L'Universo e l'origine della vita

L'evoluzione umana. Dati, problemi, interpretazioni

Fiorenzo Facchini

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Introduzione
I Dati
Problemi Aperti
Interpretazioni
1. Identità biologica e culturale dell'uomo
2. Le origini dell'uomo e della cultura
3. Il posto dell'uomo nella natura
Letture e internet

Interpretazioni

1. L'identità biologica e culturale dell'uomo

Chi è l'uomo? È questa la domanda che si pone non soltanto lo scienziato o il filosofo, ma ogni uomo. E il problema della identità dell'uomo, per la quale si può cercare una risposta anche basandosi sul comportamento dell'uomo, su ciò che lo caratterizza sul piano fenomenologico. Nell'uomo all'elemento biologico, comune a tutti i viventi, si accompagna l'elemento comportamentale di natura diversa, cioè la cultura.

Lo studio dell'evoluzione umana e dell'uomo preistorico non è solo lo studio delle modificazioni fisiche, ma anche della cultura. Tra l'uomo e il mondo animale vi è una continuità biologica che giustifica l'appartenenza della specie umana all'ordine dei Primati dal punto di vista tassonomico. Tale continuità non esclude novità e peculiarità sul piano biologico, che appaiono e possono essere interpretate come discontinuità. Attualmente non vi sono altri Primati che praticano il bipedismo. Lo sviluppo cerebrale umano, sia in senso quantitativo che qualitativo, è un fenomeno unico nel mondo dei viventi. Si ritiene che le differenze tra il genoma umano e quello dello scimpanzè siano dell'ordine del 5%, ma si tratta di vedere che cosa corrisponde a quel 5% sul piano biologico e comportamentale.(Le differenze sarebbero anche minori, nell'ordine dell' 1-2% se si fa riferimento alle proprietà biochimiche). Per quanto concerne i più antichi fossili umani, lo studio paleontologico mette in evidenza in Homo habilis alcuni elementi che fanno pensare a qualche discontinuità sul piano anche fisico (ad esempio l'aumento cerebrale del 40% rispetto agli Australopiteci). Ma non è facile parlare di discontinuità, non conoscendosi tutti i possibili passaggi intermedi. Mi sembra però che l'elemento di maggiore discontinuità sia rappresentato dal comportamento, cioè dalle attività che rivelano un'attitudine culturale e non sono riconducibili a fenomeni, proprietà o leggi di ordine biologico né a strutture biologiche. E quello che osserviamo con la cultura, la quale rientra in un campo extrabiologico.

Sul piano antropologico ritengo che due elementi caratterizzino la cultura: la progettualità e la simbolizzazione.

1. La progettualità significa la capacità di progettare, di agire intenzionalmente con certi comportamenti che tendono a raggiungere uno scopo che ci si prefigge. La progettualità rivela originalità, capacità innovative e creative, sia che si esprima nella lavorazione di una selce o nella costruzione di un riparo o nella manipolazione degli alimenti. È quello che avviene nella tecnologia, che può essere strumentale, abitativa, alimentare. La tecnica non è sconosciuta nel mondo animale. Pensiamo al castoro che costruisce le dighe, o all'ape che costruisce celle esagonali di altissima perfezione, o agli uccelli che costruiscono il nido. Ma in questi casi non ci sono innovazioni, non c'è un progresso. Si tratta di comportamenti che appaiono fissati dal DNA o dall'imprinting. Manca una intelligenza di tipo astrattivo, che ha la capacità di proiettarsi nel futuro, di progettare, di innovare, di conservare.

2. La simbolizzazione è un'altra caratteristica essenziale della cultura. La capacità simbolica consiste nell'attribuire a un segno, a un suono, a un oggetto un valore, un significato che va oltre il segno (ad esempio, un grido, come reazione a uno stimolo doloroso). Mediante la simbolizzazione vengono arricchite di valori le realizzazioni della tecnica. La progettualità si lega alla simbolizzazione. Infatti ció che viene ottenuto, oltre a rispondere a un progetto, assume un valore di segno o richiamo a qualche utilizzazione o impiego. Lo strumento acquista un valore in quanto strumento, perché richiama la funzione alla quale è destinato. Si può parlare di simbolismo funzionale, perché lo strumento assume un significato nella sua oggettività, in quanto rimanda, nell'intenzione di chi lo costruisce e nella mente di chi lo osserva, a una utilizzazione o funzione particolare o generale (ad esempio il tagliare, il raschiare).

