Leggere il Cielo

Gli indicatori di distanza

Gisella Clementini

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Introduzione
Spazio e tempo in astronomia
Cenni storici: le prime misure in astronomia
Le unità di misura: il chilometro non basta più
Alcuni concetti di base: la magnitudine apparente ed assoluta , il modulo di distanza
Le distanze all' interno della nostra Galassia
Oltre i confini della Galassia: gli indicatori di distanza
Gli indicatori primari: da 500 a 3·107pc
Gli indicatori secondari e terziari: da 2·105 a 109 pc ed oltre
Le incertezze della scala delle distanze astronomiche

Spazio e tempo in astronomia

L'orizzonte intellettuale della razza umana in ogni epoca è stato inestricabilmente legato alla sua percezione delle dimensioni dell'Universo. Quando guardiamo alla storia delle idee sulle dimensioni dell'Universo, troviamo che il concetto moderno di un Universo infinito attraverso cui si muovono innumerevoli stelle e pianeti non è per nulla moderno, ma era già fermamente posseduto dagli atomisti greci, ed è presente in alcune delle più antiche scuole cosmologiche cinesi. La percezione dei concetti di "spazio" e "tempo" del mondo occidentale è ampiamente mutuata dal modo di pensare dei Greci. La geometria euclidea è talmente radicata nel nostro modo di pensare che diviene difficilissimo anche semplicemente afferrare il concetto della curvatura spazio tempo. Per quanto riguarda le idee che i Greci avevano invece sulla natura del tempo troviamo delle controversie che persistono ancora nel secolo presente. Per Democrito il tempo è "mera apparenza", un "incidente degli incidenti" per Epicuro, è la "non coscienza di sé" per Lucrezio. Il problema se il tempo esistesse prima del mondo causò non pochi grattacapi ai teologi medioevali e solo Sant'Agostino risolse brillantemente la questione con l'affermazione che il mondo non fu creato "nel" tempo, ma "con" il tempo: "l'Universo ed il tempo ebbero un inizio comune e uno non anticipò l'altro".

Tuttora non vi è risposta più convincente alla domanda "Cosa c'era prima del big-bang?". Un elemento fondamentale nel binomio "quanto lontano - quanto tempo occorre per andarci" è la velocità con cui ci muoviamo per percorrere le distanze. In base alle nostre attuali conoscenze fisiche il modo più veloce che abbiamo per muoverci nell'esplorazione dell'immenso cosmo che ci circonda è quello di viaggiare alla velocità della luce, ma la velocità della luce c non è illimitata (c = 299792458.6 ± 0.3m/s), non sono quindi possibili spostamenti e/o trasmissioni di informazioni istantanee. La "limitatezza" della velocità di spostamento possibile fa sì che anche viaggiando alla velocità della luce occorra un tempo finito per percorrere lo spazio intorno a noi e che, viceversa, anche la luce inviata verso di noi dai corpi celesti ci arrivi con un certo ritardo dovuto al fatto che essa impiega un tempo finito per raggiungerci. Ad esempio, la luce della stella a noi più vicina, il Sole, impiega circa 8 minuti per raggiungerci ogni mattina. Un'altra conseguenza è che potremmo veder brillare ancora in cielo oggetti in realtà ormai spenti da tempo, ma così lontani da noi che il messaggio della loro morte non ci ha ancora raggiunto. In Astronomia andare a distanze via via più grandi equivale a guardare l'Universo ad età via via sempre più giovani, perché possiamo vedere gli oggetti lontani solo "come sono" nel loro stato di miliardi di anni fa, quando la luce che ci stanno inviando iniziò il suo viaggio verso di noi.



Cenni storici: le prime misure in astronomia