Leggere il Cielo

Brevi cenni di storia della
astronomia

Fabrizio Bònoli

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La strada verso la "rivoluzione scientifica"

La cosmologia aristotelica e l'astronomia tolemaica "funzionarono", così, per quattordici secoli, senza variazioni di rilievo attraverso tutto il Medioevo, il quale spesso compare nell'immaginario collettivo come l'epoca dei "secoli bui": niente di più sbagliato!

La storia della scienza medievale è la storia di come è stata disseminata, assimilata, modificata e rinnovata la scienza precedente, sostanzialmente quella greca, nel suo passaggio dall'Impero bizantino (quanti sottolineano come la presenza di Bisanzio in Italia sia durata oltre mezzo millennio?) al mondo islamico e successivamente all'Occidente europeo. Questo fantastico viaggio culturale millenario ripercorre, dapprima, la graduale disintegrazione e trasformazione del mondo romano, le nuove forme di vita sociale ed economica, il trionfo del Cristianesimo, la crescita di un pensiero che, in opposizione al razionalismo ellenistico, portava a distaccarsi dalle cose terrene nell'aspettativa di un mondo spirituale, la diffusione di dottrine ermetiche, che rimasticavano al loro interno elementi di platonismo, pitagorismo e stoicismo, il tentativo di comprendere e spiegare la natura e l'universo attraverso l'intuizione e il misticismo.

Poi, con un fenomeno che per esigenze di periodizzazione storica si suole chiamare "la rinascita dell'anno Mille", inizia il viaggio attraverso i movimenti che hanno portato alla formazione dell'Europa moderna e dei modelli attuali di vita sociale e culturale dell'Occidente. Tutto questo avviene con la riscoperta del mondo antico, principalmente attraverso la mediazione islamica, e con l'elaborazione ed il rinnovamento delle idee di quel mondo. Tutto ciò, nel corso di pochi secoli, porterà al Rinascimento e alla rivoluzione scientifica. L'interpretazione e la grande sintesi del pensiero aristotelico in chiave cristiana, eseguite da Tommaso d'Aquino, favoriscono un atteggiamento razionale verso la comprensione della natura: "rivelazione e ragione procedono dalla stessa fonte e la rivelazione non si oppone alla ragione umana, la quale può, con diverso cammino, giungere alla verità". Inoltre, "questo nostro mondo è connesso in modo necessario ai movimenti del mondo superiore", da cui l'importanza dello studio e della conoscenza delle cose celesti, soprattutto attraverso la lettura che ne viene fatta dall'astrologia. Questa disciplina dalle antiche origini si parla della Mesopotamia e dell'inizio del primo millennio a.C. nata dalla commistione di forme di astrolatria, negromanzia e mantica, si riafferma in quest'epoca, grazie anche all'importanza che aveva assunto nel mondo islamico, e, attraverso la matematica, la geometria e la scienza naturale, cerca di spiegare in che modo i mutamenti del cielo causano quelli sulla Terra. La divisione tra coloro che vedono una naturale causalità nei giudizi degli astri e coloro, invece, che pretendono che una maggiore libertà individuale derivi proprio da una migliore conoscenza dei moti dei corpi celesti - "gli astri sollecitano, ma non costringono" - percorre larga parte della storia del pensiero astronomico occidentale. La stessa Divina Commedia ne è un significativo esempio. L'opera di Dante, che peraltro aveva studiato anche astronomia nel suo soggiorno bolognese, si rifà, per la sua concezione dell'Universo, ad Aristotele, attraverso il commento di Tommaso al De Coelo, a Li livrees dou tresor di Brunetto Latini, enciclopedia erudita di modesto livello del secolo precedente, e, soprattutto, alla traduzione di Gerardo di Cremona degli Elementi di Astronomia di al-Farghânî. Negli ultimi anni delle scuole superiori meriterebbe sicuramente molta attenzione, come esempio di collaborazione tra materie scientifiche ed umanistiche, una lettura della Divina Commedia in chiave astronomica, con tutta la astronomia e la astrologia, esplicite e simboliche, che vi si ritrovano, a specchio di una cultura diffusa nella quale la conoscenza del cielo era parte fondamentale.

