Leggere il Cielo

Brevi cenni di storia della
astronomia

Fabrizio Bònoli

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...e domani?

Nonostante gli enormi sviluppi della conoscenza, non solo astronomica, che, molto rapidamente e sinteticamente, abbiamo percorso in queste pagine, si deve, tuttavia, riconoscere come, proprio sul terminare di questo millennio, la scienza abbia perso la sua battaglia nei confronti dell'immagine che ha di essa il grande pubblico. Alla fine dell'Ottocento, come si è visto, la gente si rivolgeva alla scienza con atteggiamento fiducioso, nella speranza che solo dalla scienza potesse venire un mondo nuovo e migliore, nel quale l'umanità venisse sottratta alla miseria, alle sopraffazioni, alla guerra: proporre la storia della scienza ed i suoi successi al pubblico e divulgarne i contenuti era, di conseguenza, un'impresa educativa e morale. Un atteggiamento che derivava già dalle idee illuministe del secolo precedente. D'Alembert aveva espresso proprio questi concetti sin dal Discours préliminaire a l'Encyclopédie, sostenendo come la storia della scienza e della tecnica serva egregiamente ad "illustrare la marcia dello spirito umano dalle tenebre originarie della credulità e della superstizione fino al regno radioso della ragione".

Le due grandi guerre della prima metà di questo secolo, le numerose altre, piccole, ma non meno distruttive, che si sono susseguite e che si svolgono tuttora, l'incubo della "bomba", i problemi dell'inquinamento nelle nazioni in fase di sviluppo, la fame nei paesi sottosviluppati e tante altre miserie e sopraffazioni ancora in atto hanno finito per far dimenticare come tutto questo sarebbe stato senz'altro peggiore senza le enormi conquiste scientifiche e senza lo sviluppo tecnologico che ne è derivato. Anzi, sembra quasi che la colpa principale di tutto questo sia da attribuirsi proprio alla tecnologia e alla sua madre, la scienza. Non si vuole certo sostenere la completa innocenza della scienza e degli scienziati, ma nell'immaginario collettivo oramai, dopo la perdita della fiducia ottocentesca, è come stata espressa una condanna di piena colpevolezza.

Le difficoltà, inoltre, insite nella comprensione di larga parte della tecnologia che ci circonda, ce la fanno apparire come ammantata di mistero: è tanto misteriosa l'accensione della luce quando si torna a casa quanto vedere in televisione la trasmissione in diretta di un avvenimento lontano. Tutto questo, unito alla grande quantità di problemi di tutti i tipi non ancora risolti, ha fatto perdere completamente la fiducia in un mondo "nuovo e migliore", "regno radioso della ragione". Ecco allora come, di fronte al mondo incognito e imprevisto che ci attende, l'uomo si rivolge ai miti, proprio come era successo millenni or sono, all'alba della civiltà. Miti che non sono più quello dell'eroe in grado di combattere il drago o del santo che rifugge dalle mille tentazioni del demonio e che, per le loro gesta umane, assurgevano nel cielo delle costellazioni o in quello dell'Empireo, ma miti, invece, che pretendono di far arrivare dall'esterno all'uomo stesso un futuro migliore e la salvezza dalle miserie di tutti i giorni: dagli extraterresti, dal paranormale, da nuove forme e nuovi modi di credenze religiose, da nuovi riti, dalla new age. E in tutto questo non c'è più posto per la scienza e neanche per la conoscenza in senso generale. Insieme al rifiorire, quindi, di forme di integralismo e di fondamentalismo, che forniscono maggiore sicurezza per l'ansia ed il panico che ci assalgono, c'è il rischio di creare nuovamente dei gruppi chiusi, delle "caste", dove si possono radunare i pochi adepti ancora in grado di parlare criticamente di scienza e di portare avanti, nel chiuso dei loro "misteriosi" centri di ricerca, gli sviluppi della tecnologia. Nel frattempo il resto della gente "comune" dimentica la tavola pitagorica. Viene in mente un vecchio racconto di fantascienza, nel quale veniva visto con molto sospetto un personaggio che era in grado di risolvere somme, sottrazioni e persino moltiplicazioni e divisioni, con il solo uso di carta e matita.

Sono questi i motivi per i quali sostenevamo essersi persa, oggi, la battaglia per la diffusione della scienza. Rimane la speranza che non si sia persa la guerra e tale speranza non può che fondarsi su quelle sedi, quelle istituzioni e quelle persone che sono preposte, per compito e vocazione, all'illustrazione della conoscenza: la scuola e gli insegnanti. È lì che può essere ancora vinta questa guerra, senza tentare di creare il mito della scienza in grado di risolvere tutti i problemi, ma cercando di produrre cultura e, soprattutto, fornire strumenti critici nei confronti di quella stessa cultura. Importante quanto la conoscenza della scienza è la conoscenza del metodo critico che ha portato al progresso scientifico. La storia dell'umanità, di cui la scienza non è che una parte e l'astronomia una più piccola ancora, ha insegnato che è solo così che si può procedere verso un mondo "nuovo" e se questo mondo sarà anche migliore dipenderà quindi solo dal nostro impegno di oggi.



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