in anni recenti. La varietà di forme estratta dalle Burgess Shales (Fig. 5) è impressionante, soprattutto se confrontata con lo sparuto numero di piani organizzativi noti alla fine del Precambriano. Gli animali di Burgess Shales hanno forme curiosissime e, se per alcuni appare lecita una collocazione all'interno di gruppi attualmente noti (crostacei, anellidi, molluschi ecc.), altri rappresentano delle morfologie assolutamente originali ed uniche che testimoniano dei tentativi della Vita di "provare" differenti alternative morfologiche e funzionali, solo alcune delle quali, tuttavia, costituiscono le radici di linee evolutive giunte fino a noi. Tra queste, la linea dei Cordati, rappresentata dal genere Pikaja, all'interno della quale è contenuta quella dell'uomo.

fauna cambriano
Figura 5. Alcuni generi rappresentanti della fauna cambriana di Burgess Shale.

Anche il periodo successivo, l'Ordoviciano, fu caratterizzato da drammatici mutamenti ambientali. All'inizio le vaste pianure del Canada e dell'Asia furono sommerse dai caldi mari cambriani ancora in avanzamento. Nell'ordoviciano medio, al contrario, vi fu una contrazione dei mari interni che determinò la comparsa di vaste aree basse e asciutte che furono riallagate solo alla fine del periodo. I mutamenti ambientali influenzarono profondamente la vita animale. L'evoluzione delle faune ordoviciane avvenne, infatti, all'insegna della diversificazione e della specializzazione. Tra i gruppi più importanti ricordiamo i molluschi (bivalvi e cefalopodi), gli echinodermi (che raggiunsero in questo periodo il loro massimo livello di diversificazione), i briozoi e i brachiopodi che occuparono progressivamente le barriere coralline, assieme ai coralli tabulati e rugosi. Nell'Ordoviciano comparvero anche gli Agnati, pesci primitivi, dotati di una struttura assile dorsale di sostegno (vertebrati), privi di mascelle mobili, di taglia media, sprovvisti di pinne pari e dotati di una lunga coda flessibile. Non erano dei buoni nuotatori e, probabilmente, vivevano in acque basse dove si nutrivano di piccoli invertebrati di fondo.

Durante il breve periodo successivo, il Siluriano, si svilupparono e stabilizzarono soprattutto le comunità legate alle scogliere coralline e proseguì l'evoluzione dei vertebrati. Dai primi agnati, che si muovevano pigramente sul fondo nutrendosi per filtrazione, si originarono le prime forme di pesci provvisti di un paio di mascelle mobili. I primi Gnatostomi (vertebrati dotati di bocca mobile) furono i Placodermi. Questa nuova struttura, che deriva dalla trasformazione del primo paio di archi branchiali, rappresentò un evento sconvolgente all'interno delle comunità acquatiche. La comparsa di una bocca mobile, in grado di mordere sia in attacco che in difesa, determinò una pressione selettiva favorevole sia all'aumento delle dimensioni che allo sviluppo di strutture difensive; i placodermi devono il loro nome alle robuste placche ossee che ne ricoprivano il corpo e seppero esprimere forme gigantesche, lunghe fino a 7 metri. L'origine dei placodermi è probabilmente da localizzarsi tra le comunità ittiche dulciacquicole o salmastre; più tardi, tuttavia, una linea di discendenti tornò al mare dando origine a tutti i moderni pesci marini. I placodermi, in poco tempo, soppiantarono quasi del tutto gli agnati che sono riusciti a giungere fino a noi solo con poche specie ectoparassite (lamprede e missine). Si estinsero fra la fine del Carbonifero e l’inizio del Permiano, dopo aver originato due gruppi estremamente importanti dal punto di vista evolutivo: i pesci cartilaginei (codroitti) e i pesci ossei (osteoitti).

Eusthenopteron
Figura6. Il pesce devoniano Eusthenopteron

Nel corso del Siluriano si ebbero, oltre al proseguimento dell'attività tettonica, numerose fluttuazioni di livello delle acque, dovute a una serie di glaciazioni (estensione dei ghiacci polari) e disgeli successivi, che crearono fenomeni di siccità, in alcuni casi anche molto estesi. In tali circostanze, furono fortemente favoriti gli organismi in grado di resistere all'asciutto quando laghi o mari si ritiravano. Nel tardo Siluriano, comparvero le prime piante terrestri (derivate da alghe) dotate di fusti di sostegno (piante vascolari ), che, pur essendo ancora legate all’acqua per la riproduzione, furono in grado di colonizzare il grande ambiente, fino ad allora deserto, delle terre emerse. La presenza di piante terrestri creò le condizioni adatte per la conquista animale della terraferma. Al loro seguito si mossero i primi animali terrestri, rappresentati da "vermi" simili ai millepiedi (archipolipodi). Erano caratterizzati da grandi occhi composti (come quello degli insetti) e da un robusto scheletro esterno (esoscheletro) munito di appendici spinose. Questa prima invasione delle terre emerse fu resa possibile proprio dalla presenza, in questi organismi primitivi, di uno scheletro esterno rigido, sclerificato ed impermeabile. Questa struttura garantiva isolamento idrico (impedendo il disseccamento dei liquidi interni) e sufficiente rigidità per sollevare il corpo in un ambiente in cui nulla si opponeva alla forza di gravità. In questo modo iniziarono a formarsi, in luoghi prossimi all'acqua, le prime semplici comunità pioniere terrestri.

