Leggere il Cielo

Brevi cenni di storia della
astronomia

Fabrizio Bònoli

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Dai primordi dell'astrofisica all'attualità

"Avendo oscurata la mia stanza e praticato un piccolo foro negli scuri della finestra, per lasciar filtrare una quantità conveniente di luce solare, posi il mio prisma in modo da poter vedere rifratta la luce sull’opposta parete. Fu all'inizio un vero piacere il vedere i colori intensi e vividi prodotti da quello." Così come aveva contribuito alla nascita della meccanica celeste, Newton si può considerare, con i suoi esperimenti sulla natura della luce, anche l'iniziatore della "fisica stellare", pur se questa disciplina dovrà attendere almeno un secolo per svilupparsi. Fino all'inizio dell'Ottocento, infatti, l'astronomia si era dedicata quasi interamente alla descrizione dei moti dei corpi celesti e all'indagine sulle cause di questi moti, mentre riguardo alla composizione chimica delle stelle e alle loro condizioni fisiche era costretta ad accontentarsi di semplici supposizioni, essendo ben salda l’idea che sarebbe stato impossibile conoscerle, essendo impossibile "andare fin lì e osservarle da vicino".

Numerosi scienziati, tuttavia, come Ångström, Foucault e Stokes si accorsero che una coppia di righe osservate, sin dal 1817, da Fraunhofer nello spettro del Sole - una delle prime applicazioni dello spettrografo - coincidevano in lunghezza d'onda con un'identica coppia di righe osservate in laboratorio nello spettro del sodio. Il piccolo passo che separava dal comprendere che il Sole contiene realmente del sodio fu compiuto immediatamente. Fu poi Kirchhoff a fondare le basi dell'analisi chimica dei corpi mediante la spettroscopia: dopo aver misurato le lunghezze d'onda di migliaia di righe nello spettro solare, egli si accorse che una gran quantità di quelle erano dovute a elementi come l'idrogeno, il sodio, il magnesio e il calcio. Verso la metà dell'Ottocento crebbe l'interesse verso le strutture del Sole, in particolare verso la sua atmosfera esterna, la cromosfera e la corona, visibili solo durante le eclissi totali, e nel 1868 furono ottenuti da Janssen i primi spettri della cromosfera durante un'eclissi. Un nuovo elemento venne prima osservato nello spettro solare, da cui il nome "elio", e solo dopo sulla Terra. Alla fine del secolo, mediante le leggi che descrivono l'emissione della radiazione, espresse da Kirchhoff, Boltzmann e Wien, si ottenne una stima ragionevole della temperatura della superficie solare, circa 6000 gradi kelvin. Dopo numerose ipotesi, anche stravaganti, si riuscì molto lentamente a comprendere l'origine dell'energia emessa dal Sole e la sua relazione con gli altri corpi del Sistema solare, compresi i primi tentativi di dare una spiegazione all'origine della vita e alla sua possibilità di esistenza anche in altri degli "infiniti mondi" preconizzati da Giordano Bruno, tema ancora oggi di grande attualità e oggetto di numerose ricerche. L'applicazione degli studi spettroscopici all'astronomia non fu limitata solo allo studio del Sole, ma anche alle stelle più brillanti, riconoscendovi la presenza di elementi simili a quelli che venivano trovati sul Sole e sulla Terra, e dando origine, così, ai fondamenti della classificazione stellare, strumento che si rivelerà indispensabile per gli studi sull'evoluzione degli oggetti celesti. Fu, così, l'astronomia a dare un sostanziale contributo alla fisica e alla chimica ed i legami tra questi discipline divennero allora sempre più stretti: si può quindi a ragione cominciare a parlare di "astronomia fisica" o "astrofisica".

Anche in questo caso, gli sviluppi dell'astronomia possono contribuire ad uno studio di alcuni capitoli della fisica e della chimica secondo un percorso scolastico originale. L'analisi del cammino storico che aveva favorito quegli sviluppi, mostrando agli studenti le difficoltà che quei ricercatori dovettero risolvere e le domande che le nuove conoscenze presentavano costantemente, può sicuramente consentire una migliore comprensione delle leggi della fisica e della chimica scaturite dalle strettissime relazioni tra queste discipline e l'indagine astronomica.

