L'Universo e l'origine della vita

I pianeti e la vita

Pierluigi Battistini

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Alla ricerca della vita marziana

Nel 1976 le missioni Viking posarono due sonde sul suolo marziano alla ricerca di organismi viventi. Gli esperimenti biologici a bordo hanno affrontato il problema da aspetti diversi. Quello principale era diretto semplicemente alla ricerca di molecole organiche sulla superficie del pianeta rosso. Il risultato è stato del tutto negativo: non è stato rivelato un solo composto del carbonio, sebbene lo strumento fosse in grado di rivelare molecole organiche con una concentrazione di uno su un miliardo. Gli altri esperimenti hanno cercato tracce di attività metabolica aggiungendo acqua e nutrienti a campioni di suolo. Sebbene siano stati ottenuti alcuni risultati interessanti, sono tutti stati spiegati con processi inorganici.

Questo non deve sorprendere, se teniamo conto che la pressione atmosferica su Marte è meno dell'uno per cento di quella terrestre, molto lontana da quella necessaria per l'esistenza di acqua allo stato liquido in quantità ragionevoli. Oltre a ciò, l'atmosfera non contiene ossigeno e quindi è assente lo strato di ozono che protegge la superficie dalle radiazioni ultraviolette, estremamente dannose per ogni forma vivente. Questa radiazione, che giunge fin sulla superficie, è stata senza dubbio un fattore importante nel produrre il caratteristico colore rosso del pianeta e nella produzione di perossidi, che sono molto efficienti nel distruggere i composti organici.

L'accordo fra gli scienziati nell'affermare che la superficie di Marte sia sterile è ormai praticamente generale, però si pensa che possano esistere zone, con presenza di acqua allo stato liquido, al di sotto della superficie, dove la temperatura e la pressione siano sufficientemente alte. Una sfida importante per le future missioni di esplorazione sarà quella di accedere a strati abbastanza profondi per poter esaminare il problema. Dovremo probabilmente aspettare qualche decennio, perché un'impresa di questo tipo non potrà essere effettuata in modo completo se non con la presenza dell'uomo.

Le immagini dei Viking Orbiters e dei loro predecessori Mariner rivelarono che l'antica e craterizzata superficie marziana era ricca di canali prodotti da acqua scorrente sulla superficie molto tempo fa. Così, mentre i veicoli atterrati, i lander, escludevano la presenza di vita attuale, quelli rimasti in orbita, gli orbiter, aprivano la possibilità di ipotizzare la presenza di vita sul pianeta in epoche remote.

maja vallis
Fig. 3 - Il sistema di canali della parte superiore di questa immagine costituisce la Maja Vallis che si estende per una lunghezza di circa 180 km, sul pianeta Marte. Probabilmente è stato prodotto dall'acqua discesa dal Juventae Chasma, che si trova alcune centinaia di km più a sud. Nella parte inferiore della foto si vede la Vedra Vallis. L'area rappresentata ha un larghezza di 150 km.

Dal punto di vista della possibilità di presenza di vita, la storia del clima di Marte è quasi esattamente l'opposto di quella del clima di Venere: Marte era un tempo relativamente caldo rispetto al clima estremamente rigido di oggi. Questa affermazione sembra in contraddizione col fatto che il Sole ha aumentato la sua luminosità col tempo e che quindi la quantità di radiazione che arriva sul pianeta è aumentata; ma dobbiamo tenere in considerazione un altro fattore importante che entra nella questione: l'evoluzione della sua atmosfera. Su Marte l'antica atmosfera ricca di anidride carbonica e di altri "gas serra" ha portato la temperatura superficiale del pianeta a valori abbastanza elevati per permettere la presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie. Le interazioni dell'atmosfera con le rocce e le perdite nello spazio a causa della bassa velocità di fuga hanno poi provocato il declino della pressione. Sulla Terra tali perdite sono state controbilanciate dal riciclaggio della crosta, dovuto alle interazioni col mantello, e dal conseguente rilascio di grandi quantità di gas nell'atmosfera durante le eruzioni vulcaniche. Su Marte tale riciclaggio è avvenuto in quantità molto inferiore, mancando una intensa attività vulcanica.

yuti
Fig. 4 - Il materiale espulso dall'impatto che ha formato il cratere Yuty ha generato questi caratteristici lobi per il fatto che l'energia dell'impatto ha riscaldato e quindi fuso il ghiaccio che si trovava sotto la superficie, provocando l'emissione di materiale fluido. Strutture di questo tipo sono molto comuni in crateri che si trovano all'equatore e alle medie latitudini di Marte. Il cratere Yuty ha un diametro di 18 km.

Circa 3 miliardi di anni fa Marte era già probabilmente un pianeta estremamente freddo e l'acqua allo stato liquido residua si era già ritirata sotto la superficie portando eventualmente con sé l'emergente biosfera. È possibile pensare che la vita, originatasi su Marte nel periodo di clima clemente, con acqua allo stato liquido sulla superficie, si sia ritirata in oasi profonde dove continua ad essere ancora presente oggi? Oppure in alternativa: è possibile ipotizzare l'insorgere della vita in queste oasi? In entrambi i casi, possiamo pensare che siano presenti tracce fossili nelle rocce della crosta?