Inoltre vi sono espressioni di simbolismo che consentono di comunicare, di stabilire delle relazioni non soltanto con riferimento immediato a stati emotivi, ma anche a situazioni lontane nel tempo (memoria dell'evento e proiezione sul futuro). Esse si collocano nella sfera del sociale, della comunicazione interpersonale. Ciò si realizza sia nelle risposte a bisogni biologici, che vengono arricchite di nuovi significati (l'abito ha funzione protettiva e di richiamo o estetica; la mensa è un modo per soddisfare bisogni biologici, ma anche di comunicazione, ecc.), sia in modo del tutto peculiare mediante il linguaggio, la scrittura e altre forme di comunicazione che costituiscono i sistemi simbolici di comunicazione, caratteristici delle società umane. Mediante la parola si realizza una comunicazione in assenza delle cose a cui ci si riferisce, astraendo da ciò che cade immediatamente sotto i sensi. È così che avviene la comunicazione del proprio mondo interiore e delle proprie esperienze. La comunicazione simbolica mediante il linguaggio rappresenta l'ambiente in cui si stringono i rapporti sociali e si formano nuovi sistemi di comunicazione. Queste forme di comunicazione rientrano in un simbolismo sociale.

Infine vi è un simbolismo in cui la comunicazione riguarda l'interiorità della persona senza particolari relazioni a bisogni o eventi. Si può trascendere la dimensione biologica e il bisogno sociale, quando ci si porta nella sfera dell'arte, della religione e dell'etica. In questi casi si può parlare di simbolismo spirituale. Possono esserci anche espressioni che hanno qualche riferimento alla vita biologica e sociale, ma si ha indipendenza e trascendenza rispetto al bisogno biologico e sociale.

La simbolizzazione avvolge la vita dell'uomo. Ció va detto sia per l'uomo attuale che per l'uomo del passato. Giustamente Deacon (1997) parla dell'uomo come "specie simbolica".

Progettualità e simbolizzazione vanno viste congiuntamente, come espressioni dell'intelligenza umana astrattiva e dello psichismo umano. Esse costituiscono il nucleo essenziale della cultura. Inoltre, proprio in quanto espressioni creative, possono svilupparsi ed accrescersi nelle loro realizzazioni, che vengono trasmesse nella società per via extraparentale. Se questa è la cultura, dobbiamo anche ritenere che si ha solo nell'uomo, e quindi è un linguaggio improprio quello che attribuisce agli animali una cultura, ritenendo cultura qualunque comportamento appreso, anche per imitazione o per apprendimento casuale, e non ereditato biologicamente.

Ciò che caratterizza la cultura è espressione di uno psichismo che è autocoscienza. Lo psichismo umano è anche percezione del tempo, non solo come memoria del passato (anche gli animali possono averla), ma come previsione e programmazione del futuro. La capacità previsionale è propria dell'uomo e porta alla conservazione e al miglioramento dei suoi prodotti. Essa significa apertura verso un futuro da conoscere e da costruire coscientemente e liberamente, anche predisponendo tecniche adeguate.

Questo atteggiamento interiore è rivelato dal comportamento, dai segni che ci fanno cogliere queste peculiarità dell'uomo, in una parola dalle manifestazioni culturali, in un approccio che potrebbe dirsi non filosofico, ma piuttosto fenomenologico o propriamente antropologico. Lo psichismo riflesso non fossilizza, ma se ne conservano le tracce, per l'uomo preistorico, come per l'uomo di oggi. E così che l'uomo si distingue dalle forme non umane, in cui non c'è progettualità né‚ simbolizzazione (anche se negli animali sono descritti atteggiamenti che simulano qualcosa di analogo).

2. Le origini dell'uomo e della cultura

Le origini della cultura come quelle dell'uomo sono avvolte in un certo mistero o oscurità. Quando nell'Ominide si manifesta la capacità di progetto e di simbolismo è segno che la scintilla dell'intelligenza si è accesa in lui. Ma quando ciò è avvenuto? Quando possiamo ritenere di trovarci di fronte a manifestazioni che lasciano intendere capacità di progetto e di simbolizzazione?