Come l'aumentata precisione degli strumenti e delle tecniche d'osservazione aveva consentito di iniziare a costruire i primi scalini di quella scala delle distanze che porterà gli astronomi all'osservazione dei più lontani oggetti dell'Universo e all'intuizione, quindi, delle sue dimensioni, così la nuova tecnica spettroscopica consentirà di studiare la struttura fisica e la composizione chimica dei corpi celesti fino alla comprensione della loro natura, della loro evoluzione e dell'evoluzione dell'Universo tutto. Un ruolo importante nei primi passi di questa nuova disciplina venne svolto da astronomi italiani: in particolare Giovan Battista Donati, Lorenzo Respighi, Angelo Secchi, Pietro Tacchini. I loro studi e la Società degli Spettroscopisti Italiani - fondata nel 1871 dagli ultimi due (poi divenuta Società Astronomica Italiana) e le cui Memorie costituiscono la prima rivista al mondo interamente dedicata agli studi astronomici spettroscopici e, quindi, astrofisici - contribuirono a portare l'astronomia italiana ai vertici della ricerca internazionale.

La certezza di poter disporre di tecniche osservative e di ipotesi fisiche per poter finalmente indagare i confini più lontani dell'Universo e comprenderne l'origine e l'evoluzione favorirono, all'inizio del Novecento, un enorme sviluppo dell'astronomia, anche nei confronti dell'immagine che essa finiva per avere agli occhi dei non specialisti. La costruzione dei grandi telescopi riflettori, lo sviluppo della fotografia e delle nuove tecniche elettroniche, la nascita della radioastronomia e le prime osservazioni al di fuori dalla nostra atmosfera consentiranno agli astronomi di proseguire in quell'opera, iniziata dagli antichi filosofi naturali greci, di "salvare i fatti", inquadrando le nuove osservazioni nelle nuove teorie fisiche - da Planck ad Einstein e alle altre successive - e da queste traendo nuovi stimoli per sempre migliori strumenti che consentissero sempre più accurate osservazioni.

L'osservazione degli spettri delle "nebulose" e la loro corretta interpretazione al termine di quello che è passato alla storia come "il grande dibattito" avvenuto agli inizi del Novecento, dimostrò una estensione dell'Universo osservato al di là di ogni limite anche solo immaginabile pochi decenni prima. La scoperta della presenza di uno spostamento verso il rosso nelle righe spettrali delle galassie consentì di misurarne la velocità di allontanamento da noi: proprio come l'abbassamento di tono del fischio di un treno rivela che questo si sta allontanando, così, per lo stesso effetto Doppler, lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali dimostra che un oggetto celeste si sta allontanando da noi. L'Universo non era più un oggetto immobile, eterno ed immutabile, bensì qualcosa di tremendamente dinamico, e la Terra, che a fatica Aristotele e Tolomeo e la Congregazione dell'Indice avevano cercato di mantenere immobile al centro del Creato e che con altrettanta fatica Copernico, Galileo, Keplero, Newton e tanti altri avevano cercato di rimuovere dal centro del Sistema solare, ora veniva sempre più spostata ai margini di una galassia, la nostra Via Lattea, non particolarmente significativa, né come composizione né come posizione, rispetto alle altre galassie che si vedevano costituire l'Universo osservato. La stessa differenza tra i concetti di "universo osservato", "universo osservabile" e "universo non osservabile", oltre alla possibilità teorica di "altri universi" e alla comprensione che l'osservazione dell'universo lontano ci spostava non solo nello spazio, ma anche nel tempo, introduceva e non solo tra gli specialisti una differente concezione dell’uomo e del suo posto nella natura. Benché osservativamente, e anche razionalmente, oramai da un paio di secoli si rifuggisse sempre più dall'antropocentrismo, tuttavia, queste idee non sono mai state rimosse del tutto dalla mente umana, che, evidentemente, si rifiuta di pensarsi "insignificante" in un pianeta "insignificante", intorno ad una stella "insignificante", in una galassia "insignificante" e forse anche in un universo "insignificante"! Sono così rinate, negli ultimi tempi, idee cosmologiche, basate su ipotesi fisiche e non più su sillogismi aristotelici, che, in qualche modo tenderebbero a riportare l'Uomo al centro del Cosmo, in una visione più o meno finalista della sua creazione. Ma questo fa parte oramai della cosmologia moderna e come tale verrà trattato in altre parti di questo corso. Qui sia consentito solo l'accenno a come anche solo un rapido percorso storico delle idee cosmologiche può consentire di far risaltare nel pensiero umano, al di là delle certezze delle scoperte scientifiche, una terribile insicurezza riguardo al proprio ruolo nell'universo ed una insoddisfazione perenne a tutti i tentativi di dare delle risposte alle antiche domande: "chi siamo?", "dove siamo?" e, soprattutto, "perché ci siamo?".



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