ANCHE LE STELLE FANNO IL LIFTING

COLLISIONI E VAMPIRISMO: ECCO COME 

LE STELLE SI MANTENGONO GIOVANI    


Utilizzando immagini ottenute con il Telescopio Spaziale Hubble un gruppo di astrofisici dell’Ateneo di Bologna ha svelato l’enigma delle stelle “bambine” 

Si tratta in realta` di stelle molto vecchie  (hanno 13 miliardi di anni e si sono formate all’epoca della formazione della galassia) che hanno riacquistato sembianze di stelle giovani grazie ad uno specifico processo di “ringiovanimento”. Sono le collisioni e  i fenomeni di “vampirismo” stellare i processi in grado di ringiovanirle. E` questa l'affascinante ipotesi avanzata da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Astronomia dell'Universita` di Bologna, pubblicata dalla prestigiosa rivista Nature nel numero di giovedi` 24 Dicembre 2009.

La prova è giunta dallo studio delle regioni centrali di un affollatissimo sistema stellare chiamato Messier 30 (dal nome del suo scopritore).   Nel nucleo più centrale dell’ammasso, così fitto di stelle (20mila volte più affollato della regione di spazio dove si trova il nostro Sole), si sono infatti osservate, per la prima volta due distinte popolazioni di vagabonde blu, con caratteristiche di luminosità e temperature nettamente diverse. “Anche se in questi anni abbiamo studiato le stelle bambine in molti sistemi stellari, siamo rimasti completamente sbigottiti quando abbiamo visto che si potevano distinguere chiaramente due gruppi di vagabonde blu: un primo gruppo di 24 stelle mediamente più calde e meno luminose, e un gruppo di 21 più fredde e brillanti. Non avevamo mai visto nulla di simile in nessun sistema stellare prima d’ora” commenta Giacomo Beccari dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che ha collaborato alla scoperta.  “Queste differenze sembrano giustificare origini diverse degli astri: le vagabonde più calde sarebbero effettivamente nate da collisioni, quelle più fredde sembrano originate da trasferimenti di materia ancora in corso, mentre nessuno dei due gruppi è spiegabile con il processo da cui e` scaturito l’altro.” prosegue  Emanuele Dalessandro del team dell’UNIBO. Una cosi netta separazione tra i due gruppi tendera` probabilmente a sparire nel tempo, ed è forse per questo che le famiglie di vagabonde blu finora studiate non presentavano caratteristiche così chiaramente distinguibili.

   L’Ammasso Globulare Messier 30

Messier 30 (noto anche come M30 o NGC 7099) è uno dei

150 ammassi globulari che orbitano nella periferia (Alone) nella nostra Galassia.  Fu scoperto da Charles  Messier nel 

1764 nella  costellazione del  Capricorno. 

M30 si trova ad una distanza di circa 28.000 anni-luce dalla   Terra.  La radiazione catturata da Hubble e` dunque partita dalle stelle di questo ammasso quando l'Homo Sapiens cominciava a popolare l’europa. Il suo nucleo  e` estremamente  denso, ed ha subito il processo di collasso  in modo simile ad almeno altri 20 dei 150 ammassi globulari della Via Lattea.

Il successo di questa ricerca e` il risultato di un lavoro di squadra e di una stretta sinergia tra Universita` ed Enti di ricerca, in particolare con l'Osservatorio Astronomico di Bologna dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). “Il nostro e' un gruppo che ha scommesso sui giovani (meta` ha meno di 40 anni): un team affiatato e motivato che  e` cresciuto presso il Dipartimento di Astronomia dell'UniBO.” commenta Ferraro.”D’altra parte questa e’ la seconda scoperta del nostro gruppo pubblicata dalla rivista Nature in meno di un mese. Credo che questo sia un risultato che metta in evidenza la vitalita` e il livello di eccellenza della ricerca astrofisica in Italia. Con questo lavoro stiamo contribuendo a costruire a Bologna un centro di formazione nel settore dell'astrofisica stellare che  mira a diventare un punto di riferimento per i giovani ricercatori  non solo a livello italiano, ma anche europeo e mondiale." conclude Ferraro.