È il problema della individuazione della soglia umana, uno dei più ardui della paleoantropologia. Dobbiamo riconoscere che le origini dell'uomo e della cultura sono avvolte nell'oscurità più profonda. Teilhard de Chardin dice che l'uomo fa il suo ingresso sulla scena del mondo in punta di piedi. Quando lo vediamo è già una folla, senza dire che la documentazione che ci è pervenuta nelle sue fasi iniziali è certamente assai scarsa e frammentaria. Occorre fare riferimento ai reperti ossei e alle manifestazioni culturali.

Espressioni di cultura si trovano nella storia evolutiva dell'uomo non solo nelle fasi recenti con Homo sapiens che seppellisce i morti e affresca le pareti delle grotte, ma anche con Homo erectus e Homo habilis. Già sono state ricordate le manifestazioni culturali che accompagnano le forme umane più antiche. Esse sono costituite essenzialmente da industrie litiche, da testimonianze sul modo di vita che depongono per uno psichismo umano. L'uomo faber è anche sapiens, si rivela sapiens nell'essere faber, anche a partire dall'industria su ciottolo. Essa, nella sua varietà, rivela una progettualità e, indirettamente, anche una capacità astrattiva simbolica.

Quello che importa è il significato che lo strumento assume nell'immaginario del suo artefice, il quale non si accontenta dell'uso immediato, ma lo conserva e lo perfeziona. L'uomo tecnologico, costruttore di utensili, è anche inventore di simboli, symbolicus e loquens: la stessa tecnologia viene trasmessa mediante il linguaggio.

bifacciali ciottoli
Figura 11.In alto. Bifacciali del giacimento di Castel di Guido, risalenti al Pleistocene medio
(da F.Facchini in Nuova Secondaria, maggio 1999)
In basso. Ca' Belvedere di Monte Poggiolo. Rimontaggio dallo strato 109 n. 1; schegge nn. 5,7 (str.107); ciottoli scheggiati nn.2 (str. 107),3 (str.108),4,6, (str.103).
(da AA.VV., Il sito di Ca' Belvedere di Monte Poggiolo. In Quando Forlì non c'era, Abaco, Forli,1996)

Quello che convince di più sull'antichitá della forma umana, oltre allo strumento in sé (non c'è un "usa e getta", come in alcuni Primati che utilizzano pietre o bastoni), è il contesto in cui si realizzano e vengono utilizzate le tecniche, è la continuità e il progresso che si osservano nelle industrie litiche e nella organizzazione del territorio, nelle forme che si susseguono da Homo habilis a Homo erectus e Homo sapiens.

bifacciale
Figura 11. Bifacciale in selce del periodo Acheuleano. Al centro un fossile bivalve (Norfolk, Inghilterra).

La cultura entra come elemento determinante nei processi di adattamento, modificando l'ambiente e mediante accorgimenti che adattano l'organismo all'ambiente. Sia la capacità progettuale che il simbolismo - nella tecnologia, come nella vita e nell'organizzazione sociale e nel linguaggio - rappresentano fattori di adattamento dell'ambiente all'uomo e dell'uomo all'ambiente. Mediante la cultura si allenta la selezione naturale, anche se continua ad operare.

Rispetto alle altre specie l'uomo va controcorrente, perché innesta altre strategie adattative ed evolutive, contrastando, in qualche misura, la stessa selezione naturale ai fini della sopravvivenza. Se l'uomo è sopravvissuto rispetto agli Australopiteci, che si sono estinti, è stato grazie alla cultura (Coppens).

tibia
Figura 12. Frammento di tibia di elefante con segni intenzionali trovata nel sito di Bilzinsgleben (Germania)

La cultura rappresenta l'ambiente della specie umana. L'uomo nasce, vive e cresce in una cultura. Realizza il suo rapporto con l'ambiente mediante la cultura. Essa rappresenta una vera specializzazione sul piano ecologico e caratterizza il rapporto trofico e funzionale della specie umana con l'habitat, cioè "la nicchia ecologica" della specie umana. In questo senso, emblematicamente, abbiamo proposto di definire la cultura "nicchia ecologica dell'uomo".

