L'Universo e l'origine della vita

L'evoluzione umana. Dati, problemi, interpretazioni

Fiorenzo Facchini

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Introduzione
I Dati
Le fasi dell'evoluzione umana
1. Gli Australopiteci
2. Homo habilis
3. Homo erectus
4. Homo sapiens
Problemi Aperti
Interpretazioni
Letture e internet

I Dati

I dati sono rappresentati essenzialmente dai fossili che sono venuti alla luce negli ultimi 150 anni. Essi forniscono una documentazione abbastanza ricca e destinata da accrescersi sulle forme di Primati che hanno preceduto la comparsa dell'uomo sulla Terra e sulle prime forme umane, certamente diverse da quelle che vediamo oggi. La paleoantropologia mette anche in evidenza, oltre ai resti scheletrici, le tracce lasciate dall'uomo nella sua attività e nella sua vita, cioè i segni della cultura che presentano uno sviluppo nel tempo. Il suo rapporto con la natura e la organizzazione della sua vita cambiano, si modificano nel tempo, nel senso che l'uomo si dimostra sempre più in grado di padroneggiare l'ambiente con il quale ha sempre dovuto competere, come ogni altra specie, ma in questa competizione ha potuto ricorrere non soltanto a vantaggi biologicamente possibili, ma agli accorgimenti della cultura.

Oltre ai dati paleontologici lo studio della evoluzione umana si avvale, soprattutto a livello di intepretazione filetica, anche di quelli che possono essere forniti dalla biologia molecolare, tratti dalle comparazioni tra uomo e Primati non umani, come pure dalle ricerche sulle popolazioni viventi.

Le fasi dell'evoluzione umana

Nell'evoluzione umana si riconoscono concordemente una fase preumana, preparatoria, e diverse fasi successive alla comparsa dell'uomo attraverso le quali si giunge all'umanità attuale.

La fase preparatoria è rappresentata dagli Australopiteci. Essa non segue uno sviluppo lineare, ma è caratterizzata da diverse linee, fra le quali una potrebbe avere portato alle prime forme umane o potrebbe essere connessa a un antenato comune a quella umana. Effettivamente le scoperte recenti indicano una complessità di forme di ominidi in prossimità e in concomitanza con quella che viene ritenuta la più antica forma umana. Ben nove specie di Australopiteci sono state segnalate, anche se alcune potrebbero corrispondere a dei generi dal punto di vista tassonomico. Alcune sono decisamente lontane, sul piano filetico, dall'uomo, altre meno. Alcune sono precedenti alla fase più antica umana (rappresentata da Homo habilis e Homo erectus), altre si accompagnano ad essa.

Le fasi che vengono identificate per il genere Homo sono le seguenti: Homo habilis, Homo erectus, Homo sapiens. Va però subito notato che la nomenclatura in uso, presa dalla sistematica biologica, più che un significato tassonomico (genere, specie) sta a indicare stadi morfologico - evolutivi, grossolanamente sovrapposti, come molti Autori moderni fanno rilevare (Jelinek, Coppens, ecc.).

1. Gli Australopiteci

La fase australopitecina è caratterizzata da Primati che avevano una capacità cranica nell'ordine delle Antropomorfe attuali, ma possedevano una struttura idonea al bipedismo, anche se ancora imperfetto, specialmente nelle forme più antiche. Questa struttura, certamente vantaggiosa in un ambiente aperto come quello che si formò nell'Africa orientale nel Miocene superiore e all'inizio del Pliocene, ha rappresentato il primo passo verso l'ominizzazione. L'avvicinamento alla forma umana, oltre che dalla struttura bipede, è documentato dalla dentatura (assenza di diastema, riduzione dei canini) certamente in correlazione con una dieta diversa da quella forestale delle Antropomorfe. I reperti sono localizzati in Africa in un periodo che va dai 4-5 milioni di anni fa a poco più di un milione di anni fa. Ricordo l'Australopiteco africano, segnalato dal Dart nel 1925 nell'Africa australe (a Taung) e i successivi rinvenimenti nella stessa regione riferibili alla forma gracile, come quella di Taung (Plesiantropo; A. prometheus), e alla forma robusta (Paranthropus robustus, Paranthropus crassidens); i reperti robusti dell'Africa orientale (A. aethiopicus, A. boisei) di 2-3 milioni di anni fa. Altri Australopiteci più antichi (A. arcaici, di 3-3,5 milioni di anni fa) provengono dall'Etiopia e dalla Tanzania e dal Kenya. Sono la ben nota "Lucy" (A. afarensis), trovata nel 1974 ad Hadar, in Etiopia, e a Laetoli in Tanzania, dove sono state pure rinvenute impronte di Ominidi risalenti a 3,5 milioni di anni fa. Alle forme arcaiche vengono riferiti i recenti rinvenimenti di A. (o Ardipithecus ramidus) di 4,4 milioni di anni fa in Etiopia, di A. anamensis di 3,9-4 milioni di anni fa (Kenya), di Bahr-el-gazahl nel Chad di 3,2 milioni di anni fa e di A. afarense segnalato nel 1998 nel Sud Africa nella breccia calcarea di Sterkfontein risalente a 3,2-3,6 milioni di anni fa.