Fu soprattutto nel periodo successivo, il Devoniano, che questi ecosistemi pionieri si svilupparono e si differenziarono. Con la proliferazione delle piante terrestri (comparvero licopodi, equiseti e felci), agli animali furono offerte nuove possibilità ambientali sempre più distanti dall'acqua. Le nuove piante fornirono ombra, diminuirono l'effetto del vento, conservarono l'umidità e offrirono detriti organici direttamente utilizzabili. In questi nuovi ambienti si affermarono probabilmente gli insetti, presenti forse già nelle paludi tropicali del Siluriano anche se i più antichi fossili di insetti sono stati rinvenuti in rocce del Devoniano medio scozzese e del Devoniano inferiore in Canada. Nel mare, intanto, fiorivano e si differenziavano le ammoniti, molluschi cefalopodi predatori, ma soprattutto i pesci che erano derivati dai placodermi. Questi ultimi, verso la fine del Siluriano avevano dato origine a due linee evolutive una delle quali, quella relativa ai pesci ossei, subì, nel corso del Devoniano, un'ulteriore differenziazione in tre gruppi: i Paleoniscoidi, dai quali derivarono i pesci moderni (teleostei), i Dipnoi (pesci dotati di una sorta di sacco polmonare che consente loro di sopravvivere in ambiente subaereo nei periodi di siccità), oggi rappresentati da solo tre generi relitti, e i Crossopterigi, gruppo attualmente rappresentato da un'unica specie, Latimeria chalumnae, ma che diede origine ai primi anfibi. Nel corso del Devoniano, la pressione selettiva operata dai continui mutamenti ambientali (fasi di prosciugamento) e soprattutto la disponibilità di nuove nicchie ecologiche terrestri indussero vertebrati dotati di opportuni caratteri predativi a spostarsi verso gli ecosistemi terrestri. Questi vertebrati furono i Crossopterigi Ripidisti. Questo gruppo di pesci presentava caratteristiche strutturali potenzialmente in grado di trasformarsi in strutture utili alla vita in ambiente terrestre e quindi di originare i primi tetrapodi (organismi con quattro zampe) terrestri. Erano dotati di pinne lobate sostenute da uno scheletro interno con muscoli, al contrario delle pinne di altri pesci che sono sostenute da semplici raggi; inoltre, avevano coane aperte, cioè canali "nasali", in collegamento con una sacca polmonare interna. Un rappresentante tipico è Eusthenopteron (Fig. 6), un ripidista del gruppo degli Osteolepiformi (Devoniano superiore) che funge un po' da modello cui riferire, comparativamente, la struttura dei primi tetrapodi terrestri: gli Anfibi Stegocefali Labirintodonti. La forma di transizione tra questi due gruppi di vertebrati è esemplificata da Ichthyostega, uno dei più antichi anfibi fossili conosciuti, descritto nel 1937 nelle arenarie del Devoniano superiore della Groenlandia. Ichthyostega, pur essendo uno stegocefalo, mostra ancora caratteri tipici dei ripidisti, accanto a novità adattative conseguenti ad uno stile di vita francamente più terrestre. In particolare, il braccio in miniatura di Eusthenopteron viene completato con le ossa terminali delle dita (laddove vi erano i raggi del lobo della pinna), l'orientamento di questi "arti" non è più posteriore ma diretto perpendicolarmente al terreno, le vertebre si modificano in modo da acquisire una funzionalità legata alla necessità di sostenere un corpo in un ambiente privo di spinta idrostatica, vengono acquisiti un cinto scapolare e uno pelvico per adeguare il collegamento degli arti alla colonna vertebrale, in modo da consentire un sostegno dorsale agli stessi nel movimento (nei pesci, soprattutto il cinto pelvico è libero e affondato nei muscoli, privo di qualsiasi funzione di sostegno), viene migliorata la funzionalità respiratoria "riciclando" le coane e migliorando la primitiva sacca respiratoria dei dipnoi e dei crossopterigi. A partire dalla primitiva copertura di scaglie ereditata dai pesci, il tegumento si modificò in modo da renderlo più adatto a impedire un eccessiva perdita di liquidi interni e si svilupparono strutture uditive come l'orecchio medio, che consente di percepire le vibrazioni dell'aria. Tuttavia, Ichthyostega presenta ancora tracce di linea laterale (organo sensoriale tipico dei pesci) ed è dotato di una coda "pisciforme" con pinna dorsale ed anale. Era quindi un tetrapode terrestre ancora fortemente legato all'acqua. Per questo, alcuni autori ritengono che la spiegazione dell'origine degli anfibi facente appello a ricorrenti siccità non sia soddisfacente e suggeriscono che Ichthyostega vivesse per la maggior parte del tempo in acque basse e paludose. In tal senso sembra plausibile che la sua architettura costituisse un buon compromesso tra il nuoto e lo spostamento sul fondo, in modo non dissimile da quanto accade per alcuni anfibi attuali, ad esempio i tritoni. La conquista della terraferma, secondo questo modello, sarebbe stata stimolata dalla competizione per il cibo nell'acqua e dall'abbondanza di quest'ultimo sulla terraferma, dove erano ormai presenti vari artropodi, che divennero sempre più abbondanti durante il Carbonifero. Gli anfibi, tuttavia, non hanno mai risolto del tutto i problemi legati alla conquista dell'ambiente subaereo: la loro copertura poco sclerificata non gli consente di affrancarsi del tutto da ambienti acquatici o comunque molto umidi e, soprattutto, tutti gli anfibi hanno la necessità di compiere i primi stadi del loro sviluppo in acqua.