Il nucleo dell’ammasso stellare Messier 30 che ha rivelato l’esistenza delle due popolazioni di stelle ringiovanite. Questa immagine e’ stata ottenuta attraverso la combinazione di immagini ottenute in diversi colori con la Wide Field Camera 2 a bordo del Telescopio Spaziale Hubble

Il confronto con i modelli teorici ha permesso di azzardare anche una datazione per l’epoca in  cui le stelle dei due gruppi di sono tornate bambine. “E’ successo tutto un paio di miliardi di anni fa, quando l’ammasso M30 ha subito uno degli eventi piu’ catastrofici della sua vita: quello che viene chiamato “collasso” del nucleo. Durante quel processo infatti la densita` di stelle nella regione centrale e` cresciuta rapidamente, raggiungendo valori elevatissimi, probabilmente anche piu’ elevati di quelli che vediamo oggi nel centro dell’ammasso.” prosegue Ferraro. La distanza media tra le stelle e’ drammaticamente diminuita e gli astri hanno cominciato a “disturbarsi” a vicenda. “In un ambiente cosi` affollato le collisioni e le interazioni ravvicinate con scambio di materia sono aumentate esponenzialmente, favorendo cosi la formazione delle due famiglie di stelle bambine svelate dalle nostre osservazioni. Se questa ipotesi e` corretta, la nostra scoperta costituisce la prima evidenza  diretta di quell’evento ”  commenta Barbara Lanzoni dell’UNIBO.

"E` come vedere dei bambini in una foto di gruppo di un ospizio per anziani. Viene spontaneo chiedersi cosa ci facciano lì! " afferma Francesco Ferraro, Professore di Astrofisica Stellare del Dipartimento di Astronomia dell'Universita` di Bologna (UniBo) e responsabile del progetto. "E proprio per comprendere la loro origine  le stiamo studiando da oltre 10 anni in tutti i sistemi stellari possibili. Questi studi hanno dimostrato che in realta`  anche le vagabonde blu sono  stelle vecchissime, ma appaiono piu’ giovani delle loro compagne grazie ad un processo di lifting cosmico "

“In un contesto piu` generale, la nostra scoperta getta nuova luce su come le condizioni “ambientali” possano alterare il destino di astri che altrimenti sarebbero destinati a consumare la loro esistenza in totale isolamento” prosegue Ferraro “Quando  le circostanze li costringono ad incontri ravvicinati, sembrano infatti capaci di dar luogo ad interazioni feconde, generando oggetti stellari del tutto inaspettati. Lo studio di questi oggetti  puo` aprire la strada a nuovi studi sulla sociologia delle stelle”.

Sono due e distinti i processi di lifting con cui stelle anziane possono dar vita ad una stella più “giovane”: le collisioni e il vampirismo. Nel primo caso le due stelle si fondono scontrandosi l’una con l’altra. Nel secondo una delle due, molto vicina, “risucchia” progressivamente gas dall’altra, fino a “divorarla” completamente. Il risultato è comunque una stella di luminosita` e dimensioni piu` grandi, che assume così sembianze più “giovani” di quella originaria.  

Per ulteriori informazioni contattare:

Francesco Ferraro

email: francesco.ferraro3@unibo.it

                                  Tel: +39 051 2095774

                                  Cell: +39 338 8941576

Come gli uomini, anche le stelle nascono, crescono e muoiono ed invecchiando consumano la propria riserva energetica  diventando progressivamente piu` fredde. Solo ad  alcune fortunate puo` capitare di  sperimentare una “seconda giovinezza”  e tornare bambine, attraverso un vero e proprio processo di ringiovanimento (una sorta di “lifting cosmico”).  Sono due e distinti i processi  di “lifting”  attraverso cui stelle anziane possono tornare giovani: le collisioni e il vampirismo. Un gruppo di ricercatori dell’Universita` di Bologna (UNIBO) e` riuscito per la prima volta a distinguere i due processi di ringiovanimento nel nucleo di un ammasso stellare. La scoperta, di cui riferisce il prossimo numero della prestigiosa rivista scientifica Nature, svela finalmente un annoso mistero: quello delle vagabonde blu (blue stragglers), le anomale stelle “bambine” che punteggiano le regioni più antiche della nostra galassia, dove gli astri hanno da tempo smesso di formarsi, e dove ormai risplendono, o dovrebbero risplendere, solo vecchie stelle. 

Gli ammassi stellari piu‘ popolosi della nostra galassia (i cosiddetti Ammassi Globulari) sono gli oggetti piu‘  antichi che conosciamo. Questi sistemi stellari sono completamente privi di gas (da cui si potrebbero formare nuove stelle) e dunque  dovrebbero essere popolati solo da stelle molto vecchie. Ma e` proprio negli ammassi globulari che piu’ di 50 anni fa (nel 1953) vennero notate per la prima volta le vagabonde blu. Da allora queste stelle costituiscono un rompicapo  che appassiona gli astrofisici.

In realtà, che le vagabonde blu derivassero da urti o passaggi di materia tra stelle, era già stato ipotizzato.   Ciò che è riuscito al team internazionale guidato dagli astronomi italiani è stato trovare, per la prima volta, le prove sperimentali capaci di dimostrare che entrambi i fenomeni entrano in gioco e nessuno dei due è sufficiente, da solo, a spiegare la formazione di tutte le “stelle bambine” che si osservano.

     Il telescopio spaziale Hubble

Hubble e’ un telescopio di 2,4 metri di diametro  portato in orbita dallo Space Shuttle quasi 20 anni fa (il 24 Aprile 1990). Il telescopio orbita ad una quota di circa 575 Km dalla superficie terrestre.

Puo‘ osservare luce ultravioletta, ottica ed infrarossa ed ottenere immagini ad altissima risoluzione angolare perche` non risente dei fenomeni degradanti dell’atmosfera. 

 

L’osservazione delle vagabonde blu e’ intrinsecamente molto difficile e richiede una eccezionale risoluzione angolare,  che permetta di poter distinguere e misurare le caratteristiche delle singole stelle anche nelle regioni centrali di ammassi ad altissima densita` come M30. Infatti le vagabonde blu, una volta formate sono stelle molto piu’ pesanti delle altre e dunque tendono ad “affondare” rapidamente verso il centro dell’ammasso (come un biglia pesante affonda in un vaso di miele). “Per strappare  al nucleo di M30 il suo segreto abbiamo utilizzato una straordinaria sequenza di immagini ottenute con il Telescopio Spaziale Hubble: 44 immagini sono state combinate insieme per ottenere una visione nitida e profonda del nucleo dell’ammasso, sufficiente da poter distinguere le due famiglie di stelle bambine”  aggiunge Ferraro

Perché collisioni e cannibalismo “ringiovaniscono” le stelle?

Le stelle sono gigantesche centrali termonucleari che producono energia e calore attraverso le reazioni termonucleari che avvengono nel loro nucleo. Queste reazioni convertono l’idrogeno (il combustibile primario) in elio. La “giovinezza” di una stella corrisponde al periodo in cui l’astro ha sufficiente  idrogeno da poter “bruciare” nel suo nucleo per mantenere la propria temperatura e luminosita` costanti (come nel caso del nostro Sole). I fenomeni di collisioni e vampirismo fanno affluire nel serbatoio centrale delle stelle “nuovo” combustibile  che ne ri-alimenta il motore e ne prolunga la giovinezza. Di conseguenza, anche le proprietà misurabili (luminosità e temperatura) vengono modificate e le stelle appaiono più luminose, e più calde (blu), ovvero diventano vagabonde blu.

Perché i due gruppi distinti di vagabonde blu sono stati osservati  solo in M30?


In generale, nelle regioni centrali degli ammassi globulari c’è un forte affollamento e le stelle sono costrette a vivere a stretto contatto l’una con l’altra. E` dunque in queste condizioni che si possono manifestare più facilmente i fenomeni sia di “collisione” che di “vampirismo” capaci di ringiovanire alcune stelle rispetto alle altre dello stesso ammasso. In particolare, M30 è un ammasso con il cosiddetto “nucleo collassato”, cioè un sistema in cui, 1 o 2 miliardi di anni fa, la densità nelle regioni centrali e` diventata talmente elevata (circa 20,000 volte più alta di quella della regione di universo in cui viviamo) da accentuare i processi di reciproca interazione tra le stelle.  Questo fenomeno ha originato un “ambiente” ideale per entrambi i meccanismi di ringiovanimento, che hanno quindi generato le due popolazioni diverse di vagabonde blu. Questa scoperta  rappresenta dunque la prova diretta dell’esistenza di uno stretto legame tra l’evoluzione delle stelle ed il tipo d’ambiente in cui esse vivono. Per di più suggerisce che in questo legame ci sia la chiave per comprendere la formazione di altri oggetti peculiari.

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