carta africa
Figura 1. Localitŕ africane che hanno fornito resti di Australopitecine.

In una comune somiglianza di fondo, riconoscibile negli adattamenti al bipedismo, anche se associati a dimensioni cerebrali nell'ordine di un Panide, c'è da rilevare, nelle forme più antiche, una morfologia dell'apparato locomotore che denota buona capacità di arrampicamento e familiarità con l'ambiente arboreo, specialmente in A. afarense, in A. ramidus e anche nell'A. arcaico di Sterkfontein.

lucy
Figura 2. Resti scheletrici di "Lucy" (Astrulapithecus afarensis)

L'A. anamensis rivelerebbe invece una struttura più chiaramente orientata al bipedismo. Ad esso, più che alle altre forme arcaiche sarebbe da ricollegarsi secondo Senut la linea umana (Homo habilis e rudolfensis). Sembra dunque, secondo le recenti scoperte, che 3-5 milioni di anni fa vi fossero Australopiteci che praticavano sia il bipedismo che l'arrampicamento. Alcuni però sembrano più orientati verso il bipedismo, altri verso l'arrampicamento.1

Le forme più antiche si sarebbero sviluppate nell'Africa orientale tra 4,5 e 3 milioni di anni fa. Esse si sarebbero diffuse non solo nelle regioni aperte a Est del Rift (come suggerisce Coppens), ma anche a Ovest, nel Chad, e si sarebbero spinte nel Sud Africa. Qui potrebbero avere dato origine sia ad Australopiteco africano che ad Australopiteco robusto, mentre a Est del Rift l'evoluzione della forma arcaica avrebbe portato ad A. aethiopicus e a A. boisei.

A. aethiopicus
Figura 3. Australopithecus robustus e Astrolopithecus aethiopicus

Per l'epoca degli Australopiteci più recenti (2,5-2 milioni di anni fa) sono state segnalate anche pietre scheggiate, ma si ha l'impressione che non ci troviamo ancora di fronte a una lavorazione sistematica e progressiva della selce, quale si incomincia ad osservare con Homo habilis, per cui gli oggetti eventualmente manipolati non assumono il significato che hanno con l'uomo. Forse potrebbe parlarsi di una precultura. In ogni caso gli Australopiteci non vengono considerati di livello umano.

2. Homo habilis

A partire da 2,5-2 milioni di anni fa in Africa orientale e anche nell'Africa del Sud vissero accanto agli Australopiteci degli Ominidi che si distinguono da essi per una maggiore cerebralizzazione (secondo Tobias l'aumento della capacità cranica sarebbe di oltre il 40%) e per i segni di comportamento culturale che ci hanno lasciato. È la fase di Homo habilis, documentata da vari reperti in Tanzania, Etiopia, Kenya e nel Sud Africa. Il recente rinvenimento di un frammento di mandibola nel Malawi, riferibile a Homo habilis, di circa 2, 5 milioni di anni fa, potrebbe attestare una migrazione piuttosto antica dall'Africa orientale verso il Sud Africa.

La faccia appare meno prognata, la statura intorno a 140-150 cm.

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Figura 4. Homo habilis 1470 (Koobi Fora)

Come noto, la denominazione di Homo habilis è motivata da un certo sviluppo della capacità cranica (circa 650-680 cc in Homo habilis di Olduvai; 800 cc nella forma più cerebralizzata del Turkana denominata anche Homo rudolfensis), e dal fatto che insieme con i reperti sono stati trovati ciottoli lavorati, scheggiati lungo un margine di una o di entrambe le facce (chopper e chopping tools). Ci troviamo di fronte alla più antica lavorazione della pietra. Essa viene ritenuta intenzionale, espressione di un livello intellettivo che, secondo molti studiosi, corrisponde a quello dell'uomo. Inoltre con Homo habilis è attestata anche l'organizzazione del territorio: vengono identificate aree che corrispondono a capanne costruite e frequentate dall'uomo a scopo di abitazione o di lavorazione della selce e alla spartizione del cibo.