Il lento declino dell'astrologia esplicitamente condannata da una bolla di Sisto V nel 1586 - venne poi favorito, sia dallo sviluppo degli studi medici, nei quali la previsione astrologica aveva svolto un ruolo fondamentale, sia dalla crescita delle idee neoplatoniche che concedevano vasta autonomia alle capacità intellettuali dell'uomo, centro dell'Universo. È da queste idee e dalla rielaborazione delle antiche cosmologie che viene attuata nel corso del Quattrocento, che fiorisce, all'interno del Rinascimento la cosiddetta "rivoluzione scientifica", della quale la pubblicazione, nel 1543, del De Revolutionibus Orbium Coelestium di Niccolò Copernico potrebbe essere considerato evento paradigmatico. Copernico venne quasi sicuramente stimolato ad una revisione critica di Tolomeo dai suoi studi bolognesi, avvenuti in un ambiente, appunto, neoplatonico, presso l'insegnante di Astronomia, Domenico Maria Novara, che lo aveva iniziato allo studio dell'astronomia e alle osservazioni astronomiche, osservazioni che da tempo mostravano come qualcosa nei vecchi sistemi non funzionasse a dovere. Il Sole venne posto al centro del Cosmo e la Terra fu condotta al rango di pianeta: dei tre postulati che avevano impedito lo sviluppo dell'astronomia, quello geocentrico fu esplicitamente rimosso, ma, nonostante così venisse implicitamente negata anche la dicotomia gerarchica dell'Universo, il principio del moto circolare, ne uscì rafforzato.

Da una parte, il moto della Terra intorno al Sole aveva aperto un nuovo campo di indagine per l'astronomia, grazie al quale Keplero scoprì le leggi che regolano i moti dei pianeti. Dall'altra parte, la cosmologia copernicana era fondamentalmente incompatibile con la fisica aristotelica. Copernico non aveva proposto una nuova fisica e questo creava una situazione nuova e dinamica: tutti coloro che volevano adottare la cosmologia copernicana erano costretti ad abbandonare la fisica aristotelica e a cercare di definirne una nuova, il che spiega anche le difficoltà incontrate dal nuovo sistema nel corso del Cinque e Seicento. Fu Galileo a comprendere la giusta direzione, avviando la costruzione di una nuova fisica, grazie alla quale il lavoro di Copernico veniva ad assumere un significato veramente rivoluzionario.

Soprattutto, nel cosmo copernicano vi è una relazione semplice e armonica tra l'ordine dei pianeti e i loro periodi di rivoluzione: quanto più un pianeta è lontano dal Sole tanto più lentamente percorre la sua orbita in cielo e fu proprio questa "armonia cosmica" che riuscì ad esprimere nella "terza legge dei moti planetari". Nonostante ciò, la discussione tra i due sistemi, quello geocentrico-geostatico e quello eliocentrico, rimase aperta per lungo tempo e non solo per motivi ideologici o religiosi, ma proprio per una impossibilità di dimostrare la superiorità di un sistema rispetto all’altro, che aveva funzionato per molti secoli consentendo previsioni e poggiandosi su di una fisica che non si riusciva ancora a modificare. Lo stesso Tycho Brahe, il primo astronomo a perfezionare gli strumenti degli antichi e a migliorare di gran lunga la precisione delle osservazioni, preferì optare per un sistema intermedio e, da un punto di vista puramente cinematico, più pratico, che fu poi seguito anche per larga parte del Seicento, con le modifiche introdotte dal gesuita Giovan Battista Riccioli. La Terra veniva considerata immobile al centro dell'Universo con il Sole che le ruotava intorno, mentre Mercurio e Venere ruotavano intorno al Sole. Le orbite di Marte, Giove e Saturno comprendevano, infine, tutti gli altri pianeti, Terra compresa. Venivano un po' rimescolate le gerarchie, ma l'immobilità della Terra e la uniformità della circolarità dei moti erano ancora salve.



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