Il completo adattamento dei vertebrati alla vita terrestre si ebbe solo successivamente, con la comparsa dei primi rettili che erano dotati di una pelle coperta di squame e, soprattutto, erano in grado di deporre uova dotate di guscio e quindi resistenti al disseccamento. Questo consentì ai rettili di occupare ambienti anche lontani dall'acqua, perché veniva eliminata la necessità di un periodo di vita larvale acquatico.

Questo salto di qualità avvenne forse già nel Carbonifero, periodo in cui, tuttavia, le condizioni climatiche e ambientali favorirono enormemente la diffusione e la diversificazione degli anfibi. Così come il Devoniano può essere indicato come il "periodo dei Pesci", il Carbonifero può essere ricordato come il "periodo degli Anfibi". Già a partire dalla fine del Devoniano, le condizioni geoclimatiche (tra l'altro la massa europea si fuse con la massa continentale nordamericana) favorirono lo sviluppo di enormi paludi, circondate da foreste in cui sorsero le prime piante con semi, le conifere (attualmente rappresentate da pini, larici, abeti, ecc.). Con lo sviluppo dei semi, anche le piante si affrancarono dalla necessità assoluta dell'acqua per la riproduzione. Il Carbonifero si caratterizzò, quindi, in ampie zone della Terra, per un clima caldo e umido costante tutto l'anno che consentì lo sviluppo di estese coperture forestali i cui resti andarono a costituire gli immensi depositi di combustibile fossile, da cui il periodo prende il nome. Le estese foreste e le paludi fornirono a molti animali ampie possibilità di diffusione. Fra gli artropodi, proliferarono particolarmente ragni, centopiedi, millepiedi, scorpioni e insetti tra i quali comparvero le prime forme alate. La radiazione evolutiva nell'ambiente aereo, evidentemente favorita dalla mancanza di competizione, fu subito notevole, con la produzione delle più svariate forme volatrici; tra queste ricordiamo Meganeura, una libellula gigante con un'apertura alare di 70 cm.

Nel periodo successivo, il Permiano, si ebbe la formazione di Pangea II, unico supercontinente che raccoglieva tutte le terre emerse, e il ritiro finale dei mari interni del Paleozoico. Si vennero a creare vaste zone asciutte che segnarono il declino degli anfibi, gruppo che aveva precedentemente dominato le terre emerse. Il clima del Permiano fu geograficamente e cronologicamente variegato, caratterizzato da un forte raffreddamento nella parte iniziale del periodo e da un riscaldamento finale. I resti più caratteristici delle faune permiane riguardano gli insetti, che svilupparono le prime forme "moderne" a metamorfosi completa, le ammoniti, che continuarono la loro progressiva complicazione, e i rettili.

Il Permiano si chiuse con una grande estinzione di massa che segnò, 225 milioni di anni fa, il limite fra il Paleozoico e il Mesozoico. Circa la metà delle famiglie (qualcuno dice il 90%) di invertebrati marini di acque basse furono cancellate nel giro di pochi milioni di anni: i trilobiti, che già declinavano da tempo, si estinsero completamente; molti molluschi, tra cui i nautiloidi, si ridussero a una sola linea evolutiva; i brachiopodi furono decimati e sostituiti dai bivalvi, molluschi fino ad allora poco sviluppati.



Mesozoico o Era Secondaria: da 225 a 65 milioni di anni fa