Il ritrovamento, in Antartide nel 1984, della meteorite marziana ALH84001, potrebbe fornire informazioni per tentare di rispondere a queste domande. Nell'agosto del 1996 un gruppo di ricercatori della Nasa pubblicava sulla rivista Science la notizia della scoperta di possibili tracce di vita marziana nella meteorite. Cha essa sia originata da Marte si è capito al di là di ogni ragionevole dubbio, confrontando la composizione isotopica dell'ossigeno e dei gas atmosferici intrappolati con i dati ottenuti dai lander della missione Viking. Non è possibile sapere da quale parte di Marte provenga, comunque è vecchia di 4,5 miliardi di anni ed è quindi un campione dell'antica crosta. Questa meteorite contiene idrocarburi complessi intrappolati nei carbonati che si sono formati circa 3,9 miliardi di anni fa quando, verso la fine di un periodo di intenso bombardamento, su Marte erano presenti condizioni che hanno permesso l'infiltrazione di fluidi acquiferi attraverso fratture nelle rocce della crosta. Questi eventi sono contemporanei all'apparizione della vita sulla Terra. In tempi più recenti, circa 17 milioni di anni fa, la roccia fu lanciata nello spazio a causa della collisione con un grosso meteorite ed è rimasta in orbita solare fino a che, 13.000 anni fa, è caduta in Antartide.

Al bordo dei globuli di carbonati contenuti in ALH84001 sono state trovate strutture simili a quelle di batteri fossili terrestri, anche se molto più piccole. Alcune di queste strutture si sono poi rivelate artefatti dovuti alla preparazione dei campioni per la microscopia elettronica ed altre possono essersi formate per interazione con l'atmosfera terrestre durante la permanenza sulla Terra, ma ne rimangono alcune che non sono dovute a questi fattori e non sono facilmente interpretabili mediante processi non biologici. Restano, tuttavia, molti dubbi e se, per ora, la presenza di tracce di vita fossile in ALH84001 non può ancora essere dimostrata, gli studi continuano e non è detto che il futuro non ci riservi interessanti sorprese.

A differenza di Venere e della Terra, su Marte si sono conservate ampie regioni della crosta primordiale che probabilmente contengono ancora tracce della storia primitiva del pianeta rosso. L'eventuale raccolta di informazioni sulla chimica prebiotica, cruciali per comprendere il sorgere della vita sulla Terra, può essere altrettanto importante della scoperta stessa di forme di vita marziana. È per questo che molti scienziati insistono perché, nonostante i recenti gravi insuccessi, le missioni di esplorazione di Marte continuino.

In anni recenti sul fondo degli oceani terrestri sono state trovate sorgenti calde assai ricche di vita. Queste sorgenti idrotermali si formano quando due placche oceaniche si allontanano e la lava che fuoriesce sostituisce il fondo oceanico. In queste aree sgorgano sorgenti fluide estremamente calde e ricche di minerali. Al contatto con l'acqua fredda dell'oceano si raffreddano rapidamente, depositano i minerali e formano una sorta di camini che si innalzano dal fondo. Tali ambienti sono considerati i più importanti per lo sviluppo delle prime forme di vita sulla Terra e probabilmente anche quelli in cui la vita ha avuto inizio. Questi habitat ospitano diverse comunità di organismi che non hanno bisogno della luce solare per supportare la fotosintesi, ma prosperano sintetizzando composti organici dai materiali inorganici forniti dalle sorgenti. Ci chiediamo: possono semplici comunità di questo tipo essersi sviluppate, in associazione con sorgenti idrotermali, in altre parti del Sistema solare?

Su Marte habitat molto simili potrebbero essersi prodotti e mantenuti da sorgenti interne di calore, generate dall'energia degli impatti e dal decadimento di sorgenti radioattive. Sistemi di circolazione di acqua calda erano inoltre probabilmente diffuse durante la storia primitiva di Marte, particolarmente sui fianchi dei vulcani e dei grandi crateri da impatto e sul fondo delle grandi fosse tettoniche. Per esplorare la possibilità di trovare tracce di questa antica vita marziana dobbiamo innanzitutto localizzare i depositi che, con maggiore probabilità, hanno conservato memorie fossili. Il primo passo è quello di realizzare mappe dettagliate della mineralogia e della composizione chimica della superficie. In questi anni le sonde orbitanti attorno al pianeta, in particolare Mars Global Surveyor, che ha terminato la sua missione primaria alla fine del 2000, e Mars Odyssey il cui lancio è avvenuto il 7 aprile 2001, dovranno fornire immagini ad alta risoluzione del pianeta che ci permettano di guidare i futuri veicoli destinati ad atterrare verso rocce nelle quali sia più probabile trovare tracce di vita passata. Si dovrebbe poter localizzare depositi sedimentari contenenti acqua sugli altipiani fortemente craterizzati, che si sono formati nelle fasi più antiche della storia del pianeta, quando l'acqua era presente in abbondanza. Inoltre, per poter perforare la crosta alla ricerca di tali strati con presenza di acqua allo stato liquido - e quindi, possibilmente, di vita - occorrono rilevamenti topografici ad alta risoluzione per localizzare concentrazioni di vapore acqueo o di gas idrotermali nell'atmosfera, dove l'acqua del sottosuolo è più vicina alla superficie.

Riportare a terra campioni di tali zone fornirà materiale per ulteriori ricerche di composti chimici prebiotici o fossili. Ad ogni modo, in questo tipo di ricerche è di fondamentale importanza evitare la contaminazione dell'ambiente: occorre individuare metodiche sicure che ci garantiscano sia dalla contaminazione dei campioni da parte di organismi terrestri, sia dall'introduzione di organismi alieni nella biosfera terrestre. Studi in questo senso sono in corso e coinvolgono l'intera comunità scientifica internazionale: per poter trasferire in sicurezza campioni da Marte sulla Terra il lavoro da compiere è ancora molto.



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