Un altro elemento di sicuro interesse è un certo sviluppo delle aree cerebrali del linguaggio articolato (area del Broca, per i muscoli della fonazione, e area del Wernicke, per la comprensione del linguaggio), che è stato desunto dal calco endocranico sul quale sono state identificate le relative impronte per l'emisfero sinistro. Sono questi diversi elementi che inducono molti Autori a ritenere che con Homo habilis sia stato raggiunto il livello umano.

linguaggio
linguaggio
Figura 5. Organi della fonazione nello scimpanzé e nell'uomo.

3. Homo erectus

In sostanziale continuità con Homo habilis va vista la fase di Homo erectus, i cui più antichi rappresentanti vengono riconosciuti in Ominidi dell'Africa orientale, vissuti intorno a 1,6 milioni di anni fa. La loro evoluzione porterà alle forme arcaiche di Homo sapiens, la cui presenza viene riconosciuta tra 200.000 e 100.000 anni fa, sempre nel territorio africano e, in seguito, negli altri continenti.

Il cranio di Homo erectus ha tratti anche più massicci e robusti rispetto a Homo habilis, specialmente nelle formazioni sopraorbitarie e nell'occipitale (presenza di torus), ma è più cerebralizzato (da 800 a 1100 cc). Inoltre è accompagnato da manifestazioni culturali più progredite (industrie bifacciali, oltre a quelle su ciottolo, industrie su scheggia e, in fase più avanzata, manufatti di lavorazione Levallois). Per le prime forme di Homo erectus dell'Africa è stata proposta da Wood (1992) la denominazione di Homo ergaster.

Dalla culla dell'Africa orientale, dove Homo erectus è documentato da vari ritrovamenti in Etiopia e in Kenya, specialmente intorno al Lago Turkana e in Tanzania, egli si è diffuso nel Sud Africa (Swartkrans, Saldanha, Rhodesia) e nell'Africa settentrionale (Atlantropo di Ternifine, Thomas, Salè, Sidi-abder-rhaman, Rabat).

Molto anticamente Homo erectus si è portato in Asia e in Europa. Per l'Asia i reperti più noti sono quelli di Giava, con i numerosi ritrovamenti di Pitecantropi avvenuti dal 1891 ai giorni nostri. Una parte della storia della paleontologia umana è legata alle scoperte dei Pitecantropi, che sono stati messi in luce in diversi strati (dal Pleistocene inferiore al Pleistocene superiore). Vi sono reperti di diversa morfologia, alcuni sicuramente non umani (Megantropo), altri umani, con qualche aspetto primitivo che richiama le forme di erectus africane, ma con caratteristiche anche proprie.

L'epoca a cui risalgono le forme più antiche è ancora controversa (1,9 o 1,2 milioni di anni fa). La connessione con le forme africane è fuori discussione; al momento è ritenuta molto antica. Se ad essi si aggiungono i reperti del Sinantropo, rinvenuti nella grotta di Chou-kou-tien, non lontano da Pechino,a partire dal 1929 (risalenti a un'epoca tra 450.000 e 230.000 anni fa), e quelli di altre località della Cina (Longtandong, Jinniushan, Yuanmou, Yiyuan, Yiunxian, ecc.) si ha l'impressione di trovarsi di fronte a una evoluzione a carattere regionale, che ha seguito tappe e ritmi propri ed è sfociata nelle forme di Homo sapiens arcaico presenti nelle stesse regioni intorno a 200.000-100.000 anni fa.

Per l'Europa recenti scoperte ci portano ad epoche assai più antiche di quella a cui veniva fatto risalire Homo erectus, con la denominazione di Homo heidelbergensis, rappresentato dalla mandibola di Mauer, risalente a circa 600.000 anni fa. A Dmanisi, in Georgia, sono stati segnalati due crani e una mandibola risalenti a 1,6 milioni di anni fa. A Ceprano, nel Lazio, è stato scoperto un cranio di Homo erectus di 800.000 anni fa. Numerosi fossili umani trovati ad Atapuerca, in Spagna, attestano la presenza umana nella penisola iberica nella stessa epoca. Essi presenterebbero caratteristiche tali da differenziarli dall'erectus africano, pur derivando da esso, tanto che è stata proposta la denominazione di Homo antecessor. Queste forme potrebbero ritenersi antenati sia di Homo heidelbergensis e, attraverso di esso, dei Neandertaliani, sia della forma moderna europea.