La cultura può essere vista anche come trascendimento evolutivo. L'idea si riallaccia al pensiero di Dobzhansky sulla linea della concezione di Teilhard de Chardin. Secondo l'Autore, è da ammettersi una discontinuità, un trascendimento evolutivo nel passaggio alla forma umana. Infatti le regole della società umana non sono più quelle biologiche, pur continuando le leggi di ordine biologico. Riteniamo che questa discontinuità sia da ricollegarsi essenzialmente alla cultura. Essa è stata preceduta, secondo Dobzhansky, da un primo trascendimento che si è avuto nel passaggio dal mondo inorganico alla struttura vivente. La singolarità dell'evento umano, proprio a motivo della cultura, viene riconosciuta anche da altri sostenitori del neodarwinismo, tra cui ricordo Ayala.

La cultura diventa rivelatrice dell'umano nell'uomo, di ciò che è specifico dell'uomo, e consiste nella sua attitudine alla cultura, resa possibile dallo psichismo riflesso, quali che siano le manifestazioni. Ciò può essere affermato sul piano fenomenologico. La spiegazione ultima di questo atteggiamento che esprime una discontinuità ontologica potrà essere ricercata in una visione filosofica dell'uomo aperta alla spiritualità.

3. Il posto dell'uomo nella natura

Nella concezione del darwinismo rigoroso, l'uomo, come ogni essere vivente che è determinato dalle piccole variazioni casuali delle specie, è un evento del tutto fortuito. L'uomo si trova detronizzato dalla sua posizione al vertice del creato. Una visione fondata unicamente sulla casualità e sulla necessità, escludendo altri approcci scientifici e filosofici al fenomeno evolutivo, diventa una concezione totalizzante e mitica della evoluzione, che pretende di spiegare tutta la realtà, nel suo esistere e nel suo divenire, in termini unicamente meccanicistici. L'uomo viene visto come una delle tante specie del mondo animale in competizione con le altre o con l'ambiente nella lotta per l'esistenza. Ebbene questa riduzione dell'uomo a una delle tante specie, casualmente formatasi, male si accorda con la storia evolutiva che evidenzia nella linea umana una particolare direzione evolutiva, come sostenuto da molti studiosi e suggerito dal Principio antropico.

Se si guarda agli ultimi milioni di anni si vede che nell'evoluzione dei Primati si delinea una direzione evolutiva, caratterizzata da una maggiore complessità nella cerebralizzazione - come ha osservato Teilhard de Chardin - e culminante nella forma umana. Ha osservato Jean Piveteau (1983): "Se non si può affermare che il suo evento era inevitabile, esso è strettamente legato al movimento evolutivo, al suo sviluppo, alle sue caratteristiche. Non si può dire che questo movimento sia la causa dell'uomo, ma questi appare proprio come la sua conseguenza naturale". Tutto si svolge come se l'uomo rappresenti il punto culminante di tutta l'evoluzione cosmica e biologica.

Nota ancora a questo proposito il Piveteau in un'altra successiva opera (1996): "L'uomo aveva creduto un tempo di essere il centro del mondo; poi gli sembrò di non avere nessuna misura con la natura, trovandosi sperduto in un angolo dell'universo. La paleontologia gli restituisce, in una nuova forma, una preminenza in cui non credeva più ...".

Infine un'ultima osservazione. Non è solo la paleontologia che restituisce all'uomo una sua peculiarità nel mondo dei viventi, ma anche l'ecologia, in quanto essa chiama in causa la sua responsabilità in ordine a tutto l'ecosistema. La natura e le funzioni dell'essere umano differiscono da quelle di ogni altra specie per aspetti che non si legano direttamente al DNA. La cultura rappresenta la vera specializzazione dell'uomo e non è paragonabile a particolari organi con significato adattativo, quali si osservano nel mondo animale (ad esempio le pinne nei pesci o la proboscide dell'elefante), come qualcuno ha ritenuto. Con la cultura ci si trasferisce su un altro piano. Con l'uomo si è innescata nella storia dei viventi una modalità del tutto nuova, rappresentata dall'autocoscienza e dalla cultura. Di qui le sue responsabilità in ordine all'ambiente e al suo futuro.
La paleontologia, come anche l'ecologia, ricollocano l'uomo in una posizione unica nella natura.



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