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Figura 6. Neandertaliano di "La Ferrassie" (Francia)

Ma, a parte le connessioni filetiche delle forme più antiche, la presenza di Homo erectus in Europa è ben documentata da numerosi reperti che si distribuiscono in varie località e in epoche diverse fino alle forme preneandertaliane di 100.000 anni fa (Tautavel, Bilzinsgleben, Petralona, Steinheim, Swanscombe, Montmaurin, Fontéchévade, Castel di Guido, ecc.).

La cultura di Homo erectus denota un sicuro livello umano. Le industrie litiche, sia quelle bifacciali che su scheggia, attestano una lavorazione intenzionale secondo un preciso progetto. Si può notare l'accuratezza con cui vengono ottenuti i manufatti acheuleani (Paleolitico inferiore), nei quali la lavorazione è estesa a entrambe le facce e ai margini con opportuni ritocchi. Si può cogliere, oltre alla funzionalità dello strumento, il concetto di simmetria che i costruttori di questa industriadovevano possedere. Vengono segnalati anche strumenti ricavati da ossa di animali. La lavorazione su scheggia dimostra un perfezionamento mediante la tecnica Levallois, con la quale veniva predeterminata sul nucleo la forma del manufatto che si voleva ottenere.

Con Homo erectus si ha anche la domesticazione del fuoco a partire da almeno mezzo milione di anni fa. Pare documentato il trattamento di crani per qualche rituale funerario, forse di antropofagia (ad esempio nel Sinantropo). L'organizzazione dello spazio abitato, sia all'aperto che in grotta, è bene attestata. L'economia, come in tutto il Paleolitico, si basa sulla caccia e sulla raccolta. La caccia ai grandi mammiferi doveva richiedere un'adeguata organizzazione (luoghi di monitoraggio, campi base).

4. Homo sapiens

Il passaggio delle forme di erectus a quelle di Homo sapiens non fu netto, ma graduale, tanto che alcuni reperti sono classificati tra gli erectus evoluti o tra i sapiens arcaici. Questo passaggio viene collocato tra i 200.000 e i 100.000 anni fa. Le forme più antiche di sapiens (Homo sapiens arcaico) non sono attualmente rappresentate. Tra queste vanno inclusi anche i Neandertaliani europei e del Vicino Oriente, vissuti tra 100.000 e 37.000 anni fa, i quali si sono estinti senza lasciare discendenza. Le radici dell'umanità attuale, o Homo sapiens sapiens (ben noto nei reperti del Paleolitico superiore europeo, quali Cro-Magnon, Chancelade, Combe Capelle, ecc.), vengono riconosciute in alcuni reperti di uomini vissuti intorno a 90.000 anni fa in Palestina, a loro volta derivanti da forme africane di Homo sapiens arcaico.

Lo sviluppo di Homo sapiens sapiens appare piuttosto rapido, quasi esplosivo: a partire da 35.000 anni fa esso è presente nei vari continenti, compresa l'America e l'Australia.

sapiens sapiens
Figura 7. Cranio di Homo sapiens sapiens di di Qafzeh (Israele).

È interessante osservare che in alcune regioni la forma moderna si ritrova accanto a quella neandertaliana: così in Israele tra i 90.000 e 40.000 anni fa e in alcune regioni europee intorno a 35.000 anni fa. Comunque l'affermarsi della forma moderna non viene interpretato da molti Autori in termini di evoluzione locale (almeno in senso generalizzato ed esteso a tutte le regioni della terra), ma viene riferito a diffusione da un centro africano.

La cultura della forma sapiens si presenta assai evoluta sia nelle industrie su pietra e anche su osso (specialmente nel Paleolitico superiore, queste ultime), sia nelle raffigurazioni dell'arte parietale e mobiliare, sia nelle pratiche funerarie di cui le più antiche inumazioni sono riconosciute a Skhul e Qafzeh, in Palestina, risalenti a 90.000 anni fa e con i Neandertaliani in Europa e nel Vicino Oriente.

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Figura 8. Duplice sepoltura di una ragazza e di un bambino rinvenuta nella grotta di Qafzeh (Israele).

1Nei mesi scorsi sono stati segnalati da Pickford e Senut alcuni reperti (frammenti di mandibola, omero, femore) ritrovati nel Kenya e risalenti a 6 milioni di anni fa, che rivelano qualche tendenza verso il bipedismo. Si tratterebbe di una linea diversa da quella degli Australopiteci conosciuti e potrebbe avere portato al gen. Homo (cf. Science, 23 feb., 